Un monumento anomalo

La caccia | Trasmessa il: 11/22/2009


    Leggo sul “Manifesto” di domenica scorsa che a Pristina, in Kosovo, è stata inaugurata – ma forse sarebbe stato più corretto scrivere “scoperta” – una statua a Bill Clinton. E mica una statuetta da niente: l'oggetto in questione, opera dello scultore Izeir Mustafa e sponsorizzato dall'associazione kosovaro albanese “Amici degli Stati Uniti”, è un bronzo monumentale di tre metri e quaranta e pesa quasi una tonnellata. Sorge, ovviamente, in piazza Bill Clinton. La notizia, già abbastanza curiosa, perché non capita spesso che sia eretto un monumento a un vivente, o semplicemente che gli sia intestata una piazza, è resa ulteriormente anomala dal fatto che alla cerimonia ha preso parte l'effigiato in persona, che, tra la musica delle bande e i discorsi dei capibanda, ha raccolto – sembra – la più lusinghiera delle accoglienze.
    Dal punto di vista delle autorità kosovare, tra cui si segnalava il noto Hashim Taqi, ex leader dell'Uck e ora capo del governo, quello che è stato indagato a livello internazionale per una storiaccia di espianto di organi su prigionieri, l'iniziativa si spiega benissimo. Si è trattato, evidentemente, di una manifestazione di gratitudine per quella specie di gesto di pirateria internazionale con cui, dieci anni fa, gli Stati Uniti a suon di bombardamenti strapparono la regione alla Serbia, aprendo la strada alla sua “indipendenza”, con tutte le virgolette del caso. Oltretutto, in quello stesso giorno si svolgevano nel paese le elezioni amministrative e ai fini della campagna elettorale anche un ex presidente fa brodo. Dal punto di vista di Clinton, invece, l'aver accettato testimonia, oltre a un certo deficit di modestia, una non comune fiducia nel futuro. I monumenti, in teoria, servono a perpetuare nei secoli la memoria di colui che rappresentano, ma oggi come oggi quella di farsi erigere una statua di bronzo, e per di più nei Balcani, resta una scommessa piuttosto azzardata. L'ultimo caso noto, quello di Stalin, le cui effigi, appena un poco più a est, sono state spianate con cura entro due o tre anni dalla scomparsa dell'interessato, dovrebbe far pensare. Un altro caso degno di nota, pur in un'area geografica diversa, è quello di Saddam Hussein, per eliminare le cui immagini non si aspettò neanche che lo avessero catturato. Presenziare addirittura all'inaugurazione, in questa prospettiva, significa sfidare al tempo stesso il destino e la sfiga.
    Bill Clinton, d'altronde, è sempre stato un temerario e di questa sua temerarietà spesso è stato premiato, come quando, in pieno caso Levinsky, si presentò ai suoi concittadini in diretta per raccontar loro un sacco di balle, pratica che nel suo paese, a differenza del nostro, comporta di solito gli effetti più deleteri sulla carriera del soggetto e su di lui, invece, è passata come la proverbiale acqua sul marmo. Adesso che non è più il numero uno nemmeno in famiglia, probabilmente si annoia e, come tanti pensionati inquieti, gira per il mondo in cerca di conferme della propria autostima. L'idea di contemplarsi effigiato nel bronzo, d'altronde, lusingherebbe la vanità di chiunque e poco importa che i maligni si chiedano da dove siano arrivati i fondi necessari all'impresa, visto che, a parte il narcotraffico, la nuova repubblica non dispone certo di grandi risorse.
    Però non è giusto. Clinton viene onorato con statue, esibizioni bandistiche e discorsi ufficiali e a quanti con lui strettamente collaborarono per spezzare le reni alla Serbia (allora, se non mi sbaglio, si chiamava ancora Jugoslavia) non si dedica neanche un bassorilievo. Quella bella impresa, se ben ricorso, si svolse sotto l'egida Nato e gli aerei che portavano la libertà nel Kosovo, eliminando, per via, qualche edificio, qualche ponte o qualche ambasciata a Belgrado, non erano tutti americani e partivano, comunque, tutti da Aviano, Italy. Onde anche a noi italiani dovrebbe essere riconosciuta la nostra parte di merito, e in particolare al capo del governo di allora, quel Massimo D'Alema che, nel frangente, si seppe dimostrare statista di polso e bombardiere implacabile. È un merito che neanche noi suoi concittadini, persi nelle futili polemiche di questi giorni, gli riconosciamo appieno. In fondo, Berlusconi, per quante imprese abbia compiuto nell'arengo internazionale, non ha mai fatto bombardare nessuno. Lui sì.
    Invece, non soltanto gli ingrati kosovari non gli hanno dedicato nemmeno un pezzettino di basamento, ma c'è della gente, in Polonia, in Israele, in Italia e altrove, che, con la scusa (banale) di certi lontani trascorsi a sinistra ha boicottato la sua candidatura alla carica di responsabile esteri della Unione Europea e ne ha provocato, in ultima analisi, il fallimento. Uno scandalo e un'intollerabile offesa alla dignità nazionale, naturalmente, e se avessimo un Premier davvero serio farebbe bombardare anche loro. Ma anche la prova, a pensarci, che il delitto non rende... abbastanza.


    22.11,'09