Sceneggiate parlamentari

La caccia | Trasmessa il: 01/25/2009


    Non si è ancora conclusa, mi dicono, la tragicommedia parlamentare della Commissione di vigilanza RAI. Sembra infatti che il mitico senatore Villari – alla cui inossidabile caparbietà va la nostra ammirazione più sincera – abbia deciso di ricorrere alla Consulta, al TAR, o a entrambi, contro il provvedimento con cui i presidenti dei due rami del Parlamento, facendo tesoro di una tecnica elaborata da Alessandro Magno in località Gordio, non potendo eliminare lui dalla presidenza della Commissione hanno eliminato la Commissione e morta lì. Tanto di cappello, dunque, anche perché, da un certo punto di vista, il mitico potrebbe persino avere ragione. È ovvio, infatti, che se fosse sancito il principio per cui una elezione legittima può venire cassata perché sgradita alle segreterie dei partiti, del carattere parlamentare del nostro ordinamento non resterebbe un granché. Questo – suppongo – è il pretesto dell'intervento di quel vecchio opportunista di Pannella (opportunista nel senso che non perde una singola opportunità di far parlare di sé), che ha messo in campo quanto resta del suo già glorioso partito. Ma l'argomento è svilito in partenza dal fatto che la stessa nomina di Villari era stata voluta dalla segreteria del PDL (spinta, se ricordate, dal desiderio di fare un dispetto a quella del PD), per cui la sua elezione, fosse o non fosse conforme alla prassi parlamentare, andava considerata un evento puramente formale e il fatto che l'interessato si sia poi messo a giocare su quella formalità per difendere il pezzettino di potere che si era ritrovato in mano non sembra poi una gran battaglia civile. D'altronde, tutti i membri del Parlamento, radicali compresi, sono al loro posto per nomina dei rispettivi capipartito, visto che ai cittadini, con l'abolizione del voto di preferenza, è stata tolta ogni possibilità di esprimersi in merito, e il fatto che pretendano di starci in rappresentanza del popolo sovrano va considerato, in buona sostanza, una finzione, non molto diversa da quella per cui Villari sosteneva di essere presidente della Sorveglianza per effetto di un libero voto delle due camere. In un sistema così rigidamente controllato dal vertice, quello della finzione è l'ultimo strumento lasciato a chi, tra i politici, voglia ancora coltivare o diffondere qualche illusione sul proprio ruolo. Difficilmente Villari manterrà la minaccia di rivolgersi alla Corte Costituzionale, ma se lo facesse metterebbe quell'alto consesso nel più grave degli imbarazzi, visto che se desse ragione a lui toglierebbe al parlamento ogni possibilità di funzionare secondo le procedure sue proprie e se gli desse torto sancirebbe ciò che una corte non può assolutamente sancire, ovvero il carattere appunto fittizio di quelle procedure.
    In altre parole, sarebbe ora di rendersi conto che il parlamentarismo come sistema è morto da un pezzo e le sceneggiate di questo tipo ne rappresentano soltanto le convulsioni post mortem. Di qui a qualche giorno, tacitate in un modo o nell'altro le pretese dell'ex presidente, una nuova Commissione sancirà, come auspicato in piena concordia da governo e opposizione, il nuovo assetto della RAI. Berlusconi sarà contento perché si vedrà finalmente garantito il controllo della televisione pubblica, a Veltroni, che di suo si accontenta di poco, toccherà qualcosa a titolo di contentino e Villari e Pannella – vedrete – riusciranno a cadere in piedi. Gli unici che non avremo nulla di cui compiacerci resteremo, come al solito, noi, ma non si può accontentare tutti, vero?

    25.01.'09