Aristotele e i delitti d'Egitto | Margaret Doody

Gialloliva | Trasmessa il: 02/07/2011


    Mi sembra che il giallo storico stia passando di moda e, se mi seguite da un po', non vi stupirete apprendendo che la cosa non mi dispiace più di tanto. Tutti sono liberi di ambientare storie di delitti e misteri nellk'epoca che preferiscono, ma quanto a pretendere che si tratti di gialli, be', è tutta un'altra cosa. Il giallo ha certe regole e certe convenzioni cui sottostare, prima di tutte quelle che riguardano la dialettica tra investigatore e polizia e se all'epoca la polizia non è stata ancora inventata nella trama c'è sempre qualcosa che non funziona. Per ben che vada, l'autore finisce con l'ambientare nel passato delle storie moderne, approfittandone,magari, per richiamare in vita quegli stereotipi del romanzo d'indagine che non avrebbe il coraggio di utilizzare in un contesto contemporaneo. E per fare funzionare un meccanismo del genere bisogna essere davvero bravi, più bravi di quanti, solitamente, ci provano.
    Ciò premesso, ci sono anche le eccezioni. Autori che riescono a far muovere i loro personaggi senza farli stridere con il genere e con l'ambiente. Che sanno raccontare come effettivamente si svolgevano le indagini criminali, quando le si svolgevano, nella Cina dei T'ang, nell'antica Roma, nel Medioevo o nell'età della pietra. Tra costoro, personalmente, ho sempre avuto un debole per Margaret Doody, canadese, studiosa dell'antichità classica (ha pubblicato un ponderoso volume sulle forme narrative in età ellenistica e imperiale, che da noi è uscito con il titolo La vera storia del romanzo, che ha deciso di non badare a spese e di scegliersi come investigatore addirittura il grande Aristotele, che, com'è noto, fu il primo a studiare le leggi della deduzione consequenziale su cui anche i gialli, tra l'altro, si basano. Nelle mani di un'autentica conoscitrice della materia, ne sono usciti dei gialli piuttosto interessanti: il circolo del filosofo e dei suoi amici è ricostruito con puntigliosa precisione e altrettanto lo sono ambientazione e periodo, un'Atene un po' in crisi, che vivacchia sotto l'occhiuto controllo macedone, mentre Alessandro il Grande è occupato in Asia, il che spiega una certa diffidenza verso il grande filosofo che, pur ormai dedito solo ai suoi studi, di Alessandro era stato pur sempre maestro. Gli intrighi politici, così, si mescolano a quelli familiari e alle indagini in senso stretto e Stefanos, il narratore e protagonista nominale, è sempre nei guai fino al collo. In questo romanzo gli toccherà addossarsi una difficile missione diplomatica: la città sta attraversando un periodo di carestia e qualcuno (Stefanos, appunto) deve spingersi fino in Egitto per organizzare un rifornimento di cereali. I greci, si sa, non amavano troppo viaggiare e l'Egitto si rivela un posto strano, per un ateniese del IV secolo: usi, costumi e prassi commerciali sono del tutto diversi, per non dire della diffidenza di Cleomenes, che regge la satrapia per conto di Alessandro. E per di più Stefanos si accorge di essere stato seguito fino a Memfis da certi ateniesi litigiosi e intriganti e si troverà coinvolto con loro in un paio di misteriosi delitti... Insomma, una storia anche troppo complicata, che richiede un po' di pazienza e qualche attenzione per lasciarsi sbrogliare, ma che ha il pregio di permettere una piacevole full immersion in una fase pochissimo nota della storia ateniese ed egiziana. E poi Aristotele è sempre Aristotele, anche in questa veste insolita. Per cui fate come me, deponete la diffidenza e affrontate con baldanza le 550 pagine del romanzo: arriverete alla fine prima di quanto pensiate.
07.02.'11
Margaret Doody, Aristotele e i delitti d'Egitto (Aristotle and the Egyptian Murders, 2009), tr. it. Rosalia Coci, "La memoria" – Sellerio, p. 553, € 15,00