Il Presidente Berlusconi, rendiamo onore
al merito, è uno che, quando vuole, riesce a farsi capire benissimo. Non
sarà quello che si dice la bocca della verità, nel senso che i suoi discorsi
sono spesso finalizzati al perseguimento di un interesse, personale o di
parte, e di fronte all’interesse, in questo mondo imperfetto, non c’è
verità che tenga, ma nel rendere chiaro a chiunque il proprio pensiero,
o almeno quella parte del suo pensiero che desidera rendere chiaro, non
c’è proprio nessuno che lo possa battere. Anche questa, naturalmente,
è una delle componenti importanti del suo successo: i molti (troppi) cittadini
che l’hanno votato hanno visto nella sua apparente franchezza un salutare
antidoto alle complesse ambiguità semantiche che caratterizzavano le comunicazioni
politiche nella Prima Repubblica, quelle a cui sono tanto attaccati anche
oggi i politici che ne hanno raccolto l’eredità. Su chi si ricorda,
ogni tanto, delle “convergenze parallele”, del “compromesso storico”
e di altre analoghe fumisterie, la sana improntitudine di uno che non si
vergogna di dichiarare che il suo obiettivo, oggi, è quello di salvare
l’Italia dal comunismo, o di sostenere che i magistrati che hanno indagato
sulla pubblica corruzione hanno scatenato nel paese una “guerra civile”
fa sempre un certo effetto.
È
per questo che siamo restati tutti piuttosto delusi nel vedere quel mago
delle comunicazioni infilarsi a capofitto nelle ambiguità di cui gronda
un passaggio ormai celebre del suo discorso di domenica scorsa al congresso
della Lega Nord: quello, per intenderci, dei lunedì. Quei lunedì
sera, come ha spiegato il Premier ai delegati padani, dopo aver ricordato
i consigli della mamma e lodate le virtù salutari della polenta e ossbuss,
che lui una volta dedicava alla moglie, anzi, espressamente “all’amore”.
E fin qui, naturalmente, passi: l’accenno non sarà stato forse di
buon gusto, e l’usanza di dedicare all’amore un giorno della settimana,
e sempre quello, non rientrerà esattamente nelle manifestazioni canoniche
della passione romantica, ma i leghisti, si sa, sono gente di bocca buona
e l’idea che un uomo di quell’età, uno che in fondo è già nonno, anche
se di solito non lo va a dire in giro, trovi ancora il tempo e le energie
per dedicarsi all’amore, non può che fare buona impressione. L’ammirazione,
più o meno tinta di invidia, della virilità del capo è sempre stata diffusa
in certi settori del paese. E molti statisti, storicamente, non
sono stati alieni dallo sfruttare questa tendenza. Tanto per citare
due figure che non mi sembrano del tutto estranee all’albero genealogico
dell’attuale maggioranza di governo, Mussolini faceva filtrare con una
certa liberalità le notizie sui suoi adulteri, né a Craxi dispiaceva che
si sussurrasse, magari a capocchia, delle sue presunte amanti. Non
per niente, per indicare il possesso di eminenti capacità decisionali e
di una fermezza ideologica superiore alla media, si è solito riconoscere
a quelle e analoghe figure, con una metafora forse troppo colorita, che
non mi permetterò in questa sede di citare verbatim, il possesso di taluni
attributi tipicamente maschili.
Ma
poi il Premier ha aggiunto che da quando ha dato retta alla mamma, che
l’esortava a riprendere i rapporti col Bossi (dagh on basin e di’ che
ghel mandi mi) le cose, per lui, sono cambiate. L’agenda del leader
padano, con tutto il da fare che ha, era straordinariamente impegnata.
In pratica, guarda che sfiga, aveva libero soltanto il lunedì sera.
E il povero Berlusca non ha potuto far altro che abbozzare: da allora
quel giorno lo dedica all’Umbertone. Anzi, il suo lunedì sera, ormai,
“si chiama Umberto Bossi”.
