Agrò e la deliziosa vedova Carpino | Domenico Cacopardo

Gialloliva | Trasmessa il: 10/25/2010


    Domenico Cacopardo, probabilmente, viene subito dopo Emilio Salgari nella speciale classifica degli scrittori italiani sul cui cognome si sbaglia più spesso l'accento (che, nel suo caso, va appoggiato sulla prima o). Ciò non gli impedisce, tuttavia, di scrivere degli ottimi gialli: vanno ricordati, in particolare, i quattro romanzi della serie dedicata alle indagini del sostituto procuratore Agrò, una variante giudiziaria del modello dell'investigatore dal volto umano così caro ai nostri lettori. Anche Agrò, per intenderci, è una brava persona, che fa il suo mestiere con dedizione, nonostante qualche grana con i superiori e qualche problema personale, in ispecie di tipo sentimentale: in più lo scrittore ci mette un certo qual impegno democratico e un garbata polemica antigiustizialista, due elementi che fa sempre piacere incontrare, anche perché, di questi tempi, non è facile che siano associati. L'autore, che appartiene alla magistratura amministrativa, ha evidentemente le idee molto chiare in tema di gestione dell'ordine giudiziario, ma riesce a esprimerle senza farlo pesare, del che gli va reso merito doveroso. Sono, le sue, delle tipiche storie d'indagine, dei gialli classici dalla trama, in genere, piuttosto complessa, ma alleggeriti da una sorta di soffuso umorismo e da una notevole maestria nel tratteggiare con pochissimi tratti precisi ambienti e caratteri.
    In questo Agrò e la deliziosa vedova Carpino (occhio a non sbagliare, oltre a quello dell'autore, l'accento del cognome del personaggio, che è parimenti sdrucciolo) Cacopardo ci riporta all'inizio dell'ultimo decennio del secolo scorso, alla prima indagine del giovanissimo Agrò, di fresco arrivato alla Procura di Roma. Sono anni che, nonostante non siano poi così remoti nel tempo, possono quasi sembrare appartenenti alla preistoria, quando i giornali riferivano delle polemiche tra Occhetto e Craxi e il presidente Cossiga, con grave fastidio del protagonista, esortava all'unità nazionale nell'appoggio alla Guerra del Golfo. Ma anche allora la giustizia, in Italia, andava come andava: di fronte alla morte appena un poco sospetta di un anziano commerciante e al comportamento non del tutto convenzionale della giovane vedova la prima reazione ai piani alti del Palazzo di Giustizia è quella di convocare i giornalisti amici, fare una bella conferenza stampa, sbattere un paio di sospetti in galera e poi si vedrà. Un bel problema per Agrò, che di questi metodi non ne vuole sapere, ma è solo un novellino, deve cercare di non pestare i calli a nessuno, e, per di più, ha il suo da fare per ambientarsi nella grande città, stringendo conoscenze, instaurando rapporti e senza negarsi, quando capita, qualche avventuretta galante. Ma ce la farà, naturalmente, con soddisfazione generale. Una storia piacevole, più raccontata che narrata – se mi permettete la distinzione – con pochi dialoghi e molte descrizioni, il che crea un piacevole (e insolito) effetto di tardo Ottocento. La trama presenta, qua e là, qualche smagliatura, la conclusione è proceduralmente un po' disinvolta e l'indizio principale, quello che determina il movente, cade un po' dal cielo, ma non è il caso di stare a sottilizzare. La storia regge comunque, la scrittura è piacevolissima e questo è quello che conta.

    25.10.'10
    Domenico Cacopardo, Agrò e la deliziosa vedova Carpino, "Farfalle" – Marsilio, pp. 253, € 16,50