Una decisione sensata

La caccia | Trasmessa il: 04/27/2008


    Si rischia, a volte, di rimanere un po' incerti di fronte alle decisioni dei nostri grandi, o presunti tali. Io, per esempio, quando il Berlusca si è rifiutato di conferire al pio Formigoni un ruolo ministeriale adeguato, non sono riuscito a decidere se dovevo rallegrarmi, in quanto cittadino italiano, di non avere colui nel governo, o rattristarmi piuttosto, in quanto lombardo, alla prospettiva di ritrovarcelo ancora tra i piedi per due anni in Regione. Ma sulla decisione della sindaca Moratti di non partecipare, l'altro ieri, alla celebrazione del 25 aprile, non ho avuto – vi assicuro – il minimo dubbio. Mi è sembrata, come suppongo sia sembrata anche a voi, un'ottima idea, una decisione profondamente sensata. Il 25 aprile, pur essendo assurto, in qualche misura, al ruolo di cerimonia istituzionale, non è, per usare un termine di moda oggi, una manifestazione bipartisan: ricorda un evento profondamente di parte, i cui protagonisti sono sempre stati chiamati, non a caso, “partigiani”. E per festeggiare questa felice ricorrenza, non abbiamo nessun bisogno di una ricca e distinta signora che con la Resistenza e l'antifascismo non ha mai avuto niente a che fare, anzi, è stata eletta alla carica che ricopre con i voti dei post-fascisti di AN e dei fascisti fascisti dei gruppi minori di estrema destra. Se ne stia pure a casa e si faccia vedere in giro il meno possibile. Gliene saremo grati.
    Sì, d'accordo, obietteranno alcuni, ma quella signora è pur sempre la sindaca, la rappresentante ufficiale di una città medaglia d'oro della Resistenza. La sua partecipazione era richiesta appunto in quella veste, per sanzionare l'adesione delle istituzioni democratiche agli ideali dell'antifascismo. Ma appunto questo è il punto. L'antifascismo, allora, ha vinto la sua battaglia sul piano militare e politico, ma poi è stato sostanzialmente sconfitto nel tentativo di farsi stato. Dopo il 1945, lo stato è restato essenzialmente quello di prima, un mix di strutture liberali e fasciste che i partigiani non riuscirono a smantellare, anche quando ci provarono, insediando, per esempio, quei “loro” prefetti che durarono tanto poco. Da quell'esito è uscita una realtà di fatto contraddittoria ed è su questa contraddizione che vivono le innumerevoli polemiche sul rapporto tra le istituzioni e chi le ricopre e i valori della Resistenza. È storia vecchia e le polemiche di oggi ne rappresentano solo l'ultimo episodio, come d'altronde è vecchio il problema del giudizio da dare sui cosiddetti “ragazzi di Salò”, un problema che non hanno scoperto né Berlusconi né Violante, ma su cui ci si arrovella perlomeno da quando, nel 1952, Andreotti andò a rendere ossequio al maresciallo Graziani. A me, se vi interessa un mio punto di vista, sembra che il meglio che si possa dirne è che alcuni di loro furono, probabilmente, in buona fede, ma è ovvio che questo non assolve da nessuna colpa e non ha nulla a che fare con un giudizio storico e politico, che mi sembra non possa che essere severo.
    La Moratti, comunque, ha creduto di potersela cavare mandando al “Corriere della sera” che l'ha pubblicata ieri, una raffinatissima lettera, in cui, fingendo di raccogliere l'invito dell'ex presidente Scalfaro a combattere “il demone del totalitarismo”, osserva come, sessant'anni dopo la liberazione, “le radici della nostra convivenza civile”, “i valori fondanti della nostra Repubblica” sono “la centralità della persona, che le Istituzioni devono valorizzare e preservare sempre e comunque”, nonché “il rifiuto della violenza” e “la fratellanza e la solidarietà tra i popoli”. E su questo lei sente assolutamente in regola. “La centralità della persona” scrive “si fonda oggi in gran parte sulla conoscenza, sull'educazione e sulla formazione”, tutte cose di cui si è notoriamente occupato come ministra (ma lei scrive “ministro” e si firma “sindaco di Milano”) elaborando quella riforma che il centrosinistra ahimé, si è limitato a sospendere e che oggi abbiamo buone probabilità di veder tornare in auge. “Il rifiuto della violenza,” poi, “significa combattere qualsiasi forma di distruzione delle persone e delle coscienze, come avviene per esempio con la piaga della droga” e qui, pudicamente, la brava donna non rivendica i suoi meriti, tanto sanno tutti dei suoi rapporti con San Patrignano. Infine, “la solidarietà dei popoli, nel XXI secolo, si gioca nei rapporti tra chi dispone di cibo e di acqua e chi invece ne soffre la mancanza, tra chi vive condizioni terribili per quanto riguarda i diritti essenziali della salute e chi è più fortunato.” Per questo sono state lanciate, non si capisce da chi, delle “iniziative perché l'Italia possa portare sempre più il proprio contributo nelle politiche multilaterali di solidarietà” e tra queste, udite udite, “anche l'Esposizione Universale del 2015 sul tema 'Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita'” di cui lei, la Moratti notoriamente è il cuore e l'anima. Come a dire (ma non lo dice) che lei si occupa di cose serie, non di menate come il fascismo, l'antifascismo e la partecipazione a una manifestazione qualsiasi. Che potrebbe essere un modo elegante di scuotersi da dosso la polemica, ma non lo è, perché, a parte il fatto che l'analisi dei problemi è minimale le soluzioni proposte sono risibili (o sbagliate), quella lettera trasuda tanta albagia, tanto senso di superiorità, tanta indifferenza verso le preoccupazioni di democrazia che il 25 aprile continua a rappresentare, da far capire anche a chi non l'avesse ancora capito che se c'è un personaggio inadatto a ricoprire una carica rappresentativa (che è qualcosa di diverso dalla presidenza di un Consiglio di Amministrazione) è appunto la signora Moratti. Forse, un giorno o l'altro, lo capirà anche lei.
27.04.'08