Mi erano sfuggite, la settimana scorsa, le dichiarazioni rilasciate da
Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, a proposito di una
manifestazione che la Lega Nord aveva in progetto di effettuare, e suppongo
avrà effettuato, contro la decisione di rendere possibile, non ho capito
bene se a Milano o a Lodi, la costruzione di una moschea. Sono riportate
su “Repubblica” del 7 ottobre scorso e mi sembra meritino di essere più
diffuse di quanto siano state finora.
Formigoni, in sostanza, ha detto di essere
d’accordo con quanto sostenuto a suo tempo dal cardinale Biffi, quello
per cui bisogna difendere l’identità cristiana dei nostri paesi contro
la montante marea islamica. Lo ha detto, naturalmente, con una certa
qual dose di quella ipocrisia oratoriale che lo caratterizza, inserendo
il discorso in un appello per la difesa di quella libertà religiosa, che,
a suo dire, “l’Occidente e il nostro governo” devono difendere “a tutte
le latitudini”. E se questo interesse per la libertà religiosa da
parte di un noto integralista può sembrare strano, non ci vuole poi molto
per scoprire il trucco. Siccome ci sono dei “Paesi islamici integralisti
nei quali è fatto divieto, pena sanzioni severe, di praticare religioni
diverse” ne consegue, per Formigoni, che è giusto “porre il tema della
reciprocità”. La conclusione sottintesa (ma tutt’altro che difficile
da divinare) è quella per cui, visto che in Arabia Saudita, in Sudan e
in altri paesi musulmani, anche se non in tutti, non è lecito costruire
né frequentare edifici di culto cristiani, non si vede perché permettere
l’edificazione di moschee nella pianura padana.
Il pio Roberto, notoriamente, è ciellino, per
cui è normale che, in tema di libertà religiosa, abbia delle idee, come
dire, discutibili. Non è questo il problema. Il problema è
che certe cose le può dire benissimo il cardinale Biffi, che è vescovo
principe di una chiesa che ha da poco elevato agli altari il papa che ha
condannato in forma solenne l’idea che quella libertà potesse riguardare
anche gli altri. Ma non può dirle, ahimè, il Presidente della Regione
Lombardia. La Regione Lombardia, fino a prova contraria, non è una
teocrazia, ma un istituto democratico, sia pure imperfetto, e le regole
della democrazia, sia pure imperfetta, non comprendono, per quanto possa
sembrare strano, il principio di reciprocità.
Vedete, se i diritti civili fossero, per così
dire, un bonus elargito ai singoli dal governo, il criterio dell’io ti
do qualcosa a te e tu mi dai qualcosa a me potrebbe avere una sua, sia
pur rozza, validità. Ma, per quanto il concetto, per certa gente,
sia difficile da afferrare, la situazione non sta esattamente così. In
democrazia, dei diritti sono titolari tutti gli uomini in quanto tali e
di questa titolarità nessuno (ripeto: nessuno) può essere deprivato. Certi
stati, naturalmente, non se ne curano e certi altri tendono a riservarne
il godimento ai propri cittadini, ma questo, in termini di principi, non
conta affatto. Non per niente la costituzione della nostra repubblica,
di cui nessuno ha sospeso la validità in Lombardia, riconosce e garantisce,
all’articolo 2, “i diritti inviolabili dell’uomo” tout court.
A un certo genere di cattolici (mica a tutti, per fortuna) l’idea sta
un poco sul gozzo, perché questi principi, alla fin fine, sono stati affermati
in polemica e in lotta con la chiesa, ma anche loro, se vogliono partecipare
alla vita politica di uno stato moderno, devono accettarli, sia pure obtorto
collo.
Tutto ciò, probabilmente, al pio Formigoni
non interessa affatto. Lui con certi principi ha scarsa frequentazione,
soprattutto con quello di coerenza. Venera il papa di cui sopra,
quello del Sillabo e della condanna del liberalismo e venera anche Berlusconi,
che del liberalismo, a torto o a ragione, si considera il massimo interprete
contemporaneo. E poi ha quelli della Lega in maggioranza e deve subire
le loro cazzate senza protestare, consolandosi, probabilmente, con la considerazione
che quella di sopportare pazientemente le persone moleste è, dopo tutto,
una delle opere di misericordia corporale. Ma visto che la democrazia
liberale cui, sia pur controvoglia, soggiace, comprende, oltre alla libertà
di fare i dané, anche la libertà di coscienza (in cui è incluso, fino a
prova contraria, il diritto di costruire moschee) anche lui dovrebbe decidersi
a scegliere. O fa il Presidente della Regione, e come tale i principi
del Cardinale Biffi se li può scordare, o si dedica alla difesa dell’identità
religiosa del paese, nel qual caso è pregato di lasciare la Presidenza
a qualcun altro e con cortese urgenza, grazie. Il potere, ahimè,
non è più assoluto: chi lo esercita ha certi doveri, cui è obbligatorio
attenersi. Anche questo – dopo tutto – è un problema di reciprocità
(C.O.)
15.10.’00