Un esempio da seguire?

La caccia | Trasmessa il: 05/25/2008


    Da qualche tempo, per motivi su cui non starò a tediarvi, non riesco a dormire molto. Mi alzo quindi di buon'ora, raccolgo dalla soglia di casa il giornale che l'apposita agenzia mi recapita puntualmente prima dell'alba, do un'occhiata ai titoli di prima pagina, che in questi giorni immancabilmente sono dedicati al nuovo clima di comprensione e collaborazione politica di scuola veltroberlusconiana, turbato solo da quei rompicoglioni giù in Campania, e vado ad aprire le serrande della finestra su strada. E per qualche giorno, abitando al piano terreno, mi è capitato successo di trovarmi davanti, sullo sfondo di una strada deserta, la faccia di Giorgio Almirante. Era effigiato, costui, su un manifesto che Alleanza Nazionale – un partito che, evidentemente, non ha ancora perfezionato l'annunciata confluenza nel Pdl – ha diffuso nel ventennale della scomparsa e si trovava affisso, nel caso, su uno di quei pannelli metallici dipinti di verde che il comune colloca, non so in base a quale criteri, sui marciapiedi alberati: a non più di tre metri, comunque dalla mia finestra. Niente di preoccupante, eh: fotografia del soggetto da anziano, con il suo ingannevole aspetto da nonno benevolo, simbolo del partito (inglobante, come si sa, la fiamma che il vecchio Msi faceva nascere dal catafalco di Mussolini), una fascia tricolore con l'annuncio di una messa in ricordo, le date della nascita e della morte e la scritta “Un grande italiano – Un esempio da seguire”. Nulla di speciale, quindi, eppure cominciare la giornata in quel modo mi dava incredibilmente fastidio e per fortuna che ormai quel manifesto, a messa celebrata, è stato sostituito con una normale pubblicità commerciale.
    Perché, in fondo, per quale motivo dovremmo considerare Giorgio Almirante “un grande italiano” nonché “un esempio da seguire”? Oggi, si sa, è di moda predicare la riconciliazione, estendendola fino ai “ragazzi di Salò”, ma una cosa è riconciliarsi una cosa è ammirare e poi lui un ragazzo di Salò, in senso stretto, non lo è mai stato: era nato nel 1914, quando aderì alla RSI di anni ne aveva 29 e invece di andare a combattere si sistemò come Capo di Gabinetto di Fernando Mezzasoma, che era succeduto ad Alessandro Pavolini al Ministero della Cultura Popolare: in quella veste provvide a diffondere con la sua firma, pur non avendone esattamente la competenza, il bando che minacciava la pena di morte ai renitenti, guadagnandosi così quel titolo di “fucilatore Almirante” con cui sarebbe stato conosciuto negli anni '70. Era, insomma, un medio gerarca, ma di quelli dell'ala “dura” e nel dopoguerra, nelle risse tra i fondatori dell'Msi si schierò risolutamente dalla parte dei nostalgici militanti, opponendosi al moderatismo di Michelini e degli altri possibilisti, come si diceva, “in doppiopetto”. Durante la sua seconda segreteria, dal 1969 al 1987, il doppiopetto finì per indossarlo anche lui, il che non impedì che il partito, in quegli anni, fungesse, come minimo, da sponda informale per tutte le “trame nere” e le distorsioni istituzionali messe in opera con e senza la complicità delle autorità militari e civili. Restò, insomma, sempre un fascista e se, probabilmente, non rappresentò mai un vero pericolo per la democrazia, fu comunque un simbolo di eversione reazionaria, uno che quando entrava in un autogrill il personale si metteva in sciopero per non servirlo e quando voleva fare un comizio in piazza del Duomo gli operai delle grandi fabbriche lasciavano parimenti il posto di lavoro e arrivavano di corsa da Sesto S. Giovanni per dissuaderlo dall'insano progetto.
    Naturalmente dei morti c'è chi crede che non si debba mai dire nil nisi bonum e chi vuole commemorare Giorgio Almirante, con una messa o in altro modo, è perfettamente libero di farlo. Ma è interessante che una iniziativa in tal senso venga da un partito di governo, che con il fascismo si vanta di aver tagliato i legami e aspetta solo la fusione con Forza Italia per entrare nel Partito Popolare Europeo, tra strenue affermazioni di fedeltà alla democrazia e solenni deplorazioni dell'uso della violenza. Le esigenze tattiche impongono a tutti qualche contorsione, ma tra l'immagine del “fucilatore” e quella di “un grande italiano” dovrebbe esserci abbastanza spazio per trovare una posizione più equilibrata. Sempre che essere equilibrati interessi, oggi, davvero a qualcuno.
    Perché poi uno si allontana dalla finestra, si prepara il caffè, apre il giornale e scopre che il problema della immondezza lo si vuole risolvere militarizzando le discariche, che nel destino degli immigrati è iscritta l'espulsione di massa, che per il “contingente di pace” in Afghanistan è previsto un mutamento delle regole di ingaggio (nel concreto, credo voglia dire che li manderanno a combattere in zona di operazioni), che nella strategia del governo per il controllo dell'informazione – quella che, ai tempi, sarebbe stata appannaggio appunto del Ministero per la Cultura Popolare – non è cambiato nulla, che a Roma si è già svolto il primo raid armato contro i negozi stranieri e comincia a chiedersi se, conciliazione o no, collaborazione istituzionale o meno, Veltroni o non Veltroni, il rischio di trovarci i fasci al potere non lo stiamo un po' sottovalutando. Nel qual caso, ovviamente, la faccia di Almirante sui muri avrebbe tutta un'altra logica.

    Una postilla. Avevo già preparato questa chiacchierata, quando ho scoperto, dai giornali di venerdì, che a Roma ad Almirante intendono dedicare una via, nel che, trattandosi di un'idea di Alemanno, non c'è niente di strano, salvo forse il fatto che quelli del Pd, per bocca di Nicola Zingaretti, abbiano dichiarato che, riguardando la scelta il Consiglio comunale, loro non hanno niente da eccepire. Più interessante la notizia che la raccolta dei discorsi parlamentari dell'ex capo di gabinetto del Ministero della Cultura Popolare di Salò sarà presentata alla Camera il 28 maggio prossimo venturo. Padrini dell'evento saranno il presidente Fini, d'ufficio, e, udite udite, Luciano Violante. Come si diceva una volta, mancano le parole.
25.05.'08