Tasse, armi e toghe

La caccia | Trasmessa il: 06/10/2007


    Soltanto Berlusconi, tra tutti, poteva invitare a uno sciopero fiscale a sostegno della Guardia di Finanza, che sarebbe, all’incirca, come auspicare, a favore della Polizia, un aumento delle rapine a mano armata, o proporre una dieta vegetariana per venire incontro alle rivendicazioni dei macellai sull’orario di lavoro. Ma anche il governo, va detto, ne ha combinate parecchie, nella dolorosa vicenda del vice ministro Visco e del generale Speciale. Non nel senso che il primo abbia esorbitato dai suoi poteri, perché ci mancherebbe altro che un ministro, ancorché vice, non possa destituire un generale, ma in quello che tutta la faccenda è stata gestita nel modo peggiore possibile, a partire dalla bizzarra idea di destinare il militare rimosso alla Corte dei Conti. Un’idea abbastanza incomprensibile, e non perché in antitesi – come ha sostenuto la destra – con i giudizi negativi espressi sul comandante della Finanza (che non riguardavano necessariamente l’uomo in sé), ma perché costui, tutto sommato, è un generale di fanteria e non si vede davvero cosa debba starci a fare un generale di fanteria alla Corte dei Conti. Quel consesso è stato inventato per vagliare la legittimità delle spese dello stato e degli enti pubblici e richiede, per questa delicata funzione, specifiche competenze giuridiche e amministrative. Nulla che abbia a che fare, con tutta la buona volontà, con la formazione e il modo di ragionare dei militari, gente che con la legittimità nutre un rapporto abbastanza ambiguo, visto che il loro compito, dopo tutto, è quello di romperla, ricorrendo alla forza, se necessario. La fanteria, si sa, è la regina delle battaglie, ma questo non ha niente a che vedere con la valutazione di un bilancio o l’approvazione di un decreto di nomina.
    Se è per questo, potreste chiedermi, non si capisce neanche cosa ci stia a fare un generale di fanteria – o di qualsiasi altra Arma – alla testa della Guardia di Finanza. E qui, probabilmente, sta il punto, perché l’Italia, per motivi che non saprei bene illustrarvi, è uno dei pochi paesi in cui un corpo come quello, dalle funzioni meramente civili, sia organizzato militarmente e militarmente gestito. Anni fa, se ricordate, si tentò di ovviare alla contraddizione con un referendum che smilitarizzasse quella struttura più o meno come s’era fatto, non senza vantaggi, con la Polizia di Stato, ma l’apriti o cielo dei vertici governativi e militari fu impressionante, le forze politiche maggiori si compattarono all’unanimità, come se dei finanzieri si proponesse non la smilitarizzazione, ma la deportazione in massa in Siberia, e comunque il referendum era stato annegato in uno di quei pacchetti di dieci, dodici e più tanto cari ai referendari di allora, il che ne assicurò a priori il fallimento. Per cui la Guardia di Finanza non fa parte delle Forze Armate, ma è strutturata ancor oggi come se lo fosse, e dalle Forze Armate provengono, se ho ben capito, i suoi dirigenti più alti. Una situazione che a me – come a voi, suppongo – sembra assurda, ma forse è colpa nostra se non capiamo le sottigliezze dell’organizzazione dello stato.
    Quello che capiamo benissimo, invece, è il fatto che tutto ciò pone le condizioni ideali per la costituzione di un corpo separato, perfettamente in grado, se lo desidera, di contrapporsi al potere politico. Perché il primato della politica, si sa, è il fondamento di ogni democrazia, ma ai militari né l’uno né l’altra sono mai andati veramente giù e rarissimi, nella storia, sono stati in casi in cui le armi si siano davvero ritirate di fronte alle toghe, tanto per citare il povero Cicerone, che in un contrasto di quel tipo ci lasciò la pelle. E i vertici dei finanzieri, non c’è santi, sono più vicini alle armi che alle toghe, anche se il loro compito non è quello di proteggere i sacri confini, ma riguarda piuttosto la necessità di far pagare le tasse ai cittadini riluttanti. Di un comando che trae la propria legittimità non dall’atto che ha nominato i suoi componenti nel posto che occupano, o dalla carriera che costoro hanno compiuto per arrivarci, ma da quella pregressa in ambito militare nessun governo, mi sembra, può essere sicuro. Anche perché il batter di tacchi con cui i militari accompagnano, di solito, i loro stentorei “Obbedisco” fa inevitabile tintinnare la sciabola che portano al fianco e non abbiamo proprio bisogno, con tutti i problemi che affliggono questo paese, che ci si impiccino anche gli stati maggiori. La guerra, diceva Clemenceau, è una cosa troppo seria per farla fare ai generali, ma anche le tasse, lo sappiamo tutti, hanno una loro tragicomica serietà.

    10.06.’07