Tanto tempo fa, quando ero un ragazzotto,
nelle vie del centro e nei parchi si potevano incontrare i carabinieri
a cavallo. Erano davvero splendidi: avanzavano lenti e solenni in
alta uniforme, con il tricorno settecentesco dall’alto pennacchio, la
giacca nera filettata di rosso con gli alamari d’argento, l’ampio mantello
nero rialzato da un lato sull’elsa della sciabola, i pantaloni neri con
la banda rosso fiamma impeccabilmente infilati negli stivali da equitazione…
insomma, un vero spettacolo. Di carabinieri in alta uniforme se
ne vedevano anche a piedi (due presidiavano, in piazza del Duomo, l’accesso
alla Galleria e un altro paio montava la guardia, se ben ricordo, sotto
i portici della Scala), ma quelli a cavallo facevano molta più impressione.
E anche se, operativamente parlando, la loro presenza era affatto
superflua, visto che quei bravi militi, a piedi o a cavallo, erano troppo
impacciati dalla loro stessa bardatura per rappresentare una vera minaccia
per gli eventuali malintenzionati, i cittadini li guardavano con simpatia
e non protestavano per le inevitabili conseguenze che le modalità escretorie
degli equini comportavano. Le tradizioni, si sa, sono sempre tradizioni
e quelle pattuglie contribuivano, con la loro mise, a dare un tocco di
eleganza ai luoghi in cui si esibivano.
Di
carabinieri a cavallo se ne vedono ancora ogni tanto, almeno al parco Sempione
e dintorni, ma l’alta uniforme non è più quella di allora: portano, al
posto del tricorno, il berretto con la visiera, e hanno, nel complesso,
un aspetto molto meno solenne. In compenso, non sono i soli a caracollare
sotto gli alberi. Da qualche anno, non saprei dirvi da quanti, ci
sono, a fargli puntuale concorrenza, anche i poliziotti a cavallo. Molto
meno eleganti, in berretto a visiera, giacca blu, mantellina carta da zucchero
e pantaloni in tinta con banda viola, fanno comunque anche loro una certa
figura. Tra l’altro, a significare – suppongo – una maggior attenzione
della Polizia di Stato verso il problema delle pari opportunità, si tratta
spesso di coppie miste e bisogna ammettere che sciabola e stivaloni, per
incongrui che sembrino, alle poliziotte stanno piuttosto bene. Certo,
che cosa ci stiano a fare è davvero difficile dirlo: anche nel loro caso
uniforme e mezzo di trasporto non sono esattamente quanto di più funzionale
si possa adibire in servizio di ordine pubblico e di tradizioni sette ottocentesche
da esibire un corpo moderno come la polizia non ne ha. Ma suppongo
che la loro presenza sia una conseguenza inevitabile di quel curioso parallelismo
che caratterizza, nel nostro paese, l’organizzazione della pubblica sicurezza:
se i carabinieri mandano in giro delle pattuglie a cavallo, altrettanto
deve poter fare la polizia, per la stessa logica in base alla quale a una
serie di telefilm polizieschi incentrati su un maresciallo dell’Arma ne
deve seguire una in cui eroi ed eroine afferiscano alla squadra mobile
di una Questura.
L’altro
giorno, mentre attraversavo il parco in bicicletta, riflettendo – fra
una pedalata e l’altra – sul fatto che anche se il parco è sempre
lo stesso e la bicicletta pure, l’interazione tra i due, chissà come mai,
sembra ogni anno più faticosa, ho incontrato due vigili urbani a cavallo.
Niente da paragonare, quanto a uniforme, con carabinieri e poliziotti:
anzi, con rispetto parlando, avevano un’aria piuttosto squallida, così
senza sciabola, senza mantello e senza alamari, con dei semplici camiciotti
azzurri a manica corta (gli stessi che indossano, in questa stagione, i
loro colleghi appiedati), dei banalissimi pantaloni elasticizzati neri
con una banda verde e sul capo, al posto del tradizionale elmetto dei ghisa,
un casco emisferico bianco che li faceva sembrare due motociclisti fuori
di testa che avessero scambiato il cavallo per la Kawasaki, ma percorrevano
lo stesso il vialetto tutti impettiti, dandosi più arie di un manipolo
di ulani di Pomerania. E mi hanno spinto a domandarmi, con sincero
stupore, su che cosa ci stessero a fare. Sul perché mai, con tutte
le menate con cui il sindaco ci ha afflitto sul come non ci siano abbastanza
vigili a regolare il traffico, qualcuno abbia deciso di distoglierne alcuni
da questa funzione essenziale per equipaggiarli, a nostre spese, di stivaloni
e quadrupede e mandarli a pavoneggiarsi tra il Castello e l’Arco della
Pace. Tradizioni da rispettare, che io sappia, non ce ne sono e necessità
di servizio che raccomandino l’uso della cavalleria meno ancora. Per
pattugliare un parco come il Sempione, peraltro già pattugliatissimo, visto
che vi abbondano le auto della polizia e che un tossico su tre ha tutta
l’aria dell’agente (o del carabiniere) infiltrato, basta e avanza la
bicicletta. Se l’esigenza è quella di non essere da meno dagli altri
corpi concorrenti, be’, allora siamo rovinati. Finanzieri, polizia
penitenziaria, guardie ecologiche e forestali vorranno, quanto prima, i
loro reparti equestri. Per non dire, naturalmente, dei corpi privati
cui, in quest’epoca di rifiuto del monopolio statale in qualsiasi campo,
non si possono certo imporre assurde e antistoriche discriminazioni. Con
l’aria che tira in Regione non mi stupirei di vedere passar sotto casa,
da un giorno all’altro, le ronde delle Camicie Verdi a cavallo.
Se
invece il problema, come suppongo, è semplicemente d’immagine, be’, allora
proprio non ci siamo. L’occhio vuole la sua parte e questa variante
di vigili urbani all’occhio non offre – lo ripeto – nulla di bello.
La concorrenza è spietata e alle alti uniformi altrui non si possono
contrapporre camiciotti a mezza manica, pantaloni elasticizzati e casco
da motociclista. In un’epoca in cui tutto si gioca sull’apparire,
ci vogliono almeno colbacco e mantello e magari quelle giacche con gli
alamari e quella specie di spazzole dorate sulle spalle che indossano gli
alti dignitari nelle operette. E uno sciabolone, naturalmente, da
non impugnare mai, perché le lame sono pericolose e ci si può tagliare,
e non sarebbe bello caricare all’arma bianca contro gli ambulanti abusivi,
ma da ostentare comunque con la dovuta disinvoltura. Delle belle
pattuglie di cavalleggeri colorati darebbero un tono al paesaggio e offrirebbero
alle famigliole in visita domenicale uno spettacolo più divertente di quello
dei soliti pagliacci, mangiafuoco e ingoiatori di spade. Di pagliacci
e di ingoiatori, d’altronde, ce n’è abbondanza altrove.
28.05.’00