Smemoratezza

La caccia | Trasmessa il: 01/30/2005



Il comunismo è morto, ma il suo fantasma continua ad aggirarsi per l’Europa, come a voler confermare, centocinquantasette anni dopo, la straordinaria intuizione dei suoi primi teorici.  E a evocarne la presenza incombente non sono, di solito, i dannati della terra, i poveri, gli oppressi e i perseguitati, che in quegli ideali potrebbero ancora trovare, come tante generazioni di sfruttati prima di loro, una speranza di riscatto personale o sociale.  Ne parlano molto di più i loro antagonisti, gli sfruttatori (che, come ammoniva Brecht, il comunismo non possono intendere) o comunque quanti nello stato di cose presente si trovano affatto a proprio agio.  Dalla frequenza e dall’ansiosa preoccupazione con cui costoro si ostinano a evocare il nemico vinto, non si direbbe, in realtà, che siano così certi della propria vittoria.
        Silvio Berlusconi, che, quanto a minacciose evocazioni del comunismo, non è secondo a nessuno, ha scelto, per abbandonarsi una volta di più a questa personale ossessione, la meno opportuna delle circostanze.   andato ad Auschwitz per la giornata della memoria e invece di approfittare dell’occasione per riflettere sulle corresponsabilità del suo paese nella tragedia che quel nome rinchiude, come hanno fatto, ciascuno per la sua parte, il cancelliere Schroeder e il presidente Chirac, si è soffermato, sembra incredibile, sulle colpe di Pol Pot.  Il quale Pol Pot è senza dubbio un tristo figuro, ma è ovvio che con Auschwitz non c’entra in nulla ed è stato tirato in ballo solo perché Silvio aveva appena affermato che alle nuove generazioni tocca “il dovere della memoria, perché non si possano mai più ripetere situazioni come quelle che si sono verificate sia con il nazismo sia con il comunismo” e gli serviva un esempio di comunista abbastanza efferato da citare in quel contesto, per cui, senza pensarci troppo, ha scelto lui.  Che è una scelta, ne consentirete, ben singolare, perché il dittatore cambogiano ha perpetrato i suoi crimini in pieno accordo con i paesi occidentali, Stati Uniti in testa e Italia al seguito, che ne riconoscevano e appoggiavano il regime in odio a quello filovietnamita vicino alla Unione Sovietica, a dimostrazione del fatto che di fronte agli interessi della Realpolitik non c’è atrocità che conta e che delle prediche che vengono da certi pulpiti è sempre bene diffidare.
        L’equiparazione tra nazismo e comunismo, naturalmente, è il tipico luogo comune di un certo pensiero pseudoliberale e si giustifica, di solito, con il fatto che anche il regime sovietico fu responsabile di spaventosi eccidi di massa.  Non tutti concordano, gli storici – in particolare – sono abbastanza divisi, ma visto che, per paragonare tra loro due sistemi tanto complessi, ciascuno prende in considerazione solo gli aspetti che fanno comodo a lui, è difficile che accordo possa esserci.  Un giudizio simile a quello di Berlusconi, così, si ritrovava anche nel messaggio che ad Auschwitz ha fatto pervenire il papa ed è largamente condiviso da molti polacchi.  Lo avrà fatto proprio, forse, qualcun altro dei cinquanta capi di stato e di governo convenuti per l’occasione.  Ma la grande maggioranza se ne è decisamente astenuta e si capisce: la logica di fondo della commemorazione, il motivo spesso per cui si è voluta e si è proclamata una “giornata della memoria” sta nella considerazione dell’unicità storica della Shoah, del carattere assolutamente eccezionale di quell’evento, del suo non potersi ridurre ad alcuna altra esperienza che l’uomo, nel corso di una storia in cui non sono certo mancate le tragedie, ha vissuto.  Se ne può dissentire, naturalmente, ma l’ipotesi è questa e qualsiasi comparazione, più o meno fondata o giustificata, non può che suonare, da questo punto di vista, altro che riduttiva.  L’accenno alle responsabilità parallele del comunismo, comunque lo si voglia giudicare, era, in quella occasione, altrettanto inopportuno di quanto sarebbe stata un’allusione alla tragedia palestinese.
        Che Berlusconi non abbia un gran senso dell’opportunità, non è un mistero.  Ma anche a uno come lui avrebbe potuto venire in mente un altro motivo, forse più banale, per tener a freno le sue pulsioni.  Nessuno è autorizzato a dimenticare che il campo di Auschwitz Birkenau fu liberato, il 25 gennaio 1945, dalle truppe sovietiche.  E qualsiasi opinione si possa nutrire su quelle truppe e sul regime che le esprimeva, è poco ma sicuro che senza il sacrificio dei soldati e dei popoli dell’Unione Sovietica il nazismo, in Europa, sarebbe durato ancora un bel po’.  Il che può aprire una serie di riflessioni abbastanza difficili, su cui è troppo sperare che si cimenti uno che si accontenta, sempre e comunque, di effetti plateali e paralleli grossolani.  Ma anche di Berlusconi sarebbe lecito sperare che, nella giornata della memoria, non dimostri una così clamorosa smemoratezza.

30.01.’05