Strani documenti

La caccia | Trasmessa il: 04/22/2001



Vi dirò, a rischio di passare, una volta di più, per il solito rompiscatole, che non sono stato particolarmente entusiasta nel ricevere, al posto del tradizionale certificato, una “tessera elettorale” valida per partecipare nientemeno che a diciotto votazioni.  E non tanto perché la prospettiva di dover affrontare diciotto campagne elettorali nei non moltissimi anni che presumibilmente mi restano, mi sembra quanto di più deprimente si possa immaginare: quello certo è un problema, ma è un problema mio e non escludo che l’idea possa colmare di genuino entusiasmo un elettore più giovane ed entusiasta.   È la natura stessa di quel documento che mi sembra dar adito a qualche ragionevole perplessità.  Capirete, una tessera “strettamente personale” a “carattere permanente” non è una cosa da poco.  Di istituzioni a carattere permanente, in Italia, a parte l’ergastolo, non ce ne sono poi molte: non sono permanenti, se non mi sbaglio, nemmeno i documenti di identità.  Questa, poi, è una carta che il titolare, come gli si intima nella lettera di accompagnamento, è tenuto a conservare con cura; che in caso di variazione dei dati va scrupolosamente aggiornata, sempre a cura del titolare, mediante l’applicazione di appositi tagliandi autoadesivi; che in caso di furto o smarrimento (succede) comporta una denuncia presso i competenti uffici di pubblica sicurezza e che va debitamente consegnata alle autorità municipali in caso di trasferimento in un altro Comune.  Si tratta, insomma, di un documento che impone a chi lo detiene un certo numero di obblighi e impegni, pena la rinuncia all’esercizio del diritto di voto, il che porta la normativa elettorale italiana, se non proprio al livello degli Stati Uniti e degli altri paesi in cui per votare bisogna darsi la pena di registrarsi presso un apposito ufficio, certo in quella direzione.  E, come succede in quei paesi, la cosa contribuirà, senza dubbio, a ridurre in qualche misura il numero dei votanti, a onta e scorno delle deprecazioni che si levano a ogni chiamata alle urne sul pericolo dell’astensionismo.  E anche chi a quel pericolo personalmente non crede, anche il più accanito degli astensionisti non trarrà certo una gran soddisfazione dall’idea di un concittadino che se non va a votare non lo fa per scelta consapevole, perché razionalmente convinto che si tratti di una pratica da cui, per un motivo o per l’altro, è opportuno astenersi, ma perché proprio non ricorda in che cassetto è finita la maledetta tessera e non ha voglia, tempo o disposizione di andare in Questura per la denuncia di smarrimento e in Comune per chiedere il duplicato.
        Corre voce che l’introduzione del nuovo sistema sia dovuta a motivi prettamente economici.  Allo Stato costa meno mandare una tantum a ogni cittadino maggiorenne la sua brava tessera, raccomandandogli di conservarla con cura, piuttosto che far stampare e recapitare altrettanti certificati a ogni turno elettorale o referendario.  Sarà vero, naturalmente: con questi chiari di luna ogni soldo risparmiato è un soldo guadagnato e, come insegna il pio Formigoni, la necessità di risparmiare qualche miliardo giustifica le richieste più stravaganti.  Ma resta vero, se si bada alla sostanza dei fatti, che ci sono cose su cui non è proprio il caso di risparmiare e che un’innovazione che rende più difficile al cittadino l’esercizio di un diritto fondamentale non può essere fatta passare per una semplice misura di razionalizzazione contabile.  E poi, non datemi del paranoico, ma a me l’idea di un documento dalla consultazione del quale risulti chiaramente quante e quali volte ho votato nelle ultime diciotto consultazioni, non so che dirvi, ma proprio non va.  Io voglio poter votare o non votare a seconda delle mie valutazioni contingenti e non desidero che queste mie scelte siano attestate su una tessera che mi può essere richiesto di esibire.  So che quei dati erano recuperabili dai registri elettorali anche con il vecchio sistema, ma c’è una bella differenza, nonostante tutto, tra un’annotazione su un atto riservato e quella che risulta da un documento di immediata lettura.  So che per molti a non fidarsi del governo, di questi tempi, si fa peccato, ma permetterete che di fronte a un provvedimento che significa, in sostanza, una diminuzione dei diritti e un aumento del controllo io dichiari pubblicamente che proprio non mi fido.

C. Oliva, 22.04.’01