Giancarlo Narciso, tra gli scrittori italiani di noir, occupa una posizione
particolare. È molto vicino, per interessi e frequentazioni letterarie,
agli autori del genere neoavventuroso, ai Cappi, agli Altieri, ai Di Marino
che raccontano, su un modello che per noi si esprime soprattutto nei nomi
di Eric Ambler e Ian Fleming, ma non esclude ascendenze più dotte e più
varie (Conrad, Maugham, persino il nostro Salgari…), delle affascinanti
storie di azione ambientate in terre esotiche. In effetti, sotto
il nome di Jack Morisco, anche lui ha pubblicato un certo numero di romanzi
di quel genere su Segretissimo, l’unica collana che dà spazio a questo
tipo di produzione, pur imponendo ai suoi autori dei trasparenti pseudonimi
anglosassoni. Tuttavia, le avventure che Narciso firma con
il proprio nome, come questo Incontro a Daunanda, sono un tantino più complicate.
L’ambientazione è sempre esotica, naturalmente, ma su uno sfondo
tropicale trattato con più realismo di quello cui siamo avvezzi, si muovono
dei personaggi tratti da una realtà che ci è tutt’altro che estranea.
Non per niente il suo primo romanzo in ordine di stesura, Le zanzare
di Zanzibar (uscito nel ’95) affrontava, in faticosa simultaneità editoriale
con il Puerto Escondido di Pino Cacucci, il tema degli ex sessatottini
espatriati, mettendo in scena, tra il DiEfe, il Porto, Oaxaca, Atitlan,
Guatemala e altri posti del genere, una sorta di noir neoromantico,
segnato piuttosto vistosamente dalla consapevolezza della crisi delle ideologie.
Poi il suo personaggio si è trasferito dal Messico a Singapore,
dove ha vissuto una storia che, mutatis mutandis, sarebbe piaciuta a Raymond
Chandler (Singapore sling, 1998) ed è infine approdato a Lombok, in Indonesia,
un’isola che sembra la quintessenza del paradiso tropicale, ma in cui,
visto che anche lì è arrivata la globalizzazione, si trova a dover affrontare
una complicata storia di “doppi”: rivoluzionari un po’ incerti nelle
proprie motivazioni, avventurieri di bassa lega, belle ragazze dal comportamento
abbastanza ambiguo e altre figure apparentemente familiari ai frequentatori
di spiagge esotiche, che però, misteriosamente, incontrano (o evocano)
il contrario di sé, ponendo al protagonista il problema di compiere, proprio
sullo sfondo di uno di quei paesaggi in cui di solito ci si inserisce per
sottrarsi ad alternative del genere, una definitiva scelta di campo. E
visto che l’elemento avventuroso è più organicamente sviluppato del solito,
è come se anche Narciso avesse incontrato il suo doppio, il Jack Morisco
di cui sopra, sintetizzando le maniere di entrambi in un prodotto letterario
di grande maturità. E visto che la Daunanda del titolo è, evidentemente,
un luogo dello spirito e non una destinazione turistica, è ovvio che la
saga non è ancora finita. Narciso non è uno di quegli autori di storie
esotiche che ricava i suoi sfondi esclusivamente dalle guide della Lonely
Planet: viaggia molto e passa parecchio tempo all’estero, per cui la sua
produzione ha dei ritmi fatalmente più rilassati di quella dei suoi colleghi
di genere. Ma, a costo di dover aspettare un anno o due, vale la
pena di tenerlo d’occhio.
29.05.’06
Giancarlo Narciso, Incontro a Daunananda, Dario Flaccovio Editore, pp. 367, € 14,50