A proposito di previsioni del futuro:
non so se avete notato anche voi che il tesserino predisposto dal Ministero
della Sanità per consentirci di esprimere “la dichiarazione di volontà
sulla donazione degli organi ai sensi della legge 1° aprile 1999, n. 91”,
giunto nelle nostre case insieme al certificato elettorale per il referendum
(un documento, quest’ultimo, del quale ciascuno di voi farà oggi l’uso
che crede) è accompagnato da una succinta presentazione a firma, com’è
e come non è, di un ex ministro. Evidentemente la povera Rosy Bindi, quando
ha steso quelle poche righe, non supponeva di dover uscire di carica prima
ancora che esse fossero recapitate ai destinatari. Ed è un peccato,
perché quella di portare nelle case di tutti gli elettori la firma pseudochirografata
della Ministra della Sanità era, evidentemente, una delle finalità principali
dell’invio di quell’oggetto. Ad altro, quel cartoncino, non mi
sembra possa servire. Si presenta come una tessera ufficiale, paragonabile,
per aspetto e formato, a quelle del codice fiscale e del bankomat, ma è
lasciata alla libera compilazione di ognuno, né ne è prevista la registrazione
in qualsiasi sede pubblica e/o sanitaria, sì che la firma che vi siamo
invitati ad apporre non avrà valore maggiore di quella tracciata su qualsiasi
altro pezzo di carta. Personalmente ritengo che sia utile e opportuno
che ciascuno esprima il proprio punto di vista a proposito dell’utilizzazione
dei propri miseri resti, se non altro per risparmiare imbarazzi superflui
ai superstiti, ma non vedo perché non lo si possa fare su un semplice foglio.
L’idea del tesserino da donatore (o da non donatore), da conservare
nel portafoglio o in borsetta tra i propri documenti (e da perdere, inevitabilmente,
insieme a quelli) mi sembra, ve lo confesso, bizzarra. Avrebbe senso,
forse, se si trattasse di un documento vero, rilasciato da un ente abilitato
a farlo previ gli opportuni accertamenti e registrato in una banca dati
adeguata: non lascerebbe dubbi sull’effettiva volontà degli interessati
e permetterebbe di accertarla rapidamente e senza problemi. Ma qualcuno
deve aver pensato che l’ipotesi di burocratizzare anche le disposizioni
sull’uso post mortem del proprio corpo fosse, per così dire, eccessiva.
D’altra parte, affidarsi alla libera iniziativa dei singoli, che,
in genere, a questi argomenti preferiscono pensare il meno possibile, non
avrebbe portato molto lontano. Ecco così che qualche cervello pensoso
ha avuto l’idea di proporci una libera dichiarazione che simulasse, in
un certo senso, un documento ufficiale. Sarebbe costato qualche
lira senza servire, forse, a un gran che, ma, se non altro, avrebbe testimoniato
del genio italiano per il compromesso. E l’invio di quel tesserino,
naturalmente, avrebbe certificato lo zelo con cui la Ministra perseguiva
il bene comune. Non saprei dirvi se sia colpa del proporzionale
o del maggioritario, ma il fatto che quella brava donna non sia più in
condizione di trarne i vantaggi che aveva presumibilmente messo nel conto,
mi sembra una delle ingiustizie più gravi del nostro sistema politico.
* * *
Per finire, sempre in tema di referendum
e argomenti connessi, permettetemi una precisazione. Il direttore
di Radio Popolare mi fa notare, con la cortesia di un vecchio amico, che
la settimana scorsa, affermando che a parlarvi del referendum ero impedito
dall’iniqua legge sulla par condicio e dal fatto che “la direzione”
della nostra radio avesse deciso di adeguarvicisi, ho commesso un’imprecisione.
Quella decisione non è stata presa da lui, ma dal Consiglio di Amministrazione
della nostra società. Non ho, ovviamente, difficoltà a dargliene
atto e mi spiace dell’equivoco, tanto più che di quel Consiglio di Amministrazione
faccio parte, pur indegnamente, anch’io e, a quanto pare, alla seduta
in cui è stata presa quell’importante decisione non c’ero. Succede.
La prossima volta, ve l’assicuro, studierò l’ordine del giorno
con qualche diffidenza in più.
21.05.’00