Ci sono certe tematiche sulle quali, per un motivo o per
l’altro, non è possibile non essere tutti d’accordo (e che quindi, per
logica conseguenza, dovrebbe essere inutile continuare a dibattere).
Prendete, per esempio, quella della libertà: chi non è d’accordo sulla
libertà? A quella propria siamo evidentemente favorevoli tutti e
quanto a quella altrui, se qualcuno nutre, in cuor suo, delle riserve,
non si azzarderà certo a dichiararlo in pubblico. I problemi possono
nascere quando c’è da decidere in che modo e a che prezzo assicurarla
e difenderla, ma sul concetto in sé è davvero difficile non essere unanimi.
È per questo che quando qualche figura autorevole parla della libertà
come del suo obiettivo più caro, dà tanto spesso l’impressione di parlare
soltanto per dare aria alla bocca.
E la tirannide? Trovatemi,
se ci riuscite, nella pubblicistica degli ultimi tremila anni, un solo
discorso in lode della tirannide. Se con i tiranni e i tirannelli
che infestano concretamente il nostro mondo bisogna, il più delle volte,
imparare a convivere a collo più o meno obtorto, per il tiranno in astratto
– per l’idea di tiranno, se preferite – non è possibile
remissione alcuna. Sul fatto che simili figuri vadano cancellati
dalla faccia della terra concorderanno anche i più governanti più autoritari
e i ministri meno liberali, tutti convinti, non è chiaro perché, che quel
termine per definizione non li riguarda. E anche in questo caso i
relativi discorsi suoneranno, a orecchie appena un po’ esercitate, come
vuote sparate retoriche senza un contenuto degno di nota.
Il presidente Bush
ha inaugurato, giovedì scorso, il suo secondo mandato parlando della necessità
di difendere la libertà e di abbattere, sempre e dovunque, i tiranni. Sulla
base delle osservazioni di cui sopra, sembrerebbe ovvio concludere che
se l’è cavata con poco. O meglio, visto che l’uomo è quello che
è e ha dimostrato con i fatti quali siano i suoi disegni e i relativi riferimenti
ideologici, che, per ricoprire, come è d’uso, di parole solenni lo squallore
dei suoi propositi non si è sforzato poi tanto. A leggerlo senza
sapere nulla di chi l’ha pronunciato, poco si troverebbe in quel discorso
che un medio cittadino democratico di qualsiasi paese occidentale non potrebbe
sottoscrivere.
George W. non ha,
che io sappia, compiuto gli studi classici. Ma lo avranno fatto,
probabilmente, i suoi collaboratori e ghost writers. In effetti,
quel discorso si collega a una linea che ci porta dritto dritto alla Grecia
del quinto secolo avanti Cristo e alle polemiche degli oratori attici.
Anche allora, ricorderete, si parlava molto di tirannide di libertà
e della necessità di difendere l’una contro l’altra. I termini
del discorso, forse, erano un po’ più precisi di adesso, nel senso che
trannos, “tiranno”, nella lingua corrente non era qualsiasi buzzurro
insediato in trono, ma soltanto chi vi giungeva senza legittimazione dinastica,
senza appartenere a una famiglia cui spettasse un titolo principesco.
E siccome quasi tutta la pubblicistica greca che ci è giunta è ferocemente
di parte, e di parte – di solito – aristocratica, come “tiranni” in
quei testi vanno intesi soprattutto i capi del partito democratico e gli
statisti sostenuti dall’appoggio popolare. Una connotazione di classe
destinata a durare più a lungo di quanto si immagini: non per niente nelle
lettere italiane è legata al nome di un reazionario allo stato puro come
il celebre Vittorio Alfieri, che visse alle soglie della nostra era e quando
si trattava di parlar male dei vari Saul, Creonte, Filippo e soci non era
secondo a nessuno, ma quando, infuriando la Rivoluzione Francese, ebbe
a che fare con degli autentici tirannicidi si incazzò di brutto e ritenne
opportuno tagliare la corda. È per questo, credo, che l’uso moderno
di quel termine ha una connotazione così fastidiosa. Con il tempo
le parole cambiano significato, ma qualcosa della loro origine si portano
sempre dietro e salta fuori quando meno ce lo si aspetta.
E, in fondo, non dovevano
essere così male i tiranni del buon tempo antico. Di Pisistrato tutti
hanno scritto le peggio cose, ma quando si viene ai fatti concreti si scopre,
stringi stringi, che governava con il consenso della maggioranza, proteggeva
le lettere e le arti, faceva costruire i primi templi sull’Acropoli e
provvedeva a far mettere a disposizione di tutti un’accettabile edizione
dell’opera di Omero. Edipo è tiranno, nel titolo della tragedia
di Sofocle (e noi facciamo male a tradurre re) ma i tebani sono tutti con
lui, che li ha liberati dalla Sfinge, ed è a lui che si rivolgono in un
momento di crisi, e a ragione, visto che lui fa di tutto per aiutarli,
fino al sacrificio finale di sé. E del resto, anche se non lo sapeva,
il poveraccio era figlio legittimo di Laio, per cui il regno gli spettava
di diritto e il suo problema – in termini squisitamente tragici – non
era quello di essere un tiranno, ma, al contrario, di non esserlo.
Chiedo scusa per la
digressione. Edipo, si sa, è una personificazione della intelligenza
umana, e come tale ha poco a che fare con Bush, che quanto a piccole cellule
grigie non gode fama di essere particolarmente fornito, tanto è vero che
dovendo, in un’occasione solenne, presentare se stesso al mondo ricorre
alle parole più fruste e più ambigue che la tradizione della retorica politica
gli mette a disposizione. Come a dire che non è neanche capace, per
evidenti limiti culturali, di giustificare sul piano ideologico le proprie
azioni e le proprie scelte. In effetti, sotto il fragile velo di
quelle espressioni auliche e vagamente desuete, la natura spietata del
suo programma, la volontà di dominio che lo permea, il disprezzo per la
identità altrui che lo sostanzia risultano con un’evidenza agghiacciante.
Figlio della nuova aristocrazia del denaro, tanto più potente e spietata
di quella antica del sangue, Bush parla di libertà, ma non crede nell’eguaglianza
e non saprebbe che farsene della fraternità, che della libertà sono, da
un paio di secoli, le necessarie specificazioni. : L’unica opzione
vera, per lui, è, sempre e comunque, quella della forza. Non può
rendersene conto, ma, in senso moderno, l’unico vero tiranno è lui.
23.01.’05