Il Gorilla, come si capisce abbastanza
bene dalla successione dei suoi romanzi, non è nato come personaggio seriale
e Sandrone Dazieri, come sa chi lo conosce di persone, è sempre stato incerto
sull’opportunità di proseguirne tout court le avventure o concedersi,
ogni tanto, qualche salutare evasione. Finora, visto che il business
è sempre il business, si era attenuto alla prima ipotesi: con questo ultimo
romanzo, finalmente, passa alla seconda. Ma quel personaggio, evidentemente,
è ben radicato nelle sue corde, perché il nuovo protagonista ne rappresenta
una riconoscibilissima variante, come se l’autore non avesse avuto il
coraggio, all’ultimo momento, di abbandonarlo del tutto. Sentite
un po’: c’è questo Santo Denti, piccolo spacciatore e ladruncolo milanese
di infima tacca dei primi anni ’90, di quelli sempre ubriachi e strafatti,
che viene steso con una bottigliata nel corso di una discussione di affari
e si risveglia un po’ pesto in un ambiente a lui sconosciuto. Tutto
normale, all’apparenza, solo che adesso siamo ai tempi nostri, l’ambiente
sconosciuto è quello della toilette del teatro alla Scala, e il nostro
scopre di essere un distinto quarantenne, manager di una grossa agenzia
di pubblicità, fidanzato con la figlia del padrone, ricco, astemio, vegetariano,
proprietario di una Porsche Cayenne e dirigente di qualcosa che ricorda
molto da vicino la Comunità di San Patrignano… e non ha la minima idea
di che cosa sia successo nei quattordici anni che lo separano dal suo ultimo
ricordo cosciente. E deve essere successo qualcosa di molto interessante,
non solo per le trasformazioni di cui sopra, ma perché, mentre lui cerca
di imparare a muoversi in questo oggi così diverso (e, trova, così poco
gradevole), qualcuno cerca con insistenza di fargli la pelle e la polizia,
per conto suo, non nasconde di considerarlo colpevole di un omicidio. Un
bel casino, in definitiva, e non c’è un Socio che abbia lasciato attaccata
al frigorifero la spiegazione di cosa era successo al Gorilla durante uno
dei loro scambi di personalità.
Ciò
premesso e riconosciuto, bisogna subito dichiarare che È stato un attimo
non rappresenta soltanto l’ennesima prova dell’interesse di Sandrone
per la schizofrenia, ma è uno dei gialli più strepitosi dell’anno. Quello
che può combinare un randa degli anni ’90 nei panni (e nella pelle) di
un manager contemporaneo, uno che è membro, sì, del noto movimento delle
Pecorelle di don Zurloni, ma conserva qualche tratto etico della personalità
originaria, compresa qualche difficoltà nel tenere alzata la zip dei pantaloni,
non ha praticamente limiti e l’idea di vedere il nostro mondo da quel
particolare punto di vista è, senza alcun dubbio, geniale. E poi
Dazieri sa scrivere, è politicamente più corretto di quanto finga di essere
e riesce a combinare delle trame che, a onta dei presupposti demenziali,
non si sfilacciano mai. Insomma, il lettore fa fuori le trecento
e passa pagine del libro in due o tre ore e ci si diverte anche. Il
quale libro non sarà un capolavoro assoluto, ma è certo uno dei gialli
più leggibili e divertenti degli ultimi anni e solo dei musoni particolarmente
incattiviti potrebbero permettersi di lasciarselo scappare.
04.12.’06
Sandrone Dazieri, È stato un attimo, "Strade blu" – Mondadori, pp. 311, € 16,50