Camere e telecamere

La caccia | Trasmessa il: 10/23/2005



Probabilmente ha fatto bene Santoro a lasciare il parlamento europeo per tornare in televisione.  I deputati di Strasburgo, si sa, non traggono dalla carica grandissime soddisfazioni, a parte lo stipendio e i relativi fringe benefits: la loro assemblea sarà anche un organo di alta autorevolezza, ma è dotato di poteri così scarsi ed esercita delle funzioni così evanescenti che se incappasse in una faglia spaziotemporale, come in un vecchio romanzo di fantascienza, e sparisse dal nostro continuum, se ne accorgerebbero in pochi.  L’Unione Europea è una gran bella cosa, ma non è una istituzione particolarmente democratica, nel senso che trae la sua legittimità dal consenso dei governi e non da quello dei cittadini e di un parlamento, in definitiva, non ha un assoluto bisogno.

        La televisione, in Italia, è tutta altra cosa.  Dopo anni e anni di confusione tra il concetto di rappresentanza e quello di audience, i cittadini hanno, in materia, le idee irrimediabilmente confuse.  Gli operatori dell’informazione, così, hanno preso l’abitudine di trattare i fatti mediatici come notizie di prima importanza (l’altro ieri i giornali parlavano più di Celentano che della devolution) e se questo sa un po’ di autoreferenzialità, tanto peggio per tutti.  Gli stessi rappresentanti del popolo mostrano di avere ben chiaro il senso delle priorità, tanto è vero che, nel caso di votazioni importanti, sono disposti a traccheggiare per ore e ore in attesa che, giunta l’ora dei telegiornali, scatti il momento della diretta.   Né sarà certo io a dovervi spiegare l’importanza dei vari talk shows politici nella “costituzione materiale” vigente: è lì che risiede il potere, nel senso che è lì e non altrove che i potenti vanno ad annunciare le proprie decisioni e  a renderle esecutive ed è lì che i loro oppositori cercano – se ci riescono – di contrastarli.   Con gli anni, com’è noto, si è stabilito nel paese una specie di bi- (o tri-) cameralismo imperfetto, per cui se le personalità governative presenti o future hanno la loro sede elettiva in “Porta a porta” (avrete notato anche voi che Prodi, lunedì scorso, vi ci si muoveva piuttosto a suo agio), l’opposizione, purché politicamente corretta e capace di stare al suo posto, può rifarsi con “Ballarò”, dove non a caso dà il meglio di sé il pio Fassino.  Lo schema, in realtà, è più sofisticato e concede all’utente persino qualche ragionevole alternativa, con la possibilità di ricorrere a servizi di nicchia, tipo quelli offerti dai vari Gad Lerner e Ferrara, o di sfruttare la presenza ubiquitaria di battitori liberi alla Bertinotti.   La ricomparsa periodica di Celentano, che di solito non dà peso alle quisquilie correnti, ma mira in alto, denunciando, con toni che meglio si addirebbero ai profeti Ezechiele e Geremia, il crollo imminente dei grandi Valori con la maiuscola, non contribuirà forse molto al dibattito, visto che quando si parla solo dei massimi sistemi è difficile venire al sodo, ma imprime su tutto il sistema una certa aura di trasgressiva e tranquillizzante sacralità.  Ed è chiaro che ad altro i cittadini utenti non possono aspirare.

        Non saprei dirvi, ovviamente, quale ruolo sia riservato al redivivo Santoro in questo complesso sistema.  Avrete notato che la sua presenza sugli schermi, giovedì, ha permesso al conduttore di essere, per una volta, più diretto, più schierato, un filino più politico e meno profetico, ma questa è una conseguenza del ruolo che l’ospite era venuto a interpretare, che è poi lo stesso che ha interpretato per un anno a Strasburgo: quello del testimonial dell’altrui prepotenza, dell’escluso, della vittima.  E non si può, naturalmente, fare la vittima a vita.  A nessuno di noi è dato sapere quali trattative siano intercorse, quali promesse siano state scambiate, quali prezzi pagati, ma il solo fatto che gli sia stato concesso di rimettere piede in televisione (un’impresa sulla quale, in quattro anni, si erano scornati parecchi) dimostra che le cose stanno cambiando e che un nuovo equilibrio politico è dato per altamente probabile.  E nuovi equilibri politici presuppongono nuovi potenti, che non è detto (tanto per fare un’ipotesi) che debbano accontentarsi di “Porta a porta”, “Ballarò” e compagnia bella, ma possono aver bisogno di nuovi contenitori celebrativi e di nuovi celebratori in diretta.  Nel qual caso, forse, all’ottimo Michele sarebbe convenuto restare a Strasburgo.

23.10.’05