Cavalli e uniformi

La caccia | Trasmessa il: 05/28/2000



Tanto tempo fa, quando ero un ragazzotto, nelle vie del centro e nei parchi si potevano incontrare i carabinieri a cavallo.  Erano davvero splendidi: avanzavano lenti e solenni in alta uniforme, con il tricorno settecentesco dall’alto pennacchio, la giacca nera filettata di rosso con gli alamari d’argento, l’ampio mantello nero rialzato da un lato sull’elsa della sciabola, i pantaloni neri con la banda rosso fiamma impeccabilmente infilati negli stivali da equitazione… insomma, un vero spettacolo.   Di carabinieri in alta uniforme se ne vedevano anche a piedi (due presidiavano, in piazza del Duomo, l’accesso alla Galleria e un altro paio montava la guardia, se ben ricordo, sotto i portici della Scala), ma quelli a cavallo facevano molta più impressione.  E anche se, operativamente parlando, la loro presenza era affatto superflua, visto che quei bravi militi, a piedi o a cavallo, erano troppo impacciati dalla loro stessa bardatura per rappresentare una vera minaccia per gli eventuali malintenzionati, i cittadini li guardavano con simpatia e non protestavano per le inevitabili conseguenze che le modalità escretorie degli equini comportavano.  Le tradizioni, si sa, sono sempre tradizioni e quelle pattuglie contribuivano, con la loro mise, a dare un tocco di eleganza ai luoghi in cui si esibivano.
        Di carabinieri a cavallo se ne vedono ancora ogni tanto, almeno al parco Sempione e dintorni, ma l’alta uniforme non è più quella di allora: portano, al posto del tricorno, il berretto con la visiera, e hanno, nel complesso, un aspetto molto meno solenne.  In compenso, non sono i soli a caracollare sotto gli alberi.  Da qualche anno, non saprei dirvi da quanti, ci sono, a fargli puntuale concorrenza, anche i poliziotti a cavallo.  Molto meno eleganti, in berretto a visiera, giacca blu, mantellina carta da zucchero e pantaloni in tinta con banda viola, fanno comunque anche loro una certa figura.  Tra l’altro, a significare – suppongo – una maggior attenzione della Polizia di Stato verso il problema delle pari opportunità, si tratta spesso di coppie miste e bisogna ammettere che sciabola e stivaloni, per incongrui che sembrino, alle poliziotte stanno piuttosto bene.  Certo, che cosa ci stiano a fare è davvero difficile dirlo: anche nel loro caso uniforme e mezzo di trasporto non sono esattamente quanto di più funzionale si possa adibire in servizio di ordine pubblico e di tradizioni sette ottocentesche da esibire un corpo moderno come la polizia non ne ha.  Ma suppongo che la loro presenza sia una conseguenza inevitabile di quel curioso parallelismo che caratterizza, nel nostro paese, l’organizzazione della pubblica sicurezza: se i carabinieri mandano in giro delle pattuglie a cavallo, altrettanto deve poter fare la polizia, per la stessa logica in base alla quale a una serie di telefilm polizieschi incentrati su un maresciallo dell’Arma ne deve seguire una in cui eroi ed eroine afferiscano alla squadra mobile di una Questura.
        L’altro giorno, mentre attraversavo il parco in bicicletta, riflettendo – fra una pedalata e l’altra –  sul fatto che anche se il parco è sempre lo stesso e la bicicletta pure, l’interazione tra i due, chissà come mai, sembra ogni anno più faticosa, ho incontrato due vigili urbani a cavallo.  Niente da paragonare, quanto a uniforme, con carabinieri e poliziotti: anzi, con rispetto parlando, avevano un’aria piuttosto squallida, così senza sciabola, senza mantello e senza alamari, con dei semplici camiciotti azzurri a manica corta (gli stessi che indossano, in questa stagione, i loro colleghi appiedati), dei banalissimi pantaloni elasticizzati neri con una banda verde e sul capo, al posto del tradizionale elmetto dei ghisa, un casco emisferico bianco che li faceva sembrare due motociclisti fuori di testa che avessero scambiato il cavallo per la Kawasaki, ma percorrevano lo stesso il vialetto tutti impettiti, dandosi più arie di un manipolo di ulani di Pomerania.  E mi hanno spinto a domandarmi, con sincero stupore, su che cosa ci stessero a fare.  Sul perché mai, con tutte le menate con cui il sindaco ci ha afflitto sul come non ci siano abbastanza vigili a regolare il traffico, qualcuno abbia deciso di distoglierne alcuni da questa funzione essenziale per equipaggiarli, a nostre spese, di stivaloni e quadrupede e mandarli a pavoneggiarsi tra il Castello e l’Arco della Pace.  Tradizioni da rispettare, che io sappia, non ce ne sono e necessità di servizio che raccomandino l’uso della cavalleria meno ancora.  Per pattugliare un parco come il Sempione, peraltro già pattugliatissimo, visto che vi abbondano le auto della polizia e che un tossico su tre ha tutta l’aria dell’agente (o del carabiniere) infiltrato, basta e avanza la bicicletta.  Se l’esigenza è quella di non essere da meno dagli altri corpi concorrenti, be’, allora siamo rovinati.  Finanzieri, polizia penitenziaria, guardie ecologiche e forestali vorranno, quanto prima, i loro reparti equestri.  Per non dire, naturalmente, dei corpi privati cui, in quest’epoca di rifiuto del monopolio statale in qualsiasi campo, non si possono certo imporre assurde e antistoriche discriminazioni.  Con l’aria che tira in Regione non mi stupirei di vedere passar sotto casa, da un giorno all’altro, le ronde delle Camicie Verdi a cavallo.
        Se invece il problema, come suppongo, è semplicemente d’immagine, be’, allora proprio non ci siamo.  L’occhio vuole la sua parte e questa variante di vigili urbani all’occhio non offre – lo ripeto – nulla di bello.  La concorrenza è spietata e alle alti uniformi altrui non si possono contrapporre camiciotti a mezza manica, pantaloni elasticizzati e casco da motociclista.  In un’epoca in cui tutto si gioca sull’apparire, ci vogliono almeno colbacco e mantello e magari quelle giacche con gli alamari e quella specie di spazzole dorate sulle spalle che indossano gli alti dignitari nelle operette.  E uno sciabolone, naturalmente, da non impugnare mai, perché le lame sono pericolose e ci si può tagliare, e non sarebbe bello caricare all’arma bianca contro gli ambulanti abusivi, ma da ostentare comunque con la dovuta disinvoltura.  Delle belle pattuglie di cavalleggeri colorati darebbero un tono al paesaggio e offrirebbero alle famigliole in visita domenicale uno spettacolo più divertente di quello dei soliti pagliacci, mangiafuoco e ingoiatori di spade.  Di pagliacci e di ingoiatori, d’altronde, ce n’è abbondanza altrove.

28.05.’00