Era da qualche mese che l’ultimo romanzo di Ian Rankin, un grosso volume
rilegato di oltre 500 pagine, stazionava sulla mia scrivania, muto rimprovero
alla mia pigrizia, senza che mi risolvessi a prenderlo in mano. In
effetti, per affascinanti che siano le avventure dell’ispettore Rebus,
della polizia di Edimburgo, quelli di Rankin sono libri che sempre un po’
intimidiscono e non solo per la mole, come se, dovendo svelare i misteri
di una città intrisa di storiche nefandezze e di spirito calvinista qual
è la capitale scozzese, richiedessero al lettore un supplemento di cultura
e, comunque, uno sforzo in qualche modo maggiore da quello richiesto all’appassionato
medio. Ma questa volta, bisogna dire, l’impressione è ingiustificata.
Il romanzo, di impostazione piuttosto classica, vede Rebus e soci
impegnati nelle indagini sulla scomparsa di una studentessa di buona famiglia,
in un caso apparentemente semplice, che solo in seconda istanza si rivela
connesso, mediante tutta una serie di enigmatici riferimenti, a quella
storia criminale del paese che tanto interessa all’autore. Il quale
ci offre, peraltro, anche una galleria di personaggi accuratamente delineati
e la più minuziosa descrizione delle tecniche investigativa, completa di
intrighi, rivalità e qualche approccio sentimentale all’interno delle
forze dell’ordine: tutto quanto, insomma, si può richiedere a un procedural
di alto livello:. Quanto al protagonista, sarà, sì, l’ennesima reincarnazione
del poliziotto dal volto umano alla Maigret, ma, sotto i gelidi cieli della
Scozia, assume caratteristiche affatto peculiari. Ostinato, solitario,
abbastanza incapace di lavorare in squadra con i colleghi, più portato
alla frequentazione dei pub che alle riunioni in commissariato, appassionato
(sembra strano) di rock degli anni ’70 e vagamente legato a un passato
fricchettone che lui stesso considera, oggi, lontanissimo, Rebus finisce
per conquistare immancabilmente la simpatia di chi affronta i poderosi
romanzi di cui è protagonista. Certo, anche questo Fine partita non
è uno di quei mystery che si buttano giù tutti di un fiato, richiede, da
parte di chi l’affronta, un minimo d’impegno e una certa qual tetragona
ostinazione ad andare avanti, ma chi ha mai detto che i gialli debbano
essere per forza una lettura leggera? E poi, anche in questi tempi
di globalizzazione e di Internet, il colore locale ha la sua importanza,
e quello scozzese – notoriamente – è tra i più affascinanti. Provare
per credere.
24.05.’04
Ian Rankin, Fine partita (The Falls), tr. it. di Anna Rusconi, "La gaja scienza" – Longanesi, pp. 509, € 18,50