Questioni di stile

La caccia | Trasmessa il: 01/15/2012


    Questioni di stile

    Da un certo punto di vista, non si può dire che abbiano torto il sindaco di Cortina e gli altri maggiorenti del noto centro turistico cadorino, che hanno protestato a gran voce contro il recente blitz degli ispettori dell'Agenzia delle Entrate nella loro città e le reazioni che ha suscitato sulla stampa. Hanno detto tutti, in sostanza, che in materia fiscale i controlli ci vogliono, ci mancherebbe, e che nessuno è più convinto di loro della necessità che se ne facciano, ma che c'è modo e modo. Che se qualche imprenditore locale del ramo accoglienza, ristorazione o articoli di lusso si è fatto trovare con le mani nel sacco dell'evasione o dell'omessa emissione di scontrini, non era tuttavia il caso di presentare l'intera comunità ampezzana come una banda di evasori incalliti ed etichettarla tout court come “la Gomorra delle Dolomiti”. Che, in fondo, di ispezioni ne sono state effettuate poche decine e non era giusto, neanche sul piano statistico, estenderne i risultati alle migliaia e migliaia di onesti albergatori, baristi e commercianti che denunciano puntualmente fino all'ultima lira di incasso e se quelli non li ha controllati nessuno non è colpa loro. Che nel modo di comportarsi degli ispettori c'è stata una certa dose di accanimento, che i commenti della stampa sono stati viziati da alquanto sensazionalismo, che la combinazione dei due atteggiamenti rischia di spaventare i visitatori e spingerli verso altri lidi, con grave nocumento dell'economia dell'intero territorio, e comunque fenomeni del genere non sono prerogativa esclusiva di Cortina, ma riguardano un po' tutti i centri turistici di pari livello. Andassero a Portofino, gli ispettori, o a Capri, e avrebbero visto.
    A prescindere dall'ultimo argomento, che avrebbe probabilmente suscitato qualche reazione negativa negli elettori liguri e campani e a cui si sarebbe comunque potuto rispondere con poche semplici considerazioni di natura stagionale, questi punti di vista hanno raccolto non poche adesioni da parte del mondo politico. Contro il rischio di criminalizzare “un'intera città a scopi ideologici, politici e mediatici” ha messo in guardia, tra gli altri, Fabrizio Cicchitto. Daniela Santanché, da parte sua, ha fatto notare come l'iniziativa dell'Agenzia delle Entrate peccasse di demagogia, perché “non è criminalizzando la ricchezza che si combatte l'evasione”. Che “i modi spettacolari e rumorosi usati a Cortina” fossero “da stato di polizia” ha sostenuto l'europarlamentare leghista Mara Bizzotto. Più articolata la denuncia dell'onorevole Osvaldo Napoli, per cui “gli accertamenti condotti con metodi polizieschi sono fatti per colpire random, a caso, e nella rete finiscono spesso, troppo spesso, contribuenti onesti, colpevoli di un errore materiale”. E così via.
    Tutti costoro, dicevamo all'inizio, hanno chi più, chi meno, ragione. Forse parlare di stato di polizia e di criminalizzazione della ricchezza è un po' eccessivo, ma non si può negare che una certa spettacolarizzazione dell'operato degli ispettori ci sia stata e che l'evento abbia goduto di una copertura mediatica superiore alla media. È anche ragionevole supporre che analoghi risultati l'Agenzia li avrebbe ottenuti intervenendo, nella stagione opportuna, in altri centri turistici. L'Italia è molto articolata regione per regione, ma certi comportamenti tendono ad allignarvi con desolante ubiquità.
    Non vi sarà sfuggito, tuttavia, come tutte queste ragioni, prese tanto una per una quanto nel loro complesso, suonino straordinariamente poco convincenti. La maggior parte dei cittadini, pur senza nutrire una particolare simpatia per l'Agenzia delle Entrate o un amore sviscerato per la Guardia di Finanza, tende a credere – a torto o a ragione – che intervenendo a