Il baratro

La caccia | Trasmessa il: 02/26/2012


    Il baratro

    “Sentir già parmi / la fatale saetta/ che gli piomba sul capo! /...aperto veggio / il baratro mortal” canta Donna Elvira nel secondo atto del Don Giovanni di Mozart. L'abisso in questione è quello in cui è inevitabilmente destinato a precipitare il protagonista, perché “non puote”, dopo tutto quello che ha combinato, “tardar l'ira del cielo / la giustizia tardar”. E il guaio è che lei, quel disgraziato, nonostante tutto, lo ama ancora e non sa proprio che atteggiamento prendere di fronte all'incombente, inevitabile punizione: “Quando penso al mio tormento / di vendetta il cor favella; /ma se guardo al suo cimento / palpitando il cor mi va.” Le parole, per una volta, non saranno granché, ma la musica, come ricorderanno gli ascoltatori appassionati del teatro lirico, rappresenta uno dei momenti più alti di quella grandissima opera e dell'intera storia del melodramma.
    Per Donna Elvira, comunque, il baratro è una entità negativa al futuro, qualcosa da evitare e da paventare. Tuttavia, a un baratro negativo futuro può corrispondere un baratro positivo passato, positivo, almeno, per chi non ci è caduto dentro. Infatti, il presidente del consiglio Monti, parlando a Bruxelles martedì scorso, ha detto, compiacendosene, che l'Italia “è più lontana dal baratro” (questo, almeno, il titolo del “Corriere”: la dichiarazione esatta parla di come si sia sulla buona strada “per togliere l'Italia dall'orlo del baratro”). Si tratta, naturalmente, di una metafora, non di un'analisi, proprio come nel caso di Donna Elvira, e se qualcuno dovesse trovare curioso il fatto che il più tecnico dei ministri tecnici si sia espresso, su un problema di sua competenza, con le stesse locuzioni di un personaggio da melodramma, farebbe bene a ricordare che il buon Monti, nei cento giorni che ha passato a Palazzo Chigi, si è molto politicizzato. Ormai si è abituato a raccogliere standing ovations dovunque si rechi (l'ultima volta, mercoledì, all'Istituto per lo Sviluppo Agricolo), a vedersi circondato da gruppi di ragazzini acclamanti in cerca di autografo, a partecipare con ostentata competenza a ogni possibile talk show televisivo. Può quindi permettersi, come tutti i politici, di lasciar perdere le analisi troppo precise, per ricorrere alle affermazioni eclatanti e tanto meglio per i giornalisti presenti, che si troveranno già i titoli belli e pronti. Oltretutto, se non ci è niente di melodrammatico nel mestiere dell'economista, il politico condivide con l'eroe del teatro lirico la necessità di rendere comprensibile quanto comunica alle platee più eterogenee. Di riassumere , quindi, e semplificare, anche a rischio di lasciar perdere le sfumature.
    Avrete notato, piuttosto, che nella politica italiana, il baratro è sempre al passato. Abbiamo attraversato, per concorde giudizio di critica e pubblico, dei tempi abbastanza duri, ma nessun governante è mai venuto a dirci “Attenti, ragazzi, c'è il rischio di cadere nel baratro!” o qualcosa del genere. Hanno sempre preferito dirci “Baratro? Che baratro?”, perché i conti erano in ordine, i fondamentali andavano bene e se i mercati rifuggivano dai nostri titoli erano loro a sbagliarsi, o al massimo a farci notare che, nonostante gli sforzi dei loro avversari, nel baratro, comunque, non eravamo finiti, che sono poi due modi per dire “Vedete quanto siamo bravi?”, che, tra tutte le affermazioni che ricorrono sulla bocca del governante italiano è forse la più frequente (e, per certi versi, la più fastidiosa). Da questo punto di vista, in effetti, la differenza tra Monti e i suoi predecessori, siano essi un Tremonti o un Berlusconi, non è poi tanto grande e non bastano, per confermarla, le asserite superiorità di stile o l'uso di indossare un loden grigio.
    Monti parlava, quando ha fatto quell'affermazione, in sede di Ecofin, subito dopo che agli infidi Greci erano stati presentati gli ultimi, definitivi ultimatum. Tenendo conto di ciò che aspetta quell'infelice paese, forse avrebbe fatto meglio ad astenersi dal parlare di baratri, per lo stesso principio per cui è meglio non alludere alla corda in casa dell'impiccato. L'affermazione per cui noi, comunque, ce l'eravamo cavata, o lmeno eravamo sulla buona strada per, sembrava sottintendere un brutale “Loro invece no”, da intendere come variante economicistica del classico Mors tua vita mea. Una massima che dal punto di vista squisitamente tecnico può avere un qualche valore, ma che non suona bene lo stesso.
26.02.'12