Un brutto silenzio

La caccia | Trasmessa il: 04/20/2008


    Sarà stato sicuramente un caso, più che la manifestazione di una intenzionale volontà di offendere, il fatto che il giorno stesso in cui papa Benedetto XVI veniva solennemente ricevuto alla Casa Bianca, a Washington, in un edificio a poche centinaia di metri di distanza la Corte Suprema degli Stati Uniti emetteva una sentenza che pone fine, in pratica, alla moratoria sulle esecuzioni capitali in quel paese e sgombra il campo da qualsiasi dubbio sulla costituzionalità, e quindi l'applicabilità, della pena di morte. Una coincidenza spiacevole, hanno osservato molti commentatori americani di parte liberal, come Alan Dershowitz, docente a Harvard e principe del foro, intervistato il giorno dopo dal “Corriere della sera”, ma una coincidenza. Non sembra neanche particolarmente significativo il fatto che su sette giudici (su nove) che hanno sostenuto questa bella decisione, ben cinque siano cattolici. Laggiù il concetto, per noi così ostico, della separazione tra stato e chiesa è recepito a tal punto dalla cultura corrente che è rarissimo il caso che l'appartenenza religiosa faccia da discriminante in una decisione di natura politica. I fautori dell'iniezione letale, ahimé, sono equamente distribuiti tra cattolici e protestanti, come lo sono i suoi oppositori, ed è soltanto ovvio che in una Corte nominata in gran parte da George W. i primi prevalgano sui secondi.
    Quello che non è stato sicuramente né un caso né una coincidenza è il fatto che il papa non abbia ritenuto di spendere una sola parola sull'argomento. È stata una decisione assolutamente conforme alla norma (alla sua norma, dico) visto che tra le tantissime cose che ha detto nei tre anni di esercizio della carica – sembrano, francamente, di più – non ricordo nessuna particolare dichiarazione contro la pena di morte, comunque somministrata. Sì, parla spesso di diritto alla vita e lo ha fatto anche mercoledì alla Casa Bianca, ma legando, come consueto, la “promozione” della vita a quella “della famiglia e del matrimonio”, una doppia endiadi che serve a ricordare a tutti che l'appello va letto esclusivamente in chiave antiabortista. Per la Chiesa e per i conservatori americani, evidentemente, la vita intesa come progetto o pura potenzialità ha un valore infinitamente maggiore della vita in quanto esperienza e coscienza di sé. D'altronde, anche il giudice Antonin Scalia, che deve essere, se ho capito bene la corrispondenza del “Corriere” in quella data, uno dei giudici cattolici favorevoli al boia, ha fatto notare come la legge canonica escluda “sempre l'aborto, solo talvolta la pena di morte”.
    Non credo valga la pena di stare a discutere su una simile maniera di considerare il diritto alla vita: sono contraddizioni, queste, che ciascuno, papa, giudice o semplice cittadino, deve smazzarsi da sé, in esclusivo rapporto con la propria coscienza. Ma certo il problema qualche parola la meriterebbe, specie da parte di chi rivendica una sorta di autorità magistrale sui valori recepiti o rifiutati dalla società contemporanea. Non mancheranno, a difesa della scelta di Sua Santità, i sostenitori dell'opportunità diplomatica di un tale silenzio, ma non è bello, lo ammetterete, che un capo spirituale si faccia dettare i suoi argomenti dalle cautele della diplomazia. Un bel tacere, come ammonisce l'antico adagio, non fu mai scritto, ma di brutti silenzi sono piene le cronache e talvolta proprio in rapporto al Successore di Pietro. Di uno in più non si sentiva, francamente, il bisogno.
20.04.'08