Il violino di Hitler | Igal Shamir

Gialloliva | Trasmessa il: 03/07/2011


    La spy story postnazista è un sottogenere con delle regole abbastanza precise. Ha a che fare, solitamente, con la ricerca di qualche pezzo grosso del III Reich imboscatosi chissà dove a guerra finita e/o di un misterioso segreto – politico, militare o talvolta esoterico – di cui costui è in qualche modo il custode. Tra i protagonisti è d'obbligo la presenza, oltre che degli agenti del Servizio Segreto israeliano, di qualche politico europeo di lato livelli e almeno di un alto papavero della chiesa cattolica. Infine, nonostante l'ovvio coinvolgimento del governo di Gerusalemme, vi si preferisce evitare con cura qualsiasi accenno alla questione palestinese. Con gli anni, naturalmente, man mano che si fa sempre più difficile, per ovvi motivi, mettere le mani su qualche nazista importante ancora in vita,lo schema ha dovuto subire qualche adattamento, ma funziona ancora e, ogni tanto, ci dà qualche prodotto degno di menzione.
    Così, questo romanzo di Igal Shamir – un autore di lingua francese di cui il risvolto dice soltanto, con qualche ambiguità, che è nato in Palestina e vive a Parigi, dove fa il violinista – riesce a infondere nuova vita a quel venerato modello. Merito, soprattutto, di un antefatto particolarmente intrigante: la storia di un concerto tenuto nel 1940 in onore di Hitler, in terra francese occupata, in seguito al quale il Führer ebbe un tale attacco di furia da distruggere il violino con le sue mani e far fucilare il musicista seduta stante. Oltre mezzo secolo dopo, a interrogarsi sul perché di questo comportamento, anomalo anche per gli standard del dittatore, è un altro violinista, un concertista famoso di origini israeliane, che ha alle spalle un passato di cacciatore di nazisti nel Mossad e per questo è stato interessato alla faccenda da un cardinale, che, da bambino, aveva assistito di nascosto all'intero episodio ed è ancora tormentato dal suo ricordo. E così la caccia comincia, tra la Francia, la Svizzera, la Germania, l'Italia e il Vaticano: una caccia difficile e pericolosa, perché si capisce subito che il segreto è ben custodito e c'è chi veglia per difenderlo a qualsiasi costo. Il che è strano, perché, a quanto sembra, i documenti che, dopo il suo scoppio d'ira, Hitler aveva fatto bruciare, si riferivano soltanto alla vita e all'opera di Salomone Rossi, un oscuro musicista italiano del XVII secolo, amico e collaboratore di Monteverdi, e sembrano dunque aver più a che fare con la musicologia che con la storia politica del '900. Ė vero che Rossi, come appare chiaro subito dal suo nome, era ebreo, ma che importanza può avere per le sorti del nazismo l'attività di un compositore ebreo di quattro secoli fa?
    La risposta, va detto subito, sarà, per qualche verso, un po' deludente. Ma l'intrigo è ben strutturato, i personaggi sono credibili e l'azione ha parecchi momenti di autentica suspense. Il romanzo, così, piacerà agli appassionati del giallo d'azione colto, a cultori di enigmi ben scritti e storicamente raffinati. Certo, chi non ha la minima nozione su Monteverdi e sulla sua musica incontrerà qualche difficoltà in più nel seguire la trama, ma noi giallisti – ormai – siamo tutti coltissimi e la lettura non dovrebbe presentare difficoltà per nessuno. In caso d'emergenza, potete sempre fare un ripassino su Wikypedia. E buona lettura.
07.03.'11
Igal Shamir, Il violino di Hitler (Le violon d'Hitler, 2008), editing di Mattia Mangano, "Amatea" – Fausto Lupetti Editore, pp. 240, € 16,00