Non ho ancora visto le liste approntate
dalle principali forze politiche per le elezioni europee e vi confesso
che sono davvero preoccupato. Non perché mi tormentino i dubbi su
quella a cui dare il mio voto: avrete capito anche voi che, da qualche
tempo, da problemi di questo genere non mi lascio affliggere più che tanto.
E nemmeno perché mi angosci il pensiero dei nostri futuri rappresentanti
al Parlamento di Strasburgo: se è vero che, a giudicare dai nomi che si
sono sentiti in giro, qualche preoccupazione sarebbe più che legittima,
è anche vero che quel Parlamento ha il non trascurabile pregio di contare
ben poco, per cui chiunque ci vada non potrà fare, in definitiva, gran
danno. Ma tra i possibili candidati ce n’è uno che mi dispiacerebbe
proprio mancasse al nastro di partenza e finché non saprò se ce l’ha fatta
o meno a entrare in lista non credo proprio che riuscirò a dormire in pace.
Ora,
non so se le severe norme sulla par condicio e la propaganda elettorale
mi permettano o meno di farvene il nome. Per fortuna, in questo momento,
non me lo ricordo neanche con esattezza: il tipo dovrebbe chiamarsi Pirata,
o Corsaro, o Predone, o qualcosa del genere, un cognome che, a prima vista,
sembrerebbe inadatto a chi aspiri a un ruolo pubblico, ma che a quanto
pare non gli ha impedito, anni fa, di conquistare un seggio in Regione
e di entrare, anzi, nella relativa giunta e poi nessuno è responsabile
del cognome che porta. Si tratta, in sostanza, di quell’ometto di
Alleanza Nazionale che da quasi un mese – dall’indomani del mancato referendum
sul maggioritario, in effetti – ha ricoperto i tabelloni elettorali, le
palizzate dei cantieri, i muri di cinta, i cassonetti della rumenta e quante
altre superfici verticali fossero disponibili con i manifesti raffiguranti
la sua effigie e l’invito a mandarlo a Strasburgo.
Be’,
che volete che vi dica: non intendo certo raccomandarvi di eleggerlo o
di non eleggerlo, ci mancherebbe altro, ma spero proprio che a entrare
in lista quel tipo ci sia riuscito. Sarebbe, in caso contrario, uno
spreco terribile di energia e di preveggenza. Pensate: un mese fa
non c’erano candidature, non c’erano liste, non c’erano neanche le elezioni,
nel senso che non le aveva ancora indette nessuno, e lui aveva già pronti
i manifesti. I manifesti con la sua bella faccetta tonda a colori,
il suo bel gioco di parole sul cognome (sì, adesso mi ricordo qual è, ma
non ve lo dico lo stesso) e il suo bravo invito agli elettori. Non
aveva potuto prevedere tutto, naturalmente: il simbolo del partito, per
esempio, era ed è clamorosamente sbagliato, visto che un mese fa nessuno
avrebbe potuto immaginare che il prossimo 13 giugno alla minifiamma di
AN sarebbe stato sovrapposto il minielefante del “patto Segni”. Ma
visto che il connubio tra postfascisti e pattisti è una di quelle mosse
che sfidano l’immaginazione più ardita (anche se chi conosce l’on. Masi
qualche sospetto avrebbe potuto averlo) di questo non gli si può proprio
fare colpa.
Sì,
lo so, voi verreste farmi notare che non sapere neanche con chi si alleerà
il proprio partito non è il segno distintivo di un alto stratega della
politica. E che affiggere dei manifesti in anticipo, e fuori dagli
appositi spazi, è un reato. E che definirsi candidato quando non
lo si è, in sostanza, è una bugia. Ma che volete che contino questi
insignificanti particolari di fronte allo spirito d’iniziativa? Sono
difetti leggeri, peccati veniali, licenze poetiche. Il principio
cui si è attenuto il nostro aspirante candidato è stato quello di sbattersene
delle regole, mettere gomiti e piedi in tutti i piatti possibili e autodichiararsi
per quello che aveva deciso di voler essere, nella serena consapevolezza
che in una società scombinata come la nostra è la notizia che crea il fatto,
non viceversa. E queste sono cose che fanno tutti, tanto è vero che
dopo di lui le hanno fatte in tanti, in tantissimi, come potrete constatare
voi stessi dandovi un’occhiata attorno e tenendo conto del fatto che oggi,
domenica 9 maggio, la campagna elettorale non dovrebbe essere neanche
aperta. Ma lui è stato il primo, e un po’ di merito glielo dovremo
ben riconoscere, no? I primati sono sempre primati, in tutti i sensi.
09.05.’99