I
congressisti, lì per lì, hanno applaudito da spellarsi le mani. Ma
poi, chissà, ci avranno ripensato. Le delegate, magari, si saranno
chieste come l’abbia presa, povera tosa, la Veronica. E i maliziosi,
perché ce ne sono – purtroppo – anche a nord della linea gotica, avranno
persino potuto supporre che, visto che i basin sono come i scirés, che
l’una tira l’altra, tra i due leader sia scattata, per così dire, una
scintilla non esattamente politica. Niente di male, figuriamoci,
con i tempi che corrono, ma, insomma, chi l’avrebbe mai pensato?
Scherzo,
naturalmente. Ma in quel discorso un non so che di ambiguo lo si
sentiva proprio ed è per questo, suppongo, che ha colpito tanto i commentatori.
Io, sinceramente, non saprei divinare che cosa si proponesse con
precisione il Presidente del Consiglio. Probabilmente avrà voluto
far intendere che, ligio al dovere qual è, lui è sempre stato disposto
a ogni sacrificio, ma poi, rendendosi conto del fatto che non è un complimento
spiegare a qualcuno che frequentare il suo leader carismatico rappresenta
un sacrificio degno di nota, avrà calcato, come gli capita spesso, la mano,
cadendo fatalmente nell’ambiguità. Avrà, insomma, ceduto a quello
che, a mio avviso, rappresenta il suo peggior difetto caratteriale, quello
da cui massimamente deve guardarsi in vista della lunga carriera politica
cui aspira, e che non è, credetemi, il conflitto di interessi, ma la piacenteria,
quell’aréskeia che il vecchio Teofrasto definiva “un modo di fare che
tende a dar piacere con uno scopo che non è dei più onesti”, ma che in
Berlusconi, credo, si è fatto fine a sé stesso, a prescindere da qualsiasi
finalità adulatoria o di interessata captatio benevolentiae. Ed
è un difetto molto pericoloso, perché il conflitto di interessi lo si potrà
anche governare, un giorno o l’altro, con una legge adeguata (non con
questa, ovviamente) ma la piacenteria, in uno statista dotato di tanti
poteri quanti se ne sta prendendo lui, può portare a delle conseguenze
assolutamente catastrofiche. È stata questa tendenza, in fondo, a metterci
nei guai – mesi fa – con l’intero mondo islamico e a spingerci, in seguito,
a un intervento diretto nel conflitto afgano che nessuno ci aveva richiesto.
Un uomo così, pur di compiacere i suoi interlocutori del momento,
può assumere, senza neanche rendersene conto, degli impegni di cui potrebbe,
in seconda istanza, dispiacersi assai. E noi, naturalmente, con lui.
Sia come sia, Berlusconi un record l’ha
conquistato. È stato il primo politico di cui mi sovvenga in tutta
la nostra storia recente a parlare in pubblico, sia pure per accenni abbastanza
discreti, della propria vita sessuale. E non vale citare gli esempi
del pio Formigoni o dell’intrepida Rosy Bindi, che in anni più o meno
recenti hanno trovato il modo di dichiarare di non averne alcuna. Costoro,
a parte il fatto che riservavano simili confidenze alle interviste e non
alle platee congressuali, lo facevano soprattutto per testimoniare un adeguamento,
in un certo senso obbligato, a una normativa ideologica che avevano pubblicamente
accettata. E poi una cosa sono le ricusazioni, un’altra le affermazioni
in positivo. Il fatto è che il Presidente del Consiglio, come dicevamo
all’inizio, non è uomo che soffra di inibizioni. Quando vuol dire
qualcosa, non ci sta ad arzigogolare sopra: la dice e amen. In questa
particolare forma di decisionismo, in questa indifferenza alle convenienze
che non convengono a lui, consistono, a ben vedere, i suoi veri attributi.
10.03.’02