Il banchiere del diavolo | Christopher Reich

Gialloliva | Trasmessa il: 04/20/2006



Una volta le storie di spionaggio, Ambler, Fleming e LeCarré a parte, si leggevano sui fascicoli settimanali di “Segretissimo”, che costavano poche centinaia di lire, avevano delle splendide copertine a colori di Carlo Jacono e garantivano quasi sempre due o tre ore di onesto intrattenimento.  Certo, i traduttori a volte andavano a spanne e gli autori non meritavano l’Oscar dell’originalità, visto che avevano una certa tendenza a riproporre gli schemi fleminghiani della tentacolare cospirazione sovietica o del pazzo che cerca di conquistare il mondo, ma è sorprendente, a ripensarci, quanto spesso capitava di imbattersi in trovate brillante e idee narrativamente originali.  Magari i particolari erano un filino imprecisi e la descrizione di come funzionavano i vari servizi segreti si basava soprattutto sulla fantasia, ma, in fondo, quando si racconta una storia la fantasia è una delle cose che servono di più.  Oggi gli autori si documentano per filo e per segno (come dimostrano le pagine e pagine di ringraziamenti alla fine del romanzo), scrivono tutti bene, si attengono – nella scelta degli argomenti – ai problemi reali di questo nostro mondo tormentato e li si pubblica, almeno in Italia, in lussuose edizioni rilegate con sovraccoperta, ma, per un motivo o per l’altro, ci divertono molto meno.  E poi, anche se parlano di Al Qaida, di kamikaze e di terrorismo islamico, sempre di cospirazioni tentacolari e di pazzi che vogliono conquistare il mondo alla fin fine si tratta.
        Anche in questo Banchiere del diavolo di Christopher Reich, un autore americano che personalmente mi è nuovo, ma che, stando al risvolto, ha già pubblicato una discreta quantità di best seller, c’è un pazzo che vuole conquistare il mondo, o quasi: un eminente banchiere di origini medio orientali che, perfettamente mimetizzato nei meandri del mondo finanziario internazionale, non solo finanzia le organizzazioni islamiche più radicali, ma in proprio vuole ripetere una personale versione dell’11 settembre al fine di vendicarsi degli odiati occidentali e aumentare immensamente il suo patrimonio.  Detta così, si capisce che si tratta, in un certo senso, di una specie di incrocio postumo tra Goldfinger e il dottor No, ma il lettore può non accorgersene, soprattutto per la terribile serietà con cui la sua storia viene raccontata.  Tanto più che sulle sue piste non ci sono romantici agenti segreti (be’, una eroina abbastanza romantica, in realtà, c’è) ma implacabili analisti finanziari ed esperti del mondo bancario, gente cui basta un numero di bancomat per ricostruire le dimensioni di un impero economico.  Certo, gli alti comandi litigano un po’ tra di loro, come è d’uso da LeCarré in poi, si fanno i dispetti tra inglesi, francesi e americani, non capiscono quanto sia bravo il protagonista e via andare, ma si capisce fin dall’inizio che il “banchiere del diavolo” in questioni ha ancora meno  chance di successo di Ernst Stavro Blofeld.  Tutto ben scritto, comunque, ben costruito, ben ambientato, ricco di suspense, movimento e professionalità e va a sapere perché sa tutto così fortemente di plastica.   Insomma, i miei gusti sono tuitt’altri, ma opere come questa rappresentano ormai un settore importante del mercato e chi gli piacciono ci troverà tutto quanto desidera.  Ma solo chi gli piacciono, naturalmente.

20.04.’06

Christopher Reich, Il banchiere del diavolo (The Devil’s Banker), tr. it. Piero Spinelli, "Omnibus" – Mondadori, pp. 403, € 18,00