Puntuale come ogni anno, arriva in libreria
la riproposta Adelphi di uno dei classici dimenticati di Eric Ambler. E
l'evento merita di essere adeguatamente solennizzato, non foss'altro perché
Il levantino, uscito in Italia nel 1973, e riapparso soltanto una volta,
in forma di supplemento di Segretissimo, nell'anno di grazia 1991, da allora
era sparito dal nostro mercato editoriale. Il che, trattandosi di
uno dei thriller più intriganti del maestro indiscusso della spy story
era assai deprecabile. La nuova edizione si avvale anche di una traduzione
nuova, anche se va detto che la precedente, di Bruno Oddera, non era affatto
male.
Le
storie di Ambler sono, di solito, storie di sottovalutazione. Il
protagonista, una figura di underdog, mal inserita, per motivi che possono
essere nazionali, etnici, sociali o di altra natura, nell'ambiente in cui
gli tocca vivere, si trova a essere sottoposto a ogni genere di pressioni
da parte di brutti ceffi che pensano di potersene servire a proprio piacimento
per i propri loschi fini, legati, di solito, a un qualche intrigo internazionale
(ma non è detto, può essere anche un colpo ladresco, come nel caso famosissimo
di Topkapi) e sono destinati ad accorgersi troppo tardi che il gioco è
meno facile di quanto avevano previsto. Lo schema si ripete anche
per Il levantino, con una differenza importante: il personaggio centrale,
Michael Howell, è tutto tranne un underdog: si tratta del prospero e rispettabile
erede di una grande famiglia anglo-greco-armeno-libanese, che gestisce,
in vari stati mediorientali, ma soprattutto in Siria, una proficua attività
imprenditoriale e armatoriale e sembra aver imparato a destreggiarsi con
maestria tra l'inettitudine delle burocrazie e l'inaffidabilità dei politici.
Ma anche per lui, quando verrà preso in mezzo tra i servizi segreti
israeliani e un gruppo palestinese di dissidenti dell'OLP, che hanno –
sembra – escogitato un piano ingegnoso per bombardare Tel Aviv, la situazione
comincerà a farsi scottante.
Scritto
e ambientato quasi quarant'anni fa, il romanzo è ancor oggi di una attualità
sconcertante. Ambler ha sempre avuto la capacità di illustrare, con
le sue trame e i suoi personaggi di fantasia, i nodi più intricati della
politica internazionale e la sua conoscenza delle varie situazioni di crisi,
inclusa quella palestinese, è evidentemente di prima mano, quale se la
può permettere solo un autore che a qualche rapporto con i servizi d'informazione
di Sua Maestà non ha mai rinunciato del tutto. Quello che
ci mette di suo, oltre a un'abilità diabolica nell'organizzare l'intrigo
e una capacità di definire i personaggi che non ha uguali in tutto il sottogenere
spionistico, è una evidentissima simpatia per le cause perse, per i popoli
che non hanno proprio nessuna speranza di veder accolte le proprie legittime
aspirazioni, e per coloro che, nello scontro dei vari vasi di ferro, sono
destinati a rimetterci le penne. Un grande autore, comunque, la cui
opera funge da ponte con i Maugham e i Buchan da una parte e i Fleming
e i Le Carré dall'altra. Un grazie sentito, dunque, all'Adelphi,
che ci permette di rileggere le sue opere e speriamo che quelle che mancano
non tardino troppo.
25.02.'08
Eric Ambler, Il levantino (The Levanter, 1972), tr. it. di Franco Salvatorelli, "Gli Adelphi" - Adelphi, p. 254, € 12,50