Bei gesti

La caccia | Trasmessa il: 10/30/2011


    Bei gesti

    Non ha avuto, tutto sommato, una grande eco mediatica il gesto del generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell'aviazione militare, che, indignato per le risatine irriguardose che il presidente Sarkozy aveva indirizzato a Berlusconi nel corso dell'ormai famosa conferenza stampa di domenica scorsa, ha restituito all'ambasciatore francese l'onorificenza della Legion d'Onore, di cui si fregiava dal 2001. Non ne hanno riferito in molti ed è, da un certo punto di vista, un peccato, perché è stato un bel gesto, anzi un beau geste, di quelli che rimandano a sensibilità e reazioni di un tempo passato. Oggi le onorificenze non sono più appetite come una volta, preferendo i più vedere compensati i propri meriti con incarichi politici o prebende in denaro, ma la propensione a privarsene non è particolarmente cresciuta: tutti si tengono ben stretto quanto gli è stato dato e ci vuol altro che un gesto di scortesia verso il capo del governo per fargli mollare il bottino. È vero che quel nastrino Tricarico l'aveva ricevuto in riconoscimento del suo ruolo di responsabile delle azioni aeree durante la guerra del Kosovo, e che di una simile attestazione sarebbe più giusto vergognarsi che menar vanto, ma probabilmente il nostro generale non la pensava così e la rinuncia un po' gli sarà costata. Onore al merito, dunque.
    D'altro canto, il gesto ci permette di individuare una contraddizione più sottile e forse più interessante. Per restituire la Legion d'Onore bisogna averla, a suo tempo, accettata. Bisogna, cioè, aver avuto una ben diversa opinione della Francia e dei suoi governanti di quella che oggi si manifesta. La provocazione, va detto, non era stata poi quel granché: una risatina, forse un sorriso, che in mille modi avrebbe potuto venire spiegato che non con la volontà di irrisione. Tricarico e tutti quelli che, pur senza restituire alcunché, si sono parimenti adontati hanno dimostrato una sensibilità molto accentuata: una propensione veramente notevole a scivolare dalla francofilia al misogallismo. Un vero amico della Francia su quella risatina avrebbe riflettuto e l'avrebbe – forse – perdonata. Un autentico antifrancese la Legion d'Onore non l'avrebbe accettata neanche dieci anni fa. E poi, a sorridere domenica erano in due e, più in generale, tutti i capi di governo europei su Berlusconi ne hanno detto, in varie occasioni, di ogni: perché prendersela solo o soprattutto con Sarkozy, come hanno fatto oltre al generale Tricarico, pressoché tutti i commentatori italiani? Quando Michelle Obama, tre anni fa, si rifiutò abbastanza platealmente, di baciarlo (di baciare Berlusconi, dico), nessuno si scagliò contro gli Stati Uniti o propose la restituzione degli aiuti del piano Marshall.
    Con i francesi, evidentemente, c'è un problema particolare. Nei loro confronti vige una specie di ipersensibilità. Potremmo parlare, volendo, di una sindrome del De La Motte, dal nome di quel cavaliere del XVI secolo, che, pronunciandosi irriguardosamente nei confronti dei suoi alleati italiani durante la guerra per il Regno di Napoli, provocò quella celebre disfida a Barletta, così infaustamente rievocata da Massimo D'Azeglio in uno dei peggiori romanzi storici dell'intero Ottocento. Non c'è scampo: a quel che dicono di noi i cugini di Oltralpe siamo sempre sensibili, acutamente sensibili. Dei tedeschi e simile cruccheria non ci interessa più di tanto, inglesi e americani vanno più compatiti che criticati, spagnoli e russi non contano, ma alle critiche dei francesi siamo sempre pronti a reagire. Non ci sembra mai che ci rispettino abbastanza. In fondo, secondo la volgata popolare, siamo stati noi a insegnargli tutto: la loro cultura deriva in gran parte dalla nostra, il loro Grand Siècle non sarebbe esistito senza il Rinascimento e persino la cucina francese discende da quella importata a Parigi dai cuochi italiani al seguito di Caterina de' Medici (questo, almeno, secondo la tradizione nostrana: i francesi tendono piuttosto a sottolineare che al seguito di quella formidabile donna nel loro paese furono introdotte le malattie veneree. Ma asteniamoci pure da simili pettegolezzi).
    Sto scherzando, naturalmente. In fondo è ovvio che si litighi più spesso con coloro cui si è più vicini e la Francia, Caterina de' Medici a parte, è stata per secoli il modello civile e culturale delle classi dirigenti italiane. E non solo: è stato grazie all'aiuto francese che l'Italia ha raggiunto l'Unità, perché durante il Risorgimento gli inglesi sono stati prodighi soprattutto di belle parole, mentre Napoleone III ha mandato i suoi soldati a farsi massacrare a Magenta e a Solferino (e va be' che erano in buona parte algerini) e certe cose hanno la loro importanza. Eppure l'Italia si è alleata due volte alla Germania in funzione antifrancese, tanto in età liberale quanto sotto il regime fascista, e da quando esiste l'Unione Europea nelle contese interne tifa più spesso per Berlino che per Parigi. La gratitudine non figura, evidentemente, tra le nostre doti nazionali.
    Il fatto è che i francesi sono più ricchi e più civili di noi, non foss'altro perché hanno compiuto da due secoli quella rivoluzione che la nostra pavida borghesia, eternamente sottomessa al clero, non ha mai avuto nemmeno il coraggio di cominciare. Non dispongono, però, della potenza economica della Germania né dello strapotere militare e politico degli Stati Uniti: nella loro grandeur c'è un che di velleitario che non sfugge all'occhio invidioso della concorrenza. Con loro, in ultima analisi, è più facile prendersela e meno facile accettare lezioni, specie se meritate.
    Si potrebbe continuare a lungo, ma forse non ne vale la pena. Nella società globalizzata certe generalizzazioni non valgono più come una volta. E poi Sarkozy non rappresenta la Francia più di quanto Berlusconi rappresenti l'Italia. Entrambi si collocano al livello più basso dei rispettivi ceti politici e si potrebbe lasciarli tranquillamente a scambiarsi sorrisini e frecciate senza tirare in ballo la storia e le prospettive dei rapporti tra due popoli che, tutto sommato, hanno più cose in comune di quanto amino ammettere. Ma capirete, i bei gesti sono sempre bei gesti. A tutti piacerebbe avere una Legion d'Onore, se non altro per poterla restituire.
30.10.'11