Flagelli

La caccia | Trasmessa il: 06/21/2009


    Giovedì 18 giugno, ore 9,40 antimeridiane, sono in devoto ascolto della radio. Il nostro direttore sta intervistando nientemeno che Massimo D'Alema. Ora, Danilo è il miglior direttore che ci si possa augurare, un giornalista esperto e un caro amico, ma l'intervista, non certo per colpa sua, è noiosissima. Da D'Alema non si riesce proprio a cavare un po' di sugo. Assicura che non è stato lui a organizzare il complotto della procura di Bari contro il capo del governo – e ci mancherebbe altro – ma quanto al resto si tiene accuratamente sulle generali. Il Partito Democratico? Sì, il Partito Democratico va benino, grazie, ha avuto qualche momento di crisi ma si è ripreso, non ci sono veri problemi. Il suo appoggio precongressuale a Bersani? Be', c'è, naturalmente, ma i congressi sono fatti per discutere, discuteremo, vedremo, dipende. Una sua eventuale candidatura alla segreteria? No, per ora no, ma non si può dire, in caso di necessità tutto tornerebbe in discussione, anche se questo non significa che... Insomma, quanto di più tedioso si possa immaginare.
    Poi l'intervista finisce e il conduttore introduce un altro argomento. Nell'area di confine tra Libia ed Egitto, sembra, si registra non poca preoccupazione per via di certi casi di peste bubbonica. Come di peste bubbonica? sobbalza l'ascoltatore, ha proprio detto di peste bubbonica? La peste, come flagello, ha fatto il suo tempo, ha spopolato l'Europa verso il 1350 e l'ultima epidemia registrata è di qualche secolo fa, in un contesto contemporaneo quel morbo non può essere protagonista di una notizia di cronaca: oggi la peste è una metafora, un modo di dire, al massimo un capitolo dei Promessi sposi. Eppure stavolta no: in onda c'è tanto di corrispondente dal Cairo che assicura che di peste e non di altro si tratta. Sembra che i relativi bacilli siano stati introdotti nella città portuale di Matruh dai topi presenti nella stiva delle navi ivi attraccate. La peste portata dai topi delle navi? Come in Nosferatu? L'impressione di chi ascolta è quella di essere finito in una specie di mondo intermedio tra la realtà e il romanzo storico, in cui Don Rodrigo, i suoi bravi e la gaia brigata del Decamerone sono tenuti in quarantena tra Tobruch e Matruh dall'esercito egiziano, visto che è a tale benemerito corpo organizzato che le autorità locali hanno conferito i pieni poteri per contenere il morbo ed evitare che sfoci in epidemia. E, chissà perché, l'idea della Morte Nera incombente a poche centinaia di miglia nautiche dalle coste della Sicilia, tenuta a bada dalle sole capacità di contenimento dell'esercito egiziano, un'organizzazione che, nella sua storia, non si è mai dimostrata particolarmente efficiente, salvo forse nei colpi di stato, non suona affatto tranquillizzante.
    Poi, l'indomani, sui giornali sulla peste non si legge notizia alcuna. Chissà, forse sarà stata un'esagerazione giornalistica, anche se Radio Popolare di solito non fa di queste cose. O forse me la sono sognata io: immalinconito dalle risposte di D'Alema mi sono appisolato e, in quel particolare stato d'animo spirituale, ho fatto un brutto sogno. O forse, naturalmente, no: quello per cui la peste bubbonica, come si legge in ogni buona enciclopedia, sia stata “completamente debellata” è uno dei tanti convincimenti fallaci che orientano la nostra esistenza. In effetti il progresso, anche in tema di flagelli, non distrugge il passato, si limita a renderlo meno significante. Si può girare l'Europa a piedi anche nell'era dell'automobile, il rischio di morire di fallout nucleare non esclude quello di essere stesi da un colpo di clava e la minaccia dell'AIDS si aggiunge a quella della peste, ma non la sostituisce. Sì, d'accordo, di mezzo c'è stato Pasteur, ma sulle capacità salvifiche della medicina oggi non tutti sono d'accordo. Diciamo che il rischio peste non è previsto dalla nostra ideologia e accontentiamoci delle poche certezze che una simile affermazione ci può assicurare. In fondo, ideologicamente è più pericoloso D'Alema.

    21.06.'09