Uno dei motivi per cui, come saprete,
non nutro una simpatia particolare per il giallo storico, è che di solito
gli esemplari di questo troppo fortunato sottogenere si fondano su una
serie di anacronismi. L’atteggiamento della società verso i fatti
di sangue e gli altri delitti, ovviamente, cambia da un’epoca all’altra
e non si combina nulla di buono supponendo che nell’antica Roma, nel Medioevo
germanico e nella Venezia dei secoli d’oro esistessero delle istituzioni
paragonabili, all’ingrosso, alla polizia e alla magistratura inquirente
come le conosciamo noi. Quei corpi sono creazioni di era napoleonica
e, anzi, è proprio in seguito alla loro invenzione, come ho avuto modo
di sostenere in altra sede, che è stato inventato il giallo come genere
letterario. Per cui, anche se in narrativa il rispetto della verosimiglianza
storica non è obbligatorio, sarà meglio – di regola – astenersi dalle
vicende ambientate prima del XIX secolo.
Tutte
le regole, tuttavia, hanno le loro eccezioni. Margaret Doody, per
esempio, conosce il mondo classico quanto basta per ambientarvi delle impeccabili
storie di mistero senza stravolgere il sistema dei valori, delle procedure
e delle aspettative sociali dell’epoca. È nata, d’altronde, come
filologa, anche se le sue tesi sull’origine ellenistica del romanzo
sono meno originali di quanto sostenga il risvolto, e conosce l’Atene
del IV secolo a.C. non meno del nativo Canada (un paese, sia detto tra
parentesi, in cui nessuno finora è riuscito ad ambientare un giallo decente).
Nei suoi romanzi, si sa, il ruolo dell’investigatore è delegato
al grande Aristotele in persona, il che non scandalizzerà, naturalmente,
nessuno e si spiega con i rapporti che legano lo Stagirita alla storia
del pensiero deduttivo. Certo, qualcuno potrà sostenere che gli interessi
didattici dell’autrice si fanno sentire un po’ troppo e che alle sue
storie un po’ nuoce l’eccesso di erudizione antiquaria, ma questo, date
le premesse, è abbastanza inevitabile. Con questo Aristotele e i
Misteri di Eleusi, così, ci si può fare una discreta cultura, oltre che
sullo svolgimento e il significato dei celebri riti iniziatici cui si riferisce
il titolo, sulle usanze sociali, matrimoniali, conviviali e giudiziarie
degli Ateniesi di età tardo classica, senza per questo rinunciare a seguire
gli appassionanti casi del giovane Stefanos (come lo scrive la traduttrice
italiana), che, proprio alla vigilia delle nozze, viene coinvolto per caso
nell’attività di una banda di svaligiatori di case e ha il suo bel daffare
per tirarsi fuori dai guai relativi, che comprendono, ovviamente, un paio
di efferati omicidi. Per fortuna che c’è Aristotele, debitamente
coauduviato da Teofrasto, Demetrio Falereo e altri qualificati
studiosi del Peritato, e per fortuna che le regole del giallo, storico
o no, prevedono il lieto fine, se no sarebbero, per usare una terminologia
filosofica, cavoli amarissimi. Chi non cerca la suspense a ogni costo,
ha un sufficiente interesse per il mondo classico ed è abbastanza tollerante
per non incazzarsi troppo di fronte all’incostanza e all’arbitrarietà
delle traslitterazioni italiane dei nomi antichi potrà trarre non poco
diletto da questo quinto romanzo della scrittrice canadese. Gli
altri, forse, faranno meglio a cambiare romanzo.
29.03.’06
Margaret Doody, Aristotele e i Misteri di Eleusi (Mysteries of Eleusis), tr. it. di Rosalia Coci, "La memoria" – Sellerio, pp. 663, € 15,00