Scatole chiuse

La caccia | Trasmessa il: 02/25/2001



Nessuno di voi si sarà particolarmente stupito, suppongo, dell’iniziativa del cardinale Sodano, che ha incontrato per un giro di consultazioni – ma forse sarebbe più esatto dire che ha convocato a rapporto – i principali leader politici del nostro paese, compresi i due candidati alla massima carica dell’esecutivo.  La chiesa di cui Sua Eminenza è tanto autorevole membro ha sempre considerato un espresso dovere quello di intromettersi nelle faccende mondane, ritenendo evidentemente che l’affermazione del suo fondatore sul non essere il Suo regno cosa di questa terra andasse considerata poco più di una battuta di spirito, le cui applicazioni, peraltro, ha provveduto a condannare con il Sillabo del beato Pio IX.  In effetti, di trattative del tipo di quelle che Sodano ha evidentemente avviato con Berlusconi (e – non si sa mai – con Rutelli) se ne sono sempre svolte dai tempi di Costantino in poi.  Forse  una volta venivano condotte con una qualche maggiore riservatezza, ma il mondo cambia, la chiesa stessa si spettacolarizza e i suoi dirigenti, che sono fatti, nonostante tutto, di carne e di ossa come noi, non sanno resistere alla tentazione di vedere illustrate le proprie azioni dai media.  Con un po’ di ottimismo, potremmo persino trovare in questa insolita pubblicità il segno, in sé positivo, di una trasparenza maggiore, anche se i pessimisti la considereranno, più verosimilmente, un’ostentazione di arroganza.   Ma la trasparenza, si sa, è una cosa che ci si può permettere solo quando si è abbastanza sicuri di sé per farlo, per cui le due interpretazioni non sono, alla fin fine, troppo dissimili.
        Per quanto mi riguarda, a lasciarmi vagamente perplesso è stata solo una frase che il Segretario di Stato vaticano si è lasciato sfuggire conversando con i giornalisti, che l’hanno variamente riferita nei loro servizi di martedì scorso.  Oltre a dire che alla chiesa interessa conoscere i programmi delle singole forze politiche, che per certi problemi, tipo la difesa della vita e l’educazione dei giovani, essa ha un interesse particolare  e che “il papa, che è vescovo di Roma, ha particolarmente a cuore la situazione italiana e desidera conoscerla sempre meglio”, tutte affermazioni in sé ragionevoli, su cui è difficile trovare alcunché da eccepire, il cardinale ha sentito il bisogno di fare una strana precisazione.  Ha spiegato di essere piemontese (è nato, infatti, a Isola d’Asti) e di essere, quindi, “molto positivista” in faccende del genere.  “A scatola chiusa – ha aggiunto – nessuno accetta più regali.  Non può esserci nessuna meraviglia per questo interesse.”
        Be’, per l’interesse forse no, ma per l’espressione sicuramente sì.  Nessuno accetta più regali a scatola chiusa?  E quando mai?  Da che mondo è mondo, è proprio a scatola chiusa che i regali si fanno e si accettano.  Non soltanto perché chi dona cerca di valorizzare il proprio omaggio con una confezione adeguata e perché il piacere di scartare il pacchetto e di aprire la scatola fa parte integrale delle aspettative di chi il dono riceve, ma perché soltanto a scatola chiusa si esaltano le caratteristiche di qualsiasi regalo.  Il dono è, per sua definizione, qualcosa di gratuito, qualcosa che ti viene offerto per pura benevolenza, a prescindere (almeno in teoria) dal suo valore materiale, perché, si sa, quello che conta è il pensiero ed è proprio a occultare quell’elemento indiscreto, come ben sa qualsiasi confezionatore di pacchetti natalizi, che, in genere, serve la scatola.  Pretendere che i doni ti siano proposti, per così dire, a scatola aperta, significa riservarsi il diritto di valutarli prima ancora che ti vengano offerti, di decidere, in base a un  tuo criterio qualsiasi, se accettarli o meno, di sovrapporre, cioè, le tue prerogative ideologiche e sociali a quelle del donatore, rifiutando da subito quel piano di parità che il dono implicitamente comporta, almeno quando è un vero dono, nel senso che esprime un’autentica manifestazione di affetto.   L’affetto, si sa, può esistere soltanto tra uguali.
