Dietro quel delitto | Ian Rankin

Gialloliva | Trasmessa il: 02/18/2008



L'ispettore Rebus della polizia di Edinburgo, nella dozzina di romanzi che gli ha dedicato Ian Rankin è indubbiamente invecchiato.  Ormai gli mancano solo un paio d'anni alla pensione e, come capita a tutte le persone di una certa età, vede sparire a poco a poco attorno a sé quelli che erano i suoi punti di riferimento.  Non per niente lo cogliamo, in apertura di questa sua ultima impresa, al funerale di un fratello.   Ma, visto che la sua caratteristica principale, per tutta la saga, è stata quella della ostinazione, tutto ciò non gli impedisce di essere sempre lo stesso Rebus: cocciuto, ribelle, insofferente delle procedure e della disciplina e deciso, costi quello che costi, a seguire esclusivamente la propria esperienza e le proprie intuizioni.  E di queste dote in Dietro a quel delitto il nostro eroe ha indubbiamente bisogno, visto che la vicenda si svolge nel luglio del 2005 in una Scozia praticamente militarizzata per via dell'imminente riunione del G8, in un imperversare di servizi segreti e pezzi grossi dagli imprecisati poteri, che tutto gradiscono fuorché un'indagine accurata sui motivi dell'apparente suicidio di un funzionario del Ministero degli Esteri con le mani in pasta in una quantità di affari poco puliti.  E per di più bisogna occuparsi della uccisione di un losco individuo, legato a un boss della mala locale, che con le trame politiche di cui sopra può avere, chissà, qualche rapporto.  E Siobhan, il sergente Clarke, sua collaboratrice storica, ha anche lei i suoi guai, perché è afflitta da due genitori ancora fedeli, nonostante i loro centoventi anni in due, agli ideali della contestazione e se li trova tutti e due a Edimburgo a dimostrare e a prendere un fracco di botte, in un carosello di pacifisti veri e presunti, black bloc, hippies di varie generazioni e infiltrati assortiti.  La situazione, che in noi italiani non può che suscitare dei brutti ricordi, è descritta con grande partecipazione umana e civile e rappresenta, ne converrete, uno sfondo inedito per una indagine criminale.  Ci vorrà un bel po' di fatica per sciogliere tutti i nodi, o quasi, ma i nostri eroi ovviamente ce la faranno, in un finale meno prevedibile di quanto si potesse temere.


        Rebus, naturalmente, rappresenta la variante contemporanea di un modello molto sfruttato dal poliziesco britannico del secondo Novecento, quello – per intenderci – di Ruth Rendell, P.D. James e compagni, e in quanto tale appartiene a una vasta tribù di investigatori dal volto umano, diffusa ormai in tutto il continente, dalla Svezia dell'ispettore Wallander alla Sicilia del commissario Montalbano.  Ma del modello rappresenta una variante, diciamo, più scabra e meno manierata, un autentico ex sessantottino incattivito, del tutto indifferente alle lusinghe della carriera, ma non a quelle del rock duro, del whisky e del fumo e – soprattutto – del tutto incapace di negarsi il piacere di mandare al diavolo (diciamo così) qualsiasi tipo di superiore.   Una vita dura, nel complesso, ma è quella che si è scelto e in altro modo, comunque, non saprebbe comportarsi.  Rankin ne racconta le gesta con il suo tipico stile, un po' pedante, ma sempre coinvolgente, e ormai gli siamo affezionati.  Francamente la prospettiva di vederlo andare in pensione tra due anni fa un poco dispiace, ma due anni sono lunghi e chissà cosa può succedere nel frattempo.  Vedremo.

18.02.'08
Ian Rankin, Dietro quel delitto (The Naming of the Dead), tr. it. di Anna Rusconi e Isabella Zani, "La gaja scienza" - Longanesi, pp. 484, € 18,60