Ricorrenze aliene

La caccia | Trasmessa il: 02/18/2007



Venerdì 16 febbraio.  Il signore in fila prima di me al banco della panetteria informa la venditrice che l’indomani non avrà bisogno della solita fornitura.  Questo week end in montagna c’è un metro di neve e lui va a sciare.
        La distributrice di pagnotte se ne compiace e gli augura buon divertimento.  Peccato però, osserva.  Così, domenica si perde il carnevale.  E al cliente che osserva che no, questa domenica (oggi, per me che parlo e voi che ascoltate) qui a Milano per quella ricorrenza è ancora presto, spiega che non si riferisce al carnevale ambrosiano, ma a quello cinese.  Sono previste in via Paolo Sarpi luminarie, cortei, attrazioni e quant’altro.
        Figuriamoci, sbotta il tipo con uno scatto inatteso.  Lui dei cinesi non ne può più e gli basta e avanza starci assieme i giorni feriali.  Sono i padroni del quartiere, ormai, hanno occupato tutti i negozi, ostruiscono i marciapiedi con i loro furgoni, in giro non si vedono che loro.  Se lo tengano pure il loro carnevale, che lui se ne va, appunto, in montagna.
        La panettiera è un po’ stupita, ma si affretta ad acconsentire, ovviamente desiderosa di non scontentare un cliente abituale.  Tanto più che il parere di costui è condiviso dalla maggior parte dei cittadini e delle cittadine presenti.   Abitano tutti, come me, qui in zona,  ai margini di quella che, in mancanza di un termine italiano corrente, si può definire la Chinatown locale, e la presenza dei figli del Sol Levante, a quanto pare, gli dà abbastanza fastidio.  E visto che le autorità non si decidono a intervenire –  stasera c’è un’assemblea in via Messina e la Moratti ha promesso di esserci, ma volete scommettere che non si farà vedere (in effetti non si è vista) –  l’atteggiamento generale è quello di chi si sente abbandonato in balia alle altrui vessazioni.
         Io ascolto, reprimendo la tentazione di intervenire (che, dati i rapporti di forza, non servirebbe a niente) e rifletto che questi miei concittadini sono veramente un po’ strani.   Si lamentano perché i commercianti cinesi parcheggiano sui marciapiedi o in doppia fila, come se nelle zone di Milano a popolazione esclusivamente indigena non succedesse nulla del genere, e non si rendono conto che se il nostro quartiere ha conservato un minimo di vitalità, se non si è lasciato assorbire da quella specie di futile deserto metropolitano che caratterizza buona parte della città, lo deve in gran parte agli immigrati orientali, al loro dinamismo, alla loro energia imprenditoriale.  Sono valori, questi, che ai milanesi non dovrebbero essere estranei, almeno a giudicare dalle invettive che abitualmente lanciano contro chi non li condivide, ma non evidentemente quando i loro portatori hanno gli occhi a mandorla.  L’operosità dei cinesi, in realtà, desta altrettanto fastidio dell’asserita estraneità all’etica del lavoro dei nomadi, o del supposto edonismo dei latinoamericani, o della pretesa aggressività ideologica degli islamici, con il risultato che la grande città ospitale di un tempo si è ormai ridotta a una specie di paesotto sotto assedio, che confonde la difesa dell’identità con la paura dell’altro.  Eppure i cinesi non sono esattamente una presenza recente tra di noi, stanno in via Canonica dagli anni ’30 del secolo scorso e la loro presenza dovrebbe essere ormai pacificamente accettata da tutti.  Dovrebbe, ma non lo è, perché evidentemente quella loro energia suscita parecchia inquietudine.  Diciamolo, un po’ fa paura.
        E poi oggi non è carnevale, né a Pechino né in via Paolo Sarpi.  Questa domenica  si festeggia il capodanno lunare, il primo giorno dell’anno del maiale, anzi, dell’anno d’oro del maiale, secondo una combinazione astrologica che si presenta soltanto ogni settecentoventi mesi e che la tradizione confuciana considera particolarmente di buon auspicio.  Non occorre essere un esperto di orientalistica per saperlo, c’è scritto su tutti i giornali, ma evidentemente la cosa non interessa a nessuno, come se della buona fortuna cinese il vero ambrosiano non avesse assolutamente bisogno.  Perché a Milano non siamo razzisti, naturalmente, e abbiamo bisogno del lavoro degli immigrati, figuriamoci, ma a dividere su un piede di parità le vie e i quartieri con loro non siamo proprio disposti e nulla ci interessa meno dei loro costumi e delle loro ricorrenze.  Pazienza e buon anno del maiale a tutti.

18.02.’07