        Il cardinale Sodano, evidentemente, ha commesso un errore.  A scatola chiusa, secondo l’ombrosa saggezza dei suoi conterranei, non bisogna comprare mai niente.  Si sa: il mondo è pieno di peccatori, di uomini malvagi desiderosi di trarre vantaggio dalla fiducia altrui, ma tu, che sai che la fiducia non si identifica con la dabbenaggine, controllerai sempre ogni offerta che ti venga proposta.  Ti accerterai che il peso sia proprio quello dichiarato, che lo strato superiore di uva matura non celi una cesta di grappoli vizzi, che il vitello non soffra delle principali malattie dei bovini, che il terreno non sia soggetto a ipoteche o minacciato da fenomeni di erosione.  Se a vendere sarai tu, a tua volta, controllerai che le monete del compratore siano effettivamente d’oro zecchino, e non di metallo vile malamente dorato, anche se questo comportasse la necessità di mettere a repentaglio la chiostra dei denti mordendole a una a una.  E questo non significa, dio scampi, dubitare della buona fede della controparte, che, d’altronde, si comporterà nei tuoi riguardi nello stesso identico modo.   Significa solo adottare delle precauzioni tanto ragionevoli da essere entrate nell’uso universale.
        Questa morale da bottega, questo atteggiamento da sensale di bestiame e granaglie esprime senza dubbio una certa ragionevolezza, ma non sarebbe corretto, forse, erigerla a norma universale.  In fondo si applica solo ai rapporti mercantili, alla sfera dello scambio interessato .   Non dovrebbe avere nulla a che fare con la dimensione del dono.  Ma che volete, c’è della gente che alla dimensione del dono, alla categoria del gratuito, non riesce, con tutta la buona volontà, ad avvezzarsi.  La chiesa del cardinale Sodano, per esempio, crede nella Grazia come manifestazione divina (e in quella parola, senza essere dei glottologi esperti, tutti riconosciamo la parentela con il “gratuito”), ma le sue gerarchie, fatte le debite eccezioni, nella gratuità non hanno mai avuto una particolare fiducia.   Fino a pochi secoli fa, in effetti, vendevano in contanti persino la liberazione delle anime del Purgatorio e al connesso mercato delle indulgenze non hanno rinunciato del tutto neanche oggi.  Quanto ai rapporti con i grandi della terra, quella del mercato è sempre stata la regola.  E al mercato, appunto, non si compra a scatola chiusa: si tasta la merce, la si fiuta, la si soppesa: si cerca, se possibile, di ottenerne un assaggio.  A questo, evidentemente, pensava il cardinale Sodano, che pure deve essersi trovati davanti i più remissivi tra i venditori, tutta gente disposta a concedere gli sconti più favolosi e a offrire le più straordinarie condizioni di pagamento.  Ma non è necessario essere piemontesi, naturalmente, per sapere che da chi ti propone delle condizioni troppo favorevoli è sempre meglio diffidare un poco.
E i regali che c’entrano?  Niente, non c’entrano niente.  Al momento di estrinsecare il suo punto di vista, Sua Eminenza avrà pensato che, in bocca a un principe della Chiesa, un accenno troppo esplicito al vendere e al comprare sarebbe stato un po’ sconveniente, onde il ricorso eufemistico all’espressione che ci ha tanto stupito.   In certi ambienti l’abitudine al do ut des è tanto radicata che si finisce con il manifestarla anche quando sarebbe più opportuno tenerla nascosta.  A noi resta la curiosità di sapere quali garanzie avrà offerto al diffidente prelato il futuro capo del nostro governo, chiunque possa essere.  Ma state sicuri che questo non ce lo diranno mai.

Carlo Oliva, 25.02.’01