Uno sporco mestiere

La caccia | Trasmessa il: 10/22/2006


    Non sono sicurissimo, in tutta franchezza, che il centrosinistra trarrà grandi vantaggi politici dalla campagna contro l’evasione fiscale. Non perché l’iniziativa sia sbagliata in sé, figuriamoci, visto che il principio per cui le tasse vanno pagate da tutti quanti vi sono tenuti e che solo a questa condizione è possibile riformare il sistema in termini di giustizia ed equità è ovviamente ineccepibile. Né, d’altra parte, il governo poteva fare molto altro, stretto com’è tra la necessità di reperire le risorse con cui ovviare agli allegri sperperi dei suoi predecessori e quella di non mazzolare più che tanto quei disgraziati che gli hanno concesso l’esilissima maggioranza su cui si regge. La causa degli evasori non la può sostenere nessuno (fu solo Berlusconi, spudorato come sempre, che un paio di anni fa, in visita alla Guardia di Finanza, ebbe il coraggio di sostenere che al di sopra di un certo livello di imposizione quella di frodare il fisco è una scelta eticamente giustificata, ma il giorno dopo, more solito, gli fecero dire che era stato frainteso) ed è sempre buona norma scegliersi un avversario che, in linea di principio, è già dalla parte del torto. Esauritasi la minaccia del terrorismo, rivelatasi troppo dura da rodere quella della malavita organizzata, passati rapidamente di moda i pedofili, irrimediabilmente monopolizzato dalla opposizione il tema della immigrazione clandestina, al governo non restano, da additare al pubblico ludibrio, altro che gli evasori fiscali.

    Tuttavia, il fatto che un’argomentazione sia ineccepibile (e per di più necessaria) non la rende di necessità efficace sul piano retorico. L’idea di pagare meno perché pagano tutti può attrarre chi, per motivi di forza maggiore, rosicchiare qualcosa al fisco proprio non può, i soliti lavoratori dipendenti e pensionati che già si possono considerare, in maggioranza, schierati con il centrosinistra, ma eserciterà un’attrattiva assai scarsa su chi a ridursi le uscite fiscali provvede già per conto suo. E poi larga parte dell’evasione, quella da lavoro nero e da prestazioni non fatturate, è ben vista, in un certo senso, anche del normale contribuente tassato alla fonte, che non ha nessun particolare interesse a pretendere regolare fattura da artigiani e professionisti vari e preferisce comunque che non gli sia addebitata l’IVA sulle prestazioni che da costoro gli sono prestate. E poi chi si fida? I rapporti della politica con le lobbies economiche e professionali sono tali che l’idea che i loro protetti siano adeguatamente tartassati non è tra quelle su cui ciascuno sia davvero pronto a giurare. Insomma, sbaglierò, ma a me sembra che nella percezione corrente l’ipotesi del “pagare tutti” resti, checché se ne dica, poco credibile e che quella del “pagare meno”, si realizzi o non si realizzi la prima condizione, appaia francamente irrealistica. Diciamo che il progetto in sé è lodevole, ma lo slogan è troppo “corretto” per scaldare davvero i cuori. In un governo che si ponesse, per dire, l’obiettivo di spremere all’osso i ricchi sfruttatori, i parassiti sociali, gli ostentatori dei consumi di lusso (che ce ne sono davvero tanti) quelle che una volta si chiamavano le masse popolari potrebbero, forse, investire un po’ di fiducia, permettendogli di non badare più che tanto ai ricatti delle agenzie di rating : ma se l’unico nemico che si propone al popolo e alla comunità finanziaria è rappresentato dall’entità, disdicevole ma impersonale e tutta da definire in termini antropologici, dell’evasione fiscale, il consenso, se mai ci sarà, sarà certamente più tiepido.

    Perché, è inutile nasconderselo, l’impegno di far pagare le tasse ai nostri concittadini ricorda un po’ quello degli sceriffi del vecchio West, quelli che si dichiaravano votati a uno sporco mestiere, che pure qualcuno doveva fare. La similitudine non deve essere sfuggita a qualche esponente governativo più romantico degli altri: il viceministro Visco, per esempio, vi adegua volentieri la propria immagine pubblica e non si preoccupa, quindi, di fare personalmente da parafulmine ai mugugni e alle acrimonie che la sua politica finisce inevitabilmente per suscitare. La cosa, confesso, me lo rende piuttosto simpatico, soprattutto se si paragona un tale atteggiamento all’insopportabile piacenteria che affligge quasi tutti i suoi colleghi di ministero. Ma il bello degli sceriffi del West, naturalmente, è che a missione compiuta si affrettano a gettare la stella nella polvere, volgono le spalle all’ingrata cittadinanza e si avviano mesti a cavallo verso il tramonto. Nulla fa pensare che gli attuali detentori della carica abbiano una intenzione del genere.

C. O.