Tra i protagonisti di questa Pasqua, oltre e a miglior titolo dell’ex
ministro Calderoli, va indubbiamente annoverato il compagno Giuda Iscariota.
E lo chiamo “compagno” perché, su un piano squisitamente storico,
non posso negare di essere stato colpito dalla interpretazione che del
controverso personaggio dà il nostro comune amico Accame in quel saggio
della sua Antologia del sistema delle stelle in cui quella inquietante
figura viene ricondotto alla categoria “del classico ‘pentito’, o quella
dell’infiltrato o, perché no?, quella di uno più a sinistra del suo capo
– tanto a sinistra da giudicare insufficiente la strategia antimperialista
di quest’ultimo e da brigare conseguentemente per liberarsene.” In
effetti, se incrociamo quanto si sa sulla situazione ideologica della Palestina
di allora con quel poco che in merito ci dicono i vangeli, l’ipotesi risulta
abbastanza plausibile. Aderente, come del resto altri discepoli del
Signore, al partito degli zeloti, fautori della necessità di una lotta
armata contro l’occupazione romana, l’Iscariota avrebbe agito soprattutto
per reazione all’atteggiamento del Salvatore, che sull’argomento non
aveva nessuna intenzione di impegnarsi e se ogni tanto diceva di essere
venuto a portare la spada e non la pace (Matteo, X, 34-39), nel concreto
non andò mai molto oltre alle randellate ai mercanti del tempio, che, evidentemente,
per un ardente patriota erano un po’ poco. Serviva, in un certo
senso, un “salto di qualità”, salto che a Giuda poi andò male,
visto che la maggioranza del movimento si guardò bene dal dargli ragione,
ma sono i rischi del mestiere.
Questo, vi dicevo, sul piano storico ed è un
peccato che una certa reticenza delle fonti impedisca di approfondire l’ipotesi
quanto merita. Dal punto di vista teologico, si sa, la questione
è più semplice. Quello di Giuda è un caso particolare, una applicazione
specifica del problema generale della Provvidenza divina, che ci costringe
a chiederci come sia possibile conciliare l’esistenza del male – soggettivo
o oggettivo – con l’ipotesi di un Dio benevolo, onnipotente e onnisciente.
Se Gesù era vero Dio, oltre che vero uomo, non poteva ignorare, nel
momento in cui inserì Giuda nella ristretta gerarchia degli Apostoli (Luca,
VI, 13-16), che il disgraziato aveva certe tendenze e che a un certo punto
l’avrebbe consegnato al nemico. E allora? Il “Vangelo di
Giuda”, il testo del III secolo la cui imminente pubblicazione in edizione
divulgativa ha fatto temere a qualcuno, in primis al Papa, la possibilità
di un tentativo di “riabilitazione” dell’arcitraditore, non rappresenta
altro che un tentativo disperato di sanare la contraddizione, secondo una
logica dell’assurdo che l’ambiente gnostico, da cui quel documento proviene,
ha sempre coltivato. Il tradimento era un elemento essenziale del
piano della redenzione e Gesù lo aveva, non che previsto, preordinato e
voluto. In questo caso l’unica colpa di Giuda sarebbe quella di
essersi fatto tramite della volontà divina e di aver scientemente collaborato
alla sua realizzazione, il che non sembra esattamente giustificare la sistemazione
tradizionale nel cerchio più profondo dell’Inferno, tra le zanne di Lucifero
in persona.
A un problema di consequenzialità logica dello
stesso tipo (anche se non mi risulta che lo gnosticismo storico se ne sia
mai occupato) può ricondurci la tematica di un altro testo che in questi
giorni ha molto inquietato il Pontefice ed è stato anche oggetto della
condanna esplicita del suo predicatore di fiducia: quel Codice da Vinci
di Dan Brown in cui, accanto a una trama gialla piuttosto banale e a molte
amene sciocchezze storiche, si affaccia un’interpretazione esoterica della
leggenda del Santo Graal basata sull’ipotesi di un Redentore convivente
more uxorio con la Maddalena. Roba da far rabbrividire generazioni
e generazioni di teologi inclini alla sessuofobia, eppure anche in questo
caso qualche ragionevole motivazione la si può rintracciare. Se Gesù,
oltre che vero Dio, era vero uomo, non si capisce perché dovesse essere
refrattario a un certo tipo di richiami. Oltretutto, tra i Suoi seguaci
si annoverava un certo numero di donne, che i vangeli non sterilizzano
ancora con l’epiteto di “pie”, e il Suo insegnamento, in rapporto ai
valori e alle prescrizioni correnti, virava indubbiamente sull’anticonformista.
