Il trionfo dei figli dei fiori

La caccia | Trasmessa il: 02/13/2011


    “Non condivido lo stile di vita di Berlusconi” scrive una lettrice all' “Espresso”, che ne pubblica la lettera nel numero del 10 febbraio ultimo scorso (in edicola, in realtà, già qualche giorno prima), “ma trovo ipocrita che a stracciarsi le vesti siano coloro che dal Sessantotto in poi si sono battuti per la rivoluzione permissiva, lotta ai tabù, libertà sessuale anche per i minori, pornocrazia, prostituzione come professione, ecc. Non si può pretendere un premier virtuoso e volere una società libera di fare ciò che vuole. Dopo decenni d'istigazione di massa alla vita libera dalla morale, l'immoralità è andata al potere e molti non si scandalizzano più.”
    La responsabile della rubrica, che pubblica la lettera sotto il titolo di “Silvio figlio dei fiori”, giustamente, trasecola. “Berlusconi come figlio del sessantotto” risponde “è davvero un'idea originale. Finora nessuno si era spinto a tanto.” E siccome non le sembra che la lettrice parli per esperienza personale di quella stagione, ma metta “a frutto idee malamente ricevute”, si affanna a spiegare che “il Sessantotto fu una grande rivolta generazionale contro una società culturalmente chiusa”, portata avanti in nome della libertà, non senza errori, certo, ma senza che nessuno di essi somigli al “triste elenco” della lettrice. Anzi, l'immoralità che costei vede nei palazzi del potere “viene proprio dalla sconfitta della parte migliore del Sessantotto”. Risposta ineccepibile, dunque, anche se un'analisi seria delle dinamiche e dei significati di quella fase della nostra storia resta, in sostanza, ancora da fare.
    Tutta fatica sprecata, comunque. Tempo una decina di giorni, quell'argomento è dilagato nella pubblicistica nazionale come l'incendio in una pianura riarsa. Come, si sono indignati berlusconiane e berlusconiani di ferro, la sinistra, proprio la sinistra, si permette di accusare il loro leader di peccare contro la castità? Ma non erano stati loro a inventare la libertà sessuale? Non è questo un indizio patente di doppia morale e, dunque, di malafede? La domanda è rimbalzata dalle interviste ai talk show, assumendo accenti predicatori nelle omelie di Giuliano Ferrara contro i “moralisti ipocriti” dell'opposizione e attingendo vertici surreali con le dichiarazioni di Cicchitto, per cui se il premier afferma che le seratine di Arcore consistevano in “normali dopocena con divertimenti musicali” lui ci crede e comunque non si lascia convincere da “questi bacchettoni di ritorno che prima … scoprono la dimensione ludica della vita e ora si impancano a censori”. Le due affermazioni sono in contraddizione, o comunque non pertinenti l'una con l'altra, perché le contraddizioni altrui non giustificano mai le tue malefatte, ma corrono tempi duri e chi deve difendere il premier non può certo badare a spese.
    Tutto questo, lo ammetterete, è francamente curioso. Il Sessantotto, come sa chi lo ha vissuto (magari un po' dall'esterno, come è capitato a me, se non altro per ragioni anagrafiche) è stato quello che è stato, ma è poco ma sicuro che la classe dirigente attuale, a destra come a sinistra, e non solo i transfughi dall'una all'altra come Ferrara e Cicchitto, è cresciuta e si è caratterizzata soprattutto in opposizione ai suoi portati. L'attuale governo, per dirne una, si vanta di aver varato una riforma universitaria in grado di eradicare dagli atenei qualsiasi residuo sessantottino; i leader sindacali e politici dell'opposizione si sono temprati – fin dalle prime esperienze giovanili – nello sforzo di riportare in fabbrica e nel mondo del lavoro ordine, disciplina e produttività. L'opposizione politica radicale è stata spinta quasi di forza nelle braccia del partito armato e sbrigativamente liquidata con l'assimilazione a un “terrorismo”, combattuto a sua volta a forza di leggi speciali e procedure di emergenza, senza davvero grandi preoccupazioni per i diritti civili. Certo, i costumi sessuali non sono più quelli degli anni '50, ma si tratta di un fenomeno comune a tutta la civiltà occidentale e d'altronde la cosiddetta “libertà sessuale”, che è poi il dato a cui di solito si riferiscono tutti parlando di eredità del Sessantotto, è intesa nel nostro paese soprattutto in quella forma alienata e mercificata che vede le sue manifestazioni più caratteristiche appunto nei festini di Arcore. Perché, insomma, quel tipo di libertà presuppone l'eguaglianza tra i partner e non mi sembra si possa parlare di una grande eguaglianza quando i rapporti sono fondati sulla prostituzione, o, più in generale, sul mercimonio elevato a sistema di vita e sul prezzo in denaro inteso come scala di tutti i valori. Non c'è niente di libero, e neanche di libertino (che è termine più serio di quanto si creda), nel comportamento di un anziano signore cui appositi collaboratori forniscono giovinette a pagamento, e anche se lo facessero davvero col solo scopo di permettergli di ascoltare insieme le canzoni di Apicella o di guardare un cartone animato sarebbe lo stesso una cosa assai triste. E se il Sessantotto è stata una stagione di lotte condotte in nome della libertà, converrete anche voi che non c'è molto di sessantottesco in questa società ingessata, precaria, volgare e globalmente televisiva, ligia al dominio del soldo e patologicamente allergica all'idea stessa di ribellione.
    Se le cose stanno così, il fatto che i Ferrara e i Cicchitto si permettano di riesumare quei vecchi fantasmi per giustificare i comportamenti del suddetto anziano signore e per dare dell'ipocrita bacchettone a chi gli si oppone non può far altro che aumentare la nostra tristezza. In questo trionfo postumo dei figli dei fiori, nel riconoscimento interessato delle loro utopie, io non riesco a vedere altro che l'ennesima presa per il culo. Sì, si può sempre provare a riderne per non piangerne, ma a ridere su certe cose non sempre si riesce.
13.02.'11