Massimo Marcotullio, che è pavese e
si aggira, più o meno, sulla cinquantina, ha debuttato, tre anni fa, affrontando
un sottogenere difficilissimo. Il suo primo romanzo, La morte e il
salumiere, pubblicato dalla Todaro nella collana diretta da Tecla Dozio,
era una semiparodia, intendendo per tale non proprio una caricatura, del
tipo, per intenderci, che poteva scrivere Carletto Manzoni un mezzo secolo
fa, ma un hard boiled perfettamente canonico quanto a trama e personaggi,
caratterizzato, però, da una certa accentuazione in senso comico grottesco
del linguaggio e delle situazioni. Una faticaccia, perché il gioco,
quando riesce, può dare dei risultati strepitosi, ma il più delle volte
non riesce affatto, visto che è troppo forte il rischio di esagerare in
un senso o nell’altro e cadere, a scelta, nel comico sguaiato o nello
spiritoso a tutti i costi. Oltretutto il giallo di azione classico,
quello di Chandler e soci, contiene già in sé una sorta di amara caratterizzazione
autoironica, il che impone a chi tenta questo genere di operazioni l’obbligo
di calibrare il suo lavoro con molta, ma molta attenzione. Be’,
il Marcotullio se l’era cavata niente male, producendo un romanzo tra
i più interessanti degli ultimi anni, ma questo non gli ha impedito, oggi,
di cambiare leggermente l’impostazione: in questo Corpo del mondo (sempre
per i tipi della Todaro), di fatto, i toni comico grotteschi sono molto
più attenuati. Il protagonista è sempre lo stesso, Beo Fulminazzi,
investigatore privato milanese, ex sessantottino, piuttosto autoindulgente
e doverosamente romantico ed è sempre lo stesso, ovviamente, il modo, tra
cinico e scanzonato, con cui si rapporta con il mondo, ma è diverso, direi,
il suo grado di coinvolgimento con la trama. La quale parte da premesse
abbastanza “normali”, una studentessa scappata di casa, due componenti
del gruppo rock in cui si esibiva fatti fuori in malo modo, un sostanzioso
intrigo familiare, ma subisce abbastanza presto una svolta imprevista,
abbandonando la stessa trasformazione metropolitana e trasferendosi in
riva al Po, tra golene, cave di ghiaia e discariche più o meno abusive,
in un paesaggio non propriamente idilliaco, abitato forse da un’umanità
un po’ rozza, ma non tale da far presagire l’intervento delle vere e
proprie bande di gangster con cui il povero Fulminazzi avrà a che fare.
Ma capirete, lo smaltimento dei rifiuti, in forma legale e meno
legale, è un grosso business, i grossi business suscitano grandi appetiti
e dai grandi appetiti ai grandi bastardi il passo, come si sa, è piuttosto
breve. Un bel libro, questo di Marcotullio, posto com’è nella zona
di confine tra hard boiled, noir e avventura romantica e raccontatati con
toni inusuali e molta partecipazione. L’autore, pur giunto tardi
alla narrativa, sta dandosi da fare per recuperare il tempo perduto e ha
pubblicato, in questi giorni, un altro romanzo, per la Piemme. Si
intitola Il sangue dello Scorpione e deve appartenere, se non mi inganno,
a quel sottogenere storico in cui, come saprete, non ho una grandissima
fiducia. Ma vedremo.
04.06.’06
Massimo Marcotullio, Il corpo del mondo, "Impronte" – Todaro Editrice, pp. 252, € 14,00, CHF 23, -.