Tutto cambia e anche il papa non è più
quello di una volta. Non so ve ne siate accorti anche voi, ma da
qualche tempo l’atteggiamento dei media nei suoi confronti è sottilmente,
ma percettibilmente, cambiato. Nei soliti commenti esaltatori, nelle
tradizionali cronache grondanti trionfalismo, si è insinuata, a poco a
poco, una nota di compassione, velata – magari – da un filo di condiscendenza.
Il papa, il “vecchio papa”, come sempre più spesso lo si definisce,
comincia a far pena. D’altronde vi confesso che un po’ di pena
la fa anche a me, che non avrei mai pensato di poter nutrire un sentimento
del genere per uno come lui. Ma che ci volete fare: quel vecchio
sacerdote polacco è così ostensibilmente malconcio, così pubblicamente
sofferente, mentre si aggrappa tremante alla croce per chiedere perdono
dei peccati della sua chiesa leggendo un testo che occhiuti ecclesiastici
in ottima salute hanno provveduto cinicamente a sterilizzare, perché è
vero che lui è infallibile, ma i papi passano e la curia resta, o mentre
si trascina a fatica nella terra dov’è vissuto il suo Signore, a costo
di stringere la mano a una serqua di monarchi ambiziosi e di astuti politici
levantini, tutta gente cui non potrebbe importare di meno di giubilei e
di pellegrinaggi, ma che cerca di trarre dalla sua visita ciascuno il guadagno
che può, a costo di costringerlo a visitare l’uno dopo l’altro due distinti
luoghi del battesimo di Gesù, uno in Giordania e l’altro nella West Bank,
che va bene che è un’ubicazione tradizionale e ha un valore soprattutto
simbolico, ma allora non si capisce perché andarci in pellegrinaggio, che
mentre si vede tutto questo un po’ di compassione è praticamente obbligatoria.
Quel “povero vecchio!”, l’esclamazione che sfuggì, oltre un secolo
fa, alla penna del pur anticlericalissimo Carducci a proposito di Pio IX,
si forma quasi automaticamente sulle nostre labbra o sui tasti dei nostri
computer, prodotti di un’epoca che l’anticlericalismo non sa più neanche
cosa sia. È vero che non si può ignorare che quel vecchio dolente
è stato, ed è tuttora, uno dei potenti del mondo, e che della sua potenza
ha usato e usa in modi e a fini che non siamo tenuti a condividere, ma
questo non inibisce la compassione. La vecchiaia è il momento in
cui ci si rende conto di come tutta la potenza terrena serva davvero a
ben poco e non credo che nessuna dimestichezza professionale con l’aldilà
possa confortare un gran che chiunque giunga a questa consapevolezza.
Da
questo pietismo un po’ imbarazzante, perché si rivolge, comunque, a un
personaggio il cui operare consideri altamente nocivo, ti salva, provvidenzialmente,
una lettera della tua banca. La trovi nella casella della posta,
la apri un po’ ansioso, perché è raro che le comunicazioni bancarie portino
notizie positive, quali quella dell’accreditamento di grosse sommo sul
tuo conto, ed è più facile che annuncino spese impreviste, imposizioni,
balzelli e vessazione varie e ci trovi una lettera che t’informa che la
banca in questione e il Gruppo Taldeitali “hanno siglato un accordo per
riservarti la possibilità di acquistare una creazione di alta qualità e
prestigio quale la Stilografica dedicata al giubileo.” Si tratta,
apprendi, di “una penna stilografica di indubbio valore, realizzata in
soli 2000 esemplari numerati da un marchio internazionale prestigioso che
ne ha curato ogni particolare per renderla adatta a celebrare l’evento
più importante di fine secolo, anzi di fine millennio”. A te, caro
cliente, vengono riservate particolari condizioni di acquisto e possibilità
di pagamenti anche rateali; non solo, nel caso acconsentissi all’offerta,
riceverai gratuitamente “l’intera raccolta del ‘Giornale del Pellegrino’,
unica testimonianza ufficiale dell’anno 2000 e del Giubileo”. Per
avere senza alcun impegno maggiori e più dettagliate informazioni basta
spedire la cartolina allegata.
Cosa
c’entri con il giubileo una penna stilografica non è chiarissimo. Nella
busta c’è anche un pieghevole a colori che ti ricorda in prima pagina
come “Nel 1300 una penna firmava il primo giubileo della storia” e che
oggi “un nuovo magnifico strumento di scrittura firma il Grande Giubileo
del 2000”, ma il collegamento, lo riconoscerete, è un po’ debole e, anzi,
suona vagamente truffaldino. Ed è improbabile, comunque, che Bonifacio
VIII buon’anima si sia servito, per sottoscrivere quello storico atto,
di un oggetto simile a quello che ti viene proposto e dettagliatamente
descritto: una penna in argento con finiture d’oro, rubino cabochon sulla
sommità del cappuccio, pennino in oro a 18 carati, portapenne rifinito
in pregiata pelle di coccodrillo e ampolla per l’inchiostro in cristallo
con la chiusura in argento, il tutto per una cifra che per delicatezza
non viene specificata, ma che ti sarà comunicata senz’altro se sarai tanto
stolto da inviare l’apposita cartolina (dopo di che, immagino, sottrarti
alle sollecitazioni che ti verranno rivolte saranno davvero cavoli tuoi).
Mentre
ti appresti a lacerare busta, lettera e pieghevole per avviarli al cestino
della carta straccia, rifletti sul fatto che il cinismo e la grossolanità
di certi imbonitori non hanno veramente limiti. Nulla osta, ormai,
visto che Bonifacio VIII, all’atto di firmare la bolla del 1300, indossava
probabilmente un paio di braghe e calzava qualcosa ai piedi, che ti arrivi
un giorno o l’altro la proposta di acquistare il set di mutande del giubileo,
in finissimo lino impunturate a mano, o la pubblicità di un paio di raffinatissimi
mocassini pontificali. Poi, l’occhio ti cade su una chiosa in calce
all’opuscolo: l’iniziativa, riservata ai clienti della tal banca, è stata
autorizzata, nientemeno, dal “Comitato centrale del Grande Giubileo dell’anno
2000”, organo di cui fino a quel momento ignoravi l’esistenza, ma non
ti dice nulla di buono, ed è, udite udite, licensed by the Vatican, “su
licenza del Vaticano”, n. 3606, three six o six. Chissà a quali
articoli, ti chiedi oziosamente, si riferivano le prime 3605 licenze, per
non dire di quelle successive. Ma è, appunto, una curiosità oziosa.
Nella serena fiducia che il Tempio resta saldamente presidiato dai
mercanti, riduci il tutto a minuti frammenti.
E
il papa che c’entra? Nulla, naturalmente, lui non c’entra nulla.
Il vecchio pastore non si occupa di certi commerci, si occupa solo
e soltanto di anime. Sospettare il contrario sarebbe semplicemente
offensivo.
Ma
è anche vero che l’anima del commercio è la pubblicità.
26.03.’00