Ritratto di famiglia con cravattino

La caccia | Trasmessa il: 12/23/2007


    Ricordate quando era di moda, per fare gli auguri di Natale, mandare in giro, invece del solito biglietto con le pecorelle o i cristalli di neve la fotografia a colori della propria famiglia, o dei figlioletti riuniti sotto l'albero? L'abitudine, credo, veniva da oltre Atlantico e qui da noi ha avuto un breve periodo di popolarità. Adesso gli auguri si fanno ovunque via Internet, ricorrendo spesso a delle animazioni tanto complesse da richiedere la disponibilità di un paio di giga e una mezzora abbondante per scaricarli, e solo pochi conservatori restano affezionati ai fotocolor. Ma qualcuno ce n'è e può capitare di ricevere, in questi giorni, l'immagine patinata dei suoi rampolli.
    Berlusconi, per esempio, all'idea della foto con il gruppo di famiglia sotto l'abete non ha saputo rinunciare. Non ce l'ha inviata per posta, naturalmente, perché sono passati i tempi in cui, da Presidente del Consiglio, poteva diffondere a spese nostre tutto il materiale promozionale che voleva, ma a farcela pervenire è riuscito comunque. La ha sistemata sulla copertina (e nell'interno) di “Style magazine”, una rivista molto patinata e dalla diffusione assai vasta, visto che viene distribuita mensilmente in allegato al “Corriere della sera” al prezzo di 30 centesimi, un esborso abbastanza modesto anche se lo si potesse rifiutare. Il “Corriere” si sa, non fa parte del gruppo editoriale del Cavaliere, ma non deve essergli stato difficile, in questi tempi di sinergie e intrecci proprietari, ottenere il favore di quella pubblicazione.
    Modesto per natura com'è, il Berlusca ha deciso di non comparire di persona nel gruppo e altrettanto ha fatto la sua riservatissima moglie. Anche i figli maggiori, sembra, si sono schermiti. Il compito di rappresentare la famiglia (stavo per dire la ditta) è toccato alle generazioni più giovani, con particolare riguardo all'ultimogenito, Luigi, 19 anni, cui il periodico dedica il servizio che giustifica la copertina. Se ne sta lì, quel bel ragazzo, in quello che credo sia il soggiorno della villa Belvedere a Macherio, seduto su una sontuosa poltroncina impero, davanti a un sontuoso caminetto neoclassico e a un albero di Natale, se possibile, ancora più sontuoso, tenendo amorevolmente in braccio il giovane Alessandro, figlio neonato di sua sorella Barbara, accanto ai suoi due altri nipoti, Gabriele, 5 anni, e Silvio, 3, figli di sua sorella Marina. È chiaro che si tratta di un'immagine elaborata, non di una istantanea – se non altro perché la rivista è uscita ai primi di novembre, il servizio sarà stato preparato prima, e in ottobre, nemmeno oggi, nessuno addobba ancora l'albero – ma quel tanto di artificioso che la cosa comporta, francamente, non guasta. I due bambini, biondi, boccoluti e chiaramente intimiditi, fanno tenerezza e questo Luigi, oltre a essere, come vi dicevo, un bel giovane, ispira simpatia a prima vista. Ce lo raccomandano, oltre alla disinvoltura con cui tiene in braccio il nipotino (non so voi, ma io, alla sua età, se mi avessero messo un neonato tra le braccia, come minimo lo avrei lasciato cadere), anche le risposte che dà, nel servizio, all'intervistatore. Quest'anno ha superato la maturità, si è iscritto alla Bocconi e non deve mancargli il sale in zucca: vede il suo futuro, più che nello show businnes, nel mondo della finanza, non guarda molto la televisione (preferisce il Discovery Channel, qualsiasi cosa sia), non dice “mi consenta”, non racconta barzellette, non fa le corna davanti al fotografo, non attacca i comunisti, anzi, ha tanti amici di sinistra, sia pure non proprio di Rifondazione, e sa trovare una parola buona per tutti. Ci troviamo di fronte, evidentemente, a un Berlusconi punto due, a un modello di seconda generazione, che pur conservando, si spera, le capacità di lavoro e lo spirito d'iniziativa del padre, ne smussa le asperità di carattere e ne attenua la vitalità un po' plebea, optando per una scelta di più evidente eleganza e di maggiore raffinatezza e soavità di modi.
