Una citazione di Konstandinos Kavafis

La caccia | Trasmessa il: 04/13/2008


    In questi giorni mi tornano alla mente, chissà perché, certi versi che Konstandinos Kavafis intitolò, nel 1901, al “Gran rifiuto” che Dante rinfaccia a Celestino V. Nel caso non li conosceste, mi azzarderò, non dico a tradurli, che sarebbe impresa superiore alle mie forze, ma almeno a parafrasarli. Per alcuni, dice il poeta, arriva il momento di dire, una volta per tutte, di sì o di no. Chi ha scelto il “sì” lo pronuncia senza esitare e cresce nella stima e nella coscienza di sé. Anche chi ha detto di no non si pente, anzi, se glielo richiedessero risponderebbe allo stesso modo, eppure quel “no”, così giusto, di continuo lo tormenta.
    Non sappiamo a quali eventi precisi della biografia di Kavafis rimandino queste riflessioni, se al rifiuto di accettare la cittadinanza inglese nel 1885, a quello di partecipare alla guerra del '97 o a problematiche, tutto sommato, più banali, come quelle relative all'atteggiamento da assumere in occasione di una tornata elettorale interna alla comunità greca della sua città. Le opinioni dei critici e dei biografi sono diverse. D'altronde, è tipico della poesia moderna rielaborare i dati dell'esperienza in modo di farne delle affermazioni di rilevanza generale e man mano che passano gli anni ci si rende conto di come il “vecchio poeta” di Alessandria, sia stato uno dei lirici più importanti del '900. Lo dimostra il fatto stesso che sull'amara asimmetria tra chi accetta e chi rifiuta continuiamo noi pure ad arrovellarci.

    13.04.'08



    Nota

    I versi con l'originale, in Costantino Kavafis, Poesie, Mondadori, Milano 1961, p. 42 s. e Constantinos Kavafis, Cinquantacinque poesie, Einaudi, Torino 1963, p. 96 s. La mia interpretazione è leggermente diversa da quella presupposta dalle traduzioni, rispettivamente, di Filippo Maria Pontani e Margherita Dalmàti e Nelo Risi. Per Dante e Celestino V, cfr. Inferno, III, 59-60.