Avvocato di difesa | Michael Connelly

Gialloliva | Trasmessa il: 04/07/2008


    Agli appassionati in spasmodica attesa dell'ultima avventura dell'investigatore Harry Bosch (si intitola Echo Park e se ne dicono meraviglie), viene proposto, per ora, un Connelly di tre anni fa, con un personaggio inedito: Mickey Haller, “l'avvocato della Lincoln”, come suona il titolo originale, ben più incisivo dello scialbo Avvocato di difesa con cui i responsabili della Piemme, evidentemente dubbiosi sul fatto che i lettori italiani sappiano che cosa è una Lincoln, hanno creduto di potersela cavare. Niente di male, naturalmente: l'attesa fortifica e Connelly è sempre Connelly, anche se questo romanzo si inscrive più nell'elenco delle prove di bravura che in quello dei capolavori assoluti.
    Mickey Haller è “l'avvocato della Lincoln” nel senso che è a bordo di un macchinone di quel modello che batte la contea di Los Angeles, da un tribunale di distretto all'altro, alla ricerca di nuovi clienti. Non è, si capisce, un principe del foro né un paladino della giustizia: è uno di quei difensori che preferiscono non porsi troppe domande sulle responsabilità dei suoi assistiti e che, per farli assolvere, contano soprattutto sui cavilli e sulle scappatoie legali. Quanto alla clientela che riesce a mettere insieme, si colloca, per così dire, ai piani bassi della devianza: piccoli criminali, truffatori da pochi soldi, spacciatori, prostitute... A lui vanno bene tutti, purché possano pagare in contanti. Finché un giorno non si lascia incastrare da uno più furbo di lui e il caso di un ricco playboy accusato di aggressione, invece della miniera d'oro che sembrava all'inizio, si rivela una trappola micidiale, per uscire dalla quale il nostro eroe dovrà dar prova di insospettate (e insospettabili) capacità.
    Una prova di bravura, vi dicevo. Non solo per l'ingegnosità della trama, ma per l'insolito mix di sottogeneri che il romanzo realizza, alternando passaggi di azione in puro stile hard boiled, momenti di riflessione piuttosto sul nero e lunghe scene di dibattito in corte, come in ogni giallo giudiziario che si rispetti. Non temiate, tuttavia, di avere a che fare con l'ennesimo erede di Perry Mason (o di John Grisham): il protagonista è chiaramente un bastardo, ma un bastardo abbastanza simpatico, anzi, quando lo si vede sotto pressione, costretto a inventarne di ogni per salvare dalla catastrofe se stesso e la propria, scombinatissima famiglia, si comincia a sospettare che sia meno bastardo di quanto sembra. Il sospetto è destinato a restare tale, perché la conclusione non è risolutiva in merito, ma queste sono le regole del gioco e, del resto, non si può negare che il finale sia imprevedibile e d'altissima scuola. Che è quanto ci vuole per salvare un'opera, nel complesso, un po' disuguale e abbastanza artificiosa. Ma Connelly, come Omero, anche quando dormicchia fa dei sogni piuttosto graziosi...
07.04.'08
Michael Connelly, Avvocato di difesa (The Lincoln Lawyer, 2005), tr. it. di Stefano Tettamanti e Patrizia Traverso, Piemme, pp. 431, € 19,90