    Sarà per questo, forse, che in quella cartolina di auguri indossa il vestito meno appropriato che per un incontro sotto l'albero si possa immaginare. Gli hanno messo addosso, pensate, un completo nero a due pezzi con sparato bianco e cravattino a farfalla nero che fa subito venire in mente lo smoking. Anzi, che è quasi sicuramente uno smoking, anche se la foto non permette di distinguere esattamente i risvolti di raso che caratterizzano quel capo di vestiario. E anche i due bambini più grandicelli (Alessandro no, lui se la dorme beato avvolto nella sua coperta, come si addice a chi sta viaggiando verso il secondo mese di età) vestono, se non proprio uno smoking, qualcosa che gli assomiglia: giacca e pantaloni scurissimi e cravattino a farfalla anche per loro: una mise cui non devono essere, speriamo, particolarmente avvezzi e che giustifica ad abundantiam la loro aria impacciata.
    Ora, come gli ascoltatori più anziani sicuramente sapranno, anche se non hanno mai avuto l'occasione o il fegato di indossarlo, lo smoking è sempre stato un capo difficile da portare. Era, tra i costumi maschili di tipo formale, quello che meno si legava a un'occasione prestabilita, che non era regolato da precise direttive. Se per le riunioni di tipo davvero solenne si prescriveva il frac e per gli eventi che avevano luogo al mattino o nel primo pomeriggio era di rigore il tight, l'uso dello smoking era lasciato al discernimento dell'utente, che doveva decidere, valutando peso, carattere e solennità dell'occasione, se fosse il caso di ricorrervi o non fosse invece più opportuno limitarsi al normale abito scuro con la cravatta lunga. Tutte sciocchezze, naturalmente, da cui l'evoluzione dei costumi ci ha felicemente liberati, ma ancora nel secolo scorso, come ci insegna la grande narrativa, Proust incluso, queste cose contavano e uno sbaglio, in un senso o nell'altro, poteva essere causa di autentici drammi.
    Quello che è certo, comunque, è che quella mise la si portava (e la si porta, nel caso) esclusivamente di sera e in occasioni di un certo, se non eccelso, impegno: una cena elegante, ma non formale, una serata a teatro, cose così. Chi lo indossa a livello intimo e familiare – tipo farsi fotografare accanto all'albero con i nipotini – non potrebbe che essere considerato un cafone fatto e finito e, ove lo imponga anche ai suoi piccoli congiunti, un torturatore di bambini.
    Ho usato il condizionale perché evidentemente l'ottimo Luigi non è né una cosa né l'altra, essendo venuto a mancare, nell'uso dei nostri tempi promiscui, il codice sociale che avrebbe giustificato simili giudizi. Tuttavia la specificità dello smoking resta e il fatto che lui se lo sia messo un significato deve pur averlo. Suppongo, senza andare troppo lontano, che lo si possa vedere come un emblema di diversità. Il ragazzo è affabile, cortese, disponibile fin che si vuole, ma resta figlio di suo padre e non gli viene concesso di mettersi sullo stesso piano dei suoi interlocutori (sul nostro stesso piano). Lui e i suoi nipotini sono comunque un po' più su e lo dimostrano anche con l'addobbo esteriore. Basta questo per dare a una immagine che, altrimenti, sarebbe stata semplicemente leziosa, un marcato carattere di rivendicazione legittimista. Una volta i sovrani si ammantavano di ermellino e portavano sul cucuzzulo buffe corone: oggi, per segnalare le pretese di regalità basta uno smoking, anche se fuori luogo. È un po' ridicolo, certo, un po' volgare, se volete, ma in un certo modo funziona. Anche così si costruiscono le dinastie.