Buone letture

La caccia | Trasmessa il: 05/29/2011


    Sul “Corriere della sera” di martedì, Niccolò Ammaniti riferisce di aver fatto uno di quegli incontri cui chiunque goda fama di essere, come si dice, uomo di lettere non può sperare mai di sottrarsi: quello, in casa di amici, con il classico padre bisognoso di indicazioni bibliografiche per il figlio adolescente. Il giovanotto ha tredici anni e neanche con la dinamite lo si riesce a staccare dal computer: onde la necessità di farsi consigliare un titolo capace di avvincerne l'attenzione fin dalla prima pagina, in modo di trascinarlo suo malgrado verso i paradisi della carta stampata.
    In casi come questi, naturalmente, la prima domanda da porsi dovrebbe riguardare l'uso che il giovane riottoso fa del computer, perché una cosa è se lo utilizza per raccogliere spunti e dati per una tesina sulla poesia provenzale minore e un'altra se si limita a saltare compulsivamente da un video game a un sito porno. Tuttavia, nessuno dei personaggi del dialogo si pone il problema. Entrambi danno per scontato che il Libro sia l'Oggetto Culturale per eccellenza e che la sua frequentazione non possa fare che del bene. A nessuno dei due salta in mente che possono esistere dei libri che nessun padre vedrebbe volentieri per le mani del figlio tredicenne. Si sta parlando di consigli autorevoli e questo, naturalmente, limita il campo. Ammaniti ha fatto parte, in gioventù, della confraternita dei cosiddetti “cannibali”, ma con il tempo la sua dieta si è fatta meno cruenta e indicazioni sconvenienti a un padre preoccupato non ne darebbe di certo. Per cui si ingegna a rispondere, senza ribattere neanche che pretendere un orientamento del genere è un po' uno scherzo da prete (o, se preferite, un azzardo), visto che per scegliere una lettura capace di affascinare questo o quello bisogna, per lo meno, conoscere bene il soggetto e poi servono criteriologie e competenze che il semplice fatto di essere uno scrittore non assicura di certo, per cui nulla garantisce che la scelta, quando ci si arrivi, abbia una sua profittevole logica. Consigliare un libro, da questo punto di vista, è impresa impegnativa e compromettente, cui non è il caso di accingersi a cuor leggero. Io, che, con un poco di buona volontà, potrei essere definito talvolta un critico, confesso di provare non poco imbarazzo quando qualcuno mi chiede il titolo di un giallo da regalare a sua suocera per Natale. Che ne so io di sua suocera e delle sue preferenze? E come posso azzardare un consiglio senza saperlo? Io i gialli li recensisco, che è tutta un'altra cosa.
    Anche Ammanniti, si licet, deve avere qualche dubbio del genere, perché sceglie risolutamente la via della minima resistenza. In questi casi, scrive, “se la cava” con il buon Robert Louis Stevenson. Consiglia L'isola del tesoro se il ragazzino “ha un rapporto avventuroso con l'esistenza” e Il Dottor Jekyll e Mister Hyde se “è un tipo tenebroso e introverso” e fin qui se la cava davvero con poco. Nei casi di giovanetti un po' sfigati, che non frequentano ragazze e sono autentiche schiappe sui campi sportivi, cambia autore e raccomanda Il conte di Montecristo, per far capire, suppongo, che chiunque, per quanto in basso si trovi, ce la può fare, anche se questo significa un po' sottovalutare quel capolavoro del genere feuilletton e trascura, comunque, il fatto che per fare la carriera di Edmond Dantes bisogna avere, oltre a una sfiga pazzesca prima, parecchio culo poi. Certo, Il conte di Montecristo non è un libro per ragazzi, ma non lo è neppure Il Dottor Jekyll e Mister Hyde. In quella specifica categoria lui ha sempre amato soprattutto le avventure animalesche di Jack London, Zanna bianca, Il richiamo della foresta, quella roba lì. E il libro che gli è piaciuto veramente, che ha segnato – fino a un certo punto – la sua giovane vita, quello che si sente di raccomandare senza riserva a tutti, avventurosi, introversi o sfigati che siano, è La collina dei conigli di Richard Adams.
