Incontri

La caccia | Trasmessa il: 11/13/2005



La combinazione è un po’ insolita, ma i due personaggi, in sé, sono affatto riconoscibili.  Quello sdraiato sul lettino dello psicoanalista, con quell’espressione un po’ ebete che ben si addice alla circostanza, è indubbiamente Benito Mussolini e il terapeuta dall’aria severa in piedi al suo fianco, pronto a raccogliere chissà quali confessioni liberatorie, non c’è santi, è il dottor Freud in persona.  La scena è riprodotta a piena pagina per pubblicizzare una serie di DVD intesa a presentare “i protagonisti della storia come non li avete mai visti” (il primo dedicato appunto al duce, non a Freud, sarà in edicola da domani) e io l’ho trovata mercoledì scorso su una copia del “Giornale”, a casa di una anziana e incauta signora la cui badante non ha ancora capito che, nei giorni di sciopero dei giornalisti, non bisogna tirar su il primo prodotto di crumiraggio in cui ci si imbatte in edicola.

         Si tratta, evidentemente, di un fotomontaggio.  Ma, in fondo, l’incontro di cui simula la testimonianza sarebbe stato possibile, almeno in teoria.  Freud e Mussolini erano, più o meno, contemporanei e, se solo avessero superato l’antipatia che l’uno nutriva per l’altro, avrebbero potuto benissimo fare la reciproca conoscenza.  Il fondatore del fascismo poteva esibire quante nevrosi bastavano a dar da vivere a una dozzina di terapeuti e la psicoanalisi freudiana, a pensarci, non si sarebbe trovata a disagio con le turbe mentali di quel tipo più di quanto non lo fosse con tutte le altre.  Nella realtà, probabilmente, Mussolini, prima di accomodarsi, si sarebbe tolto il fez nero con il fascio littorio e Freud , a sua volta,avrebbe riposto il sigaro che qui brandisce, quasi a testimoniare di un ancora imperfetto superamento della fase orale: comunque, tenuto conti che almeno uno dei due, com’è noto, parlicchiava la lingua dell’altro, la seduta avrebbe potuto svolgersi effettivamente, con esiti su cui, allo stato, non ci possiamo azzardare.

        Scherzo, naturalmente.  Ma c’è una cosa su cui, scherzi o non scherzi, non si può dubitare: fascismo e psicoanalisi sono, a tutti gli effetti, due manifestazioni, storicamente piuttosto fortunate, di quella cultura europea dei primi decenni del ventesimo secolo da cui non riusciamo, evidentemente, a liberarci.  Di più: anche se gli esiti sono stati diversi, visto che il fascismo, dopo una breve ma intensa fase di egemonia, di cui gli psicoanalisti, tra gli altri, hanno fatto le spese, si è inabissato nelle paludi della storia, lasciandosi dietro, al massimo, una scia di tenaci fenomeni residuali, mentre la teoria freudiana, dopo le esitazioni iniziali, è stata accolta con tutti gli onori nel mainstream culturale corrente (ma quale sia il suo status valoristico attuale non saprei dire), resta vero che quelle dottrine, malgrado tutto, qualcosa in comune ce l’hanno.  Entrambe utilizzano, nella specificità dei propri interessi e del proprio campo di applicazione, dei materiali per qualche verso affini.  Fanno riferimento, ciascuna a suo modo, a un universo di pulsioni oscure e inconsapevoli, a una realtà irriducibile alle categorie invalse fino alla svolta del secolo.  Insomma, non sono uno specialista e non mi azzardo a entrare in particolari, ma credo che, senza farla troppo lunga, se ne possa benissimo parlare come di due manifestazioni – pur molto diverse – dell’irrazionalismo del primo Novecento.

        In fondo, su che cosa avrebbero potuto concordare, in un ipotetico incontro, due figure tanto diverse per interessi, spessore morale e dimensione umana?  Be’, forse si sarebbero trovati d’accordo sull’impossibilità di utilizzare, dal loro punto di vista, i portati del secolo dei lumi.  Mussolini ne rifiutava le implicazioni politiche, gli svolgimenti liberali e democratici del pensiero rivoluzionario, il rifiuto laico della dimensione ideologica dello stato.  Freud su quel campo, ovviamente, non avrebbe potuto seguirlo, ma non si illudeva un gran che neanche lui sulla possibilità di organizzare la vita pubblica su basi razionali.  Entrambi avevano dovuto fare i conti, non necessariamente di prima mano, con la lezione critica di Nietzsche e interpretavano a modo loro la crisi della civiltà in cui erano cresciuti.

        Ed entrambi, naturalmente, sarebbero stati stupitissimi all’idea che della loro immagine, accomunata o disgiunta, si sarebbe potuto far uso per pubblicizzare una collana di DVD storici.   Un serie, cioè; di biografie elettroniche, modellate – mi par di capire – più su Svetonio che su Plutarco, che promette di rivelare “curiosità, fatti singolari, rivelazioni intriganti, successi e sconfitte”, corredati da un numero adeguato di “immagini inedite”, su tanti “personaggi indimenticabili: dal fascino intramontabile di Marilyn al genio di Einstein, dal talento di Leonardo da Vinci all’attualità di Arafat”.  Aggiungerò, per completezza d’informazione, che oltre che i nominati, l’iniziativa coinvolgerà Napoleone, Kennedy, Enzo Ferrari, il mahatma Gandhi, Maometto, Saddam Hussein, Osama Bin Laden, Stalin, Al Capone, Bill Gates, Lucrezia Borgia, Enrico VIII, Rodolfo Valentino e Buffalo Bill.

        Alla luce di un simile elenco, naturalmente, la decisione di lanciare la nuova collana con l’accostamento fittizio tra il duce e il padre della psicoanalisi appare ancora più logica e ragionevole.  Sarebbe stato assai più difficile rendere plausibile, che so, un abboccamento tra Einstein e Al Capone (a meno di sfruttare la loro comune natura di immigrati negli Stati Uniti) o un téte à téte tra Buffalo Bill e Lucrezia Borgia.  Ma forse, anche se tutti insieme costoro avrebbero dato vita a una ben curiosa assemblea, qualcosa su cui intrattenersi insieme lo avrebbero comunque trovato.  Molti di loro (anzi, quasi tutti) erano esperti di propaganda e avrebbero potuto discettare, se non altro, su quanto sia strana l’idea di lanciare una collana storica con quello che, amenità a parte, resta comunque un falso.  Ma la distinzione tra vero e falso, si sa, è tra quelle che nel mondo della informazione italiana, e del connesso spaccio forzoso dei gadget, non ha più molta importanza.

Nessuna illazione, invece, è lecito trarre dal fatto che il quotidiano di famiglia del Presidente del Consiglio inauguri la serie proprio con la vita di Mussolini.  In questa stessa settimana, una biografia dello stesso figuro, sia pure in una più tradizionale forma cartacea, è offerta, per la modica somma di nove euro e novanta, ai lettori di “Repubblica”, sull’opposto versante politico e informativo.  Di particolari sulla vita del duce, a quanto sembra, gli italiani sono sempre ghiotti.  Come se, visto quel che offre oggi il mercato, anche del vecchio Benito si possa sentir nostalgia.

13.11.’05