Ciò che fa parte del gioco

La caccia | Trasmessa il: 12/12/2010


    Ciò che fa parte del gioco

    Dunque, dice l'onorevole Cicchitto che la Procura di Roma, aprendo un'inchiesta sulla compravendita di voti parlamentari attualmente in pieno svolgimento, si è resa colpevole di una “gravissima intromissione nella libera dialettica parlamentare”. È una tesi per sostenere la quale è necessaria una certa dose di faccia tosta, ma, spiace dirlo, qualche ragione il suo sostenitore ce l'ha. Secondo la Costituzione (art. 67), i deputati esercitano la loro funzione “senza obbligo di mandato”, il che vuol dire che sono liberi di cambiare idea quando vogliono e le possibili ipotesi sulle loro motivazioni diventano, a questo punto, abbastanza insignificanti. Non è neanche necessaria la fine distinzione introdotta dall'onorevole Pecorella, secondo cui “la corruzione si dimostra se in cambio il deputato che passa dall'altra parte ottiene soldi, mutui o escort”, ma se la contropartita è politica, “dalla ricandidatura al posto da presidente di commissione fino a quello di sottosegretario” allora “la cosa può non essere commendevole, ma fa parte del gioco”. Di questo gioco, naturalmente, gli onorevoli Cicchitto e Pecorella sono maestri, visto che entrambi sono partiti da posizioni politiche abbastanza lontane da quelle che occupano oggi, e al loro parere non ci si può che inchinare. Certo, gli elettori avranno tutto il diritto di incazzarsi di brutto se qualcuno che hanno mandato in Parlamento perché si opponga a Berlusconi gli voterà la fiducia in extremis (o viceversa), ma non potranno far altro che prendersela con se stessi. Non dovevano eleggerlo. Ed è vero che non gli era possibile fare altrimenti, perché la legge elettorale vigente non ti consente di sceglierti un rappresentante davvero di tua fiducia, ma questo è appunto il problema e finché resterà in vigore questo tipo di normativa non si vede come sia possibile uscirne.
    La questione, comunque, come ripetono tutti, è politica. Politica nel senso che da un Parlamento come il nostro, in cui allignano tanti rappresentanti del popolo infidi, venali, ambiziosi e comunque disposti, per un motivo o per l'altro, a fare mercimonio di sé, ci si può aspettare di tutto. Per questo, comunque andrà a finire il voto di dopodomani, se si risolverà 313 a 314, o 314 a 313, o con un più salomonico 313 pari (che alla Camera equivale a un “no”, mentre al Senato sarebbe un “sì”), il giudizio da dare su questa classe dirigente nel suo complesso non potrà cambiare di molto. Ha dimostrato il proprio valore esprimendo un ceto politico fallimentare, che, per quanto riguarda la maggioranza, ha clamorosamente tradito le promesse fatte al suo elettorato e, per quel che concerne l'opposizione, non ha saputo esprimere uno straccio di ipotesi alternativa su cui chiamare a raccolta i propri sostenitori. Ci ha proposto il quadro desolante di un Parlamento la cui attività principale sembra essere quella dei cambiamenti di fronte, delle congiure di palazzo e del mercato delle opinioni e ha persino il coraggio di pretendere che l'opinione pubblica si appassioni all'esito di un confronto che, comunque vadano le cose, ci lascerà con un governo impossibilitato a governare, un'opposizione incapace di rappresentare un'alternativa qualsiasi e l'unica prospettiva di tornare alle urne secondo un sistema che già per tre volte in quattro anni ha determinato la stessa identica situazione di stallo. Complimenti a tutti, perché per combinare un disastro del genere bisogna essercisi proprio impegnati.
12.12.'10