Tutto colpa del toro

La caccia | Trasmessa il: 05/31/2009


    Oggi, si sa, è giornata di voto europeo. Non vi raccomanderò, tuttavia, di andare o non andare a votare, né vi consiglierò – nel caso – per chi. Suppongo che abbiate già tutti le idee chiare in materia e se pure le avessi anch'io, la legge mi vieterebbe comunque di esprimerle: una norma straordinariamente ipocrita, se pensiamo alla quantità di messaggi e sollecitazioni con cui siamo bombardati anche in queste ore, ma si sa che la legge, anche in questa materia, non è uguale per tutti e che se certe cose le fa il governo nessuno trova alcunché da eccepire, mentre se ci proviamo noi sono legnate che volano. Mi limiterò, dunque, a raccontarvi la storia dell'eroina eponima del continente, la principessa Europa, figlia di Agenore, re di Tiro in Fenicia, che mentre giocava giovinetta sulla spiaggia fu adocchiata da Zeus in persona, il quale, non avendo neanche lui preclusioni contro le minorenni, le si parò davanti sotto l'aspetto di uno splendidissimo toro. L'ingenua fanciulla non seppe resistere alla tentazione di salirgli in groppa e il bestione divino, cogliendo l'occasione, prese subito il largo e la trasportò nell'isola di Creta, dove avvenne – come si diceva una volta – l'irreparabile. Dalla loro unione nacque, tra gli altri, Minosse, che diede il nome a quella che, nonostante le evidenti origini asiatiche, viene appunto considerata la prima civiltà europea.
    Poco di tutto ciò, devo ammettere, sopravvive nelle tematiche della moderna Unione, salvo forse un certo interesse per la zootecnia bovina, come ancora si manifesta nell'annosa questione delle quote latte. In ogni caso, per chi considerasse la leggenda un po' troppo leggendaria per i suoi gusti, Erodoto ne dà una versione secolarizzata, in cui il ratto è opera di certi Greci sbarcati a Tiro, mossi – sembra – dall'intenzione di vendicare il rapimento di Io, figlia di Inaco, compiuto da mercanti fenici nei pressi di Argo. L'uno a uno sarebbe poi stato violato dai Greci, con il prelievo di Medea in Colchide a opera di Giasone, ma il pareggio fu ristabilito dalla fuga da Sparta di Elena e Paride. A questo punto, com'è noto, la gara a chi ne rapiva di più si trasformò in guerra totale e ne nacque quella rivalità tra Europa e Asia che Erodoto considerava il motivo di fondo delle guerre persiane. Che sotto sotto di motivazioni potessero essercene altre, il padre della storia doveva almeno sospettarlo, visto che aggiunge subito dopo che “il rapir donne è considerata azione da malfattori, ma il darsi cura di vendicarle è azione da dissennati ... perché è chiaro che se non avessero voluto non sarebbero state rapite.” Il che significa che quell'autore, come già ebbe a osservare Plutarco, era piuttosto maligno e condivideva l'inguaribile misoginia dei suoi connazionali, ma significa anche che l'Europa, come concetto geografico e culturale, era nata nel segno della prepotenza e della prevaricazione, perché furono i Greci a muover guerra ai Troiani, mentre i Fenici non si sarebbero mai sognati di attaccare i Cretesi. E che questa tendenza segnasse il destino della “terra delle grandi pianure” – così fu infatti interpretato il nome di Europa, che all'origine doveva piuttosto riferirsi ai “grandi occhi” della principessa – può essere attestato, misoginia a parte, da qualsiasi storico degno di questo nome. La stratéia di Alessandro, le guerre puniche, la costituzione dell'impero romano in età classica, le crociate nel medioevo, la conquista dell'America e le varie imprese coloniali in età moderna sono tutti chiari indizi di una spiccata tendenza in noi europei di andare a rompere le scatole agli abitanti delle altre regioni del pianeta.
    Stiamo scherzando, naturalmente, anche se con la mitologia non si può mai dire. Ma non può far mare a noi europei di oggi, così pronti a vantarci della nostra civiltà, delle nostre radici culturali, della nostra democrazia e di quant'altro ci differenzia dai cafoni e dai poveracci del resto del pianeta, ricordare che per buona parte della storia conosciuta abbiamo rappresentato una delle peggiori piaghe del genere umano. E che a tale invasività verso l'esterno – naturalmente – ha corrisposto una pari rissosità interna, visto che è non è passato molto più di un mezzo secolo da quando abbiamo smesso di massacrarci allegramente tra noi e che questa costumanza, in aree periferiche tipo i Balcani o il Caucaso, si è tramandata a tutt'oggi.
    Tutto questo, direte, Balcani e Caucaso a parte, appartiene al passato. Sarà vero, ma è un passato che, come minimo, ci condiziona. Non tanto per le residue rivalità interne, che saranno, prima o poi, superate, quanto per l'atteggiamento verso il resto del mondo. L'Europa di ieri era prepotente e avida, sempre pronta a fare man bassa in casa altrui; quella di oggi è ricca e avara, nel senso di una scarsissima propensione a restituire parte almeno del maltolto. Per questo è tornata a essere, come fu definita alla fine del XIX secolo, la “fortezza orgogliosa” che non ammette infiltrazioni da parte altrui e il problema principale discusso in occasione di questa tornata elettorale è stato quello di come chiudere ancora più ermeticamente i cancelli davanti ai tanti disgraziati che cercano di arrivare sulle nostre coste in cerca di lavoro e fortuna. Che la ricchezza che custodiamo con tanta protervia sia stata accumulata in gran parte a spese di quegli stessi disgraziati, che sia per dirla tutta, il frutto dell'imperialismo e del colonialismo, è cosa che non sembra affatto riguardarci, al punto che i due termini stessi sono praticamente scomparsi dal vocabolario politico corrente.
    Pensiamoci, al momento di decidere se andare o non andare a votare e, nel caso, per chi. I mito sono soltanto miti, naturalmente, ma sembra proprio che nel nostro DNA storico l'impronta di quel toro prepotente sia quella che finora ha prevalso. Sarebbe ora, per lo meno, di rendersene conto.

    07.06.'09


    Nota

    Il mito di Europa è raccontato da Apollodoro, Biblioteca, III, 1, 1; cfr. anche Igino, Fab., 6, 178 e Astr.,II, 21, 1. Secondo M.P. Nilsson, The Minoan-Mycenean Religion and its Survival in Greek Religion (1950), si tratta di una storia sacra di origine minoica. Per Erodoto, cfr. I, 1-4. La citazione è tratta dalla versione di Augusta Izzo d'Accinni, Storie, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1984, v. I, p. 81. Nei Moralia di Plutarco è conservato un opuscolo Perì tès Herodòtou kakoethéias, “Sulla malignità di Erodoto”.