E allora, perché no? Ci si muove, ovviamente, sul piano dell’ipotetico
puro, ma nulla vieta di specularci un po’ sopra. Tanto è vero che
l’idea non è venuta soltanto a Don Brown, ma è facile rintracciarla in
una molteplicità di fonti, cui il romanziere americano può avere o non
avere (ma probabilmente ha) attinto a piene mani. Come contributo
personale, in quanto cultore di lettere greche, non posso non segnalare
l’importante romanzo di Nikos Kazantzakis O teleftéos pirasmòs (“L’ultima
tentazione”) che, negli anni ’50 del secolo scorso, procurò all’autore
di Zorba una quantità di guai con la sua e le altrui chiese, senza il beneficio
dei diritti di autore che Dan Brown avrebbe incassato mezzo secolo dopo.
Ma così va il mondo.
Sembrerebbe, dunque, che il Papa si sia scomodato
per niente. Sulla Maddalena e i suoi amori si fantastica almeno da
mezzo secolo, anche a non voler entrare nel campo minato della letteratura
e paraletteratura sul Graal, e la speculazione su Giuda risale addirittura
ai primi secoli dell’elaborazione teorica del pensiero cristiano.
Perché abbandonarsi, allora, ad anatemi che, pur abbastanza moderati nei
toni, sembrano indubbiamente un po’ fuori tempo massimo? Mah…
forse perché l’ottimo Benedetto, oltre che un fine teologo, è uomo che
ben conosce il mondo e sa che poco o nessun danno può venire alle istituzioni
ecclesiastiche da un papiro frammentario pubblicato nel testo copto in
qualche oscura rivista accademica, mentre se lo si traduce, lo si integra
e lo si distribuisce nelle edicole in abbinamento a un mensile di vasta
diffusione, i rischi che a qualcuno vengano delle idee strane sulle contraddizioni
tra Vangelo e catechismo tendono a crescere in misura esponenziale.
E l’ipotesi Maddalena, naturalmente, non dà fastidio a nessuno finché
è contenuta in oscuri romanzi neogreci o è diffusa nell’ambiente – vasto,
ma limitato – dei cultori della leggenda del Graal, ma quando comincia
a circolare (sia pure in un brutto romanzo) in dieci, venti, trenta milioni
di copie e si parla di farne un film di sicuro successo, le conseguenze
possono essere imprevedibili. Insomma, ciascuno è figlio della propria
storia e non si può aver fatto per un paio di decenni il capo del Santo
Uffizio senza aver assunto in via permanente una certa disposizione di
spirito. Probabilmente né Dan Brown né gli editori del National
Geographical Magazine meritano di essere annoverati tra i ranghi dei seminatori
di scisma e dei maestri del pensiero ereticale, ma questo non è un buon
motivo per non mandarli – almeno metaforicamente – sul rogo. Anche
questo è un problema di consequenzialità logica.
23.04.’06
Nota
L’Antologia critica del sistema delle stelle di Felice Accame (2006) è
pubblicata da Odradek, Roma: di Giuda si parla nel saggio Scissioni a sinistra,
a pagina 57 e ss. Per un primo approccio alla questione Maddalena-Santo
Graal si può vedere, di Margaret Starbird, The Woman with the Alabaster
Jar – Mary Magdalen and the Holy Gral, 1993, tr. it. di Francesca Donatacci,
Maria Maddalena e il santo Graal, Mondadori, Milano, 2005. O teleftéos
pirasmòs di NIkos Kazantzakis è uscito ad Atene, ed. Difros, nel 1955.
Non mi risulta tradotto in italiano.