Dorando 05

Atene | Dorando 05


    Vicino a dove abito io, a Pangrati, un quartiere semiperiferico, nel senso che fa ancora parte della municipalità di Atene, ma confina già con gli smisurati sobborghi di questa città regione, c’è una piazzetta, uno di quegli angoli alberati che gli ateniesi sono riusciti miracolosamente a salvare nel deserto di cemento che la speculazione degli anni ’70 gli ha lasciato in sorte e in cui, trattandosi di un popolo che, per cultura e tradizione, vive volentieri fuori casa, il vicinato organizza buona parte della sua vita sociale. Ci sono, sotto una quadruplice fila di gelsi e gaggie, i tavolini di un bar, con megaschermo TV per chi vuole seguire i giochi al fresco, quelli, affollatissimi, di una gelateria constantinopolitana (o che almeno si spaccia per tale, perché la tradizione dolciaria dell’antica capitale imperiale, da cui gli ultimi greci si sono trasferiti quaggiù una cinquantina di anni fa, è rinomatissima), uno spazio lastricato in cui di sera i bambini giocano urlando fino a un’ora che qualsiasi mamma italiana, anche la più liberale, considererebbe scandalosa, una rosticceria che elargisce dei suvlakia non proprio tenerissimi, ma saporiti, un’edicola, due periptera (quei chioschi dove, a qualsiasi ora, si vende praticamente di tutto), quattro telefoni a scheda di nuovo modello. E c’è anche, da quando sono cominciate le olimpiadi, il bus stage: un grande autobus blu con targa olandese che, a una certa ora, si trasforma miracolosamente in un palcoscenico dotato di pianoforte, batteria, casse acustiche, leggii e quant’altro serve per ospitare il più esigente dei gruppi musicali. Ospita a turno varie formazioni, ma i titolari, per queste due settimane, sono i membri di un trio – appunto – olandese, che tutte le sere, dalle dieci e mezzo in poi, fanno dell’ottimo jazz.

    Non si tratta, badate, di un’esclusiva di zona. Il comune di Atene, nella sua ansia di piacere ai visitatori olimpici, non si è limitato a spargere ovunque fioriere e arredi urbani, a rinfrescare la facciata della maggior parte degli edifici storici, a bonificare, in parte, certi quartieri centrali in degrado e a ristrutturare (con l’aiuto dello stato) il sistema dei trasporti urbani. Ha organizzato, per tutta la durata dei giochi, un intenso calendario di eventi, che sotto il motto Oli i poli mià yortì (“Tutta la città una festa”), prevede, in ben ventidue collocazioni urbane, tre o quattro iniziative gratuite ogni giorno. Ce n’è davvero per tutti: concerti di qualsiasi genere, dalla rebetica al rock, passando per tutte le sfumature della musica popolare greca, teatro di strada, animazione, orchestre sinfoniche, musica lirica, suoni e luci e via andare. I gruppi non saranno forse i più famosi del mondo (o per lo meno non per me, ma io non me ne intendo), ma ci danno dentro con zelo e un programma così ambizioso non mi sembra l’abbiano proposto, finora, molte metropoli europee o di altri continenti.

    Eppure, ieri sera, a sentire i jazzisti olandesi (che avevano, per l’occasione, un chitarrista ospite davvero notevole) saremmo stati, a dir tanto, in quattordici. La piazza era piena di gente, bambini che giocavano, signore che demolivano gelati giganteschi, giovanotti che guardavano un po’ annoiati le qualificazioni di badminton, anziani che chiacchieravano a raffica facendo andare il comboloì come una mitragliatrice, ma a quei poveracci nel bus non badava praticamente nessuno. E va bene che qua siamo a Pangrati, dove l’appeal del jazz moderno può non essere altissimo, ma mi dicono che nelle altre piazze, anche le più centrali (che mi propongo di visitare, in questo fine settimana, per riferirvi di persona) le cose vanno più o meno nello stesso modo. Grande impegno organizzativo, proposte interessanti, partecipazione nisba.

    Sarà un’altra manifestazione di un’Olimpiade, che, dal punto di vista della partecipazione del pubblico, sembra un po’ sottotono (avrete visto anche voi, in TV, tutti quegli impianti sportivi semivuoti, se non è solo un’impressione dovuta alla quantità delle competizioni in programma e all’ampiezza degli spazi). Certo, Atene in questi giorni non sembra funzionare a pieno ritmo, neanche al pieno ritmo di agosto: ricorda, nonostante tutto, più la pigra città mediterranea di una volta, che la metropoli urlante e frenetica cui ci eravamo abituati. Salvo che in due o tre posti deputati all’ingolfamento turistico, come Monasteraki o la Plaka (ma anche alla Plaka, in fondo, si trovano degli angoli deserti), non sembra che ci siano in giro più visitatori del solito. Di fatto, della scarsità di turisti da spennare si lamentano un po’ tutti, commercianti ed esercenti, e anche se le due categorie, in Grecia come altrove, hanno una certa tendenza alla querimonia, può darsi che qualche ragione ce l’abbiano. Passata la grande sbornia dell’entusiasmo olimpico, sui giornali cominciano ad apparire – con cautela – corsivi e vignette che pongono il problema di chi pagherà il conto, alla fine.

    E poi, per tornare al nostro punto di partenza, non sono sicurissimo che i gruppi musicali in piazza o il teatro di strada possano suscitare, ormai, più entusiasmo di tanto. Non siamo più negli anni ’80 e i non greci, presumibilmente, di queste cose ne hanno fin sopra i capelli. Quanto ai greci, può darsi che semplicemente non gli piacciano: qui in strada si fa di tutto sempre, musica e teatro compresi, e non si capisce perché la gente dovrebbe apprezzare il tentativo di rimodellare la piazzetta di Pangrati sull’esempio del Beaubourg. O forse, naturalmente, no: vedrò come andranno le cose nel week end e mi farò premura di riferirvi.

20.08.’04
Dorando 05