    Qui dovremmo fermarci, perché io La collina dei conigli non l'ho letto. È un romanzo – mi dicono – del 1972, in cui si racconta, appunto, di come certi conigli scampati ai cacciatori colonizzino un tratto di campagna inglese: Ammaniti vede nella loro storia qualcosa “di biblico e di epico … a metà strada tra l'esodo degli ebrei dall'Egitto e la fuga di Enea da Troia”, una celebrazione del coraggio e della capacità di affrontare l'ignoto e avrà senz'altro ragione. Jack London invece, è uno dei “miei” autori, anche se ai suoi animali antropizzati (che Ammaniti non considera tali) ho sempre preferito i protagonisti umani, tipo Radiosa Aurora, Martin Eden o il Lupo dei Mari, e forse qualcosa di suo mi spingerei a consigliarlo anch'io. Comunque, non so proprio cosa i suoi libri potrebbero dire a un ragazzo di oggi e un mio eventuale consiglio deriverebbe soltanto dal fatto che quell'autore, in definitiva, a me piace: che è esattamente il criterio cui si attiene Niccolò Ammaniti. E qui sta il busillis, perché tutti, naturalmente, pensiamo che sarebbe un bene se gli altri somigliassero a noi, ma nessuno può seriamente pensare che un mondo perfetto sarebbe quello composto esclusivamente da copie di sé. Ciascuno ha, o dovrebbe avere, i suoi gusti e chi sono io per imporre, o semplicemente consigliare i miei? Al padre ansioso potrei raccontare, senz'altro, che, all'età di suo figlio, ero affascinato dai romanzi di Jack London, ma mi divertivo molto con P.G. Wodehouse, non avevo ancora cessato di leggere Salgari, avevo appena scoperto Agatha Christie, adoravo I tre moschettieri e mi ero persino accinto – sia pure con mediocre successo – a dipanare la trama di Guerra e pace, ma che qualcuno di questi autori possa servire a strappare il suo figliolo al fascino pericoloso della comunicazione elettronica proprio non saprei garantirglielo. Gli faccia leggere un po' quello che vuole e se proprio non trova niente che sembri fare per lui, lo lasci pure tranquillo al computer. Al ginnasio, tra un paio d'anni, gli faranno leggere I promessi sposi e può darsi, ancorché sia improbabile, che la scintilla scocchi allora. Al mondo sono successe anche cose più strane.
    In realtà, la pratica della lettura è altamente raccomandabile e non solo per i piaceri che ci dispensa. La tecnologia della pagina scritta è, per così dire, meno avvolgente di quella elettronica: lascia al fruitore un suo spazio da riempire, richiede un maggiore intervento da parte sua, offre molte più occasioni di sviluppare un pensiero creativo. Ma il suo universo è un universo di libertà e di imprevidibilità assolute. Vi ci si muove un po' a caso, lungo le piste malamente tracciate dei generi letterari e degli autori riconosciuti, schivando qui un obbligo e lì un divieto, prestando o negando ascolto a raccomandazioni più o meno interessate, in attesa che un incontro fortuito ti illumini quel tanto che ti permetta di programmare il prossimo e stabilire un percorso tuo. Un innesco universale, un libro o un autore che immancabilmente faccia scattare il meccanismo per tutti probabilmente non esiste, nonostante le tenaci illusioni in proposito di genitori e docenti. Ciascuno deve trovare la sua personale collina dei conigli e ringraziare gli dei quando la trova.
    Poi ci sono le sirene, la cui voce si leva anche e soprattutto dai libri. Ammaniti racconta di aver un po' trascurato le imprese dei suoi diletti conigli quando gli capitò sotto mano una copia del Delta di Venere di Anaïs Nin. Sirene di quel tipo, va detto, si trovano, in gran copia, anche nel web. Ma su carta, ho sempre pensato, sono tutt'altra cosa.

    29.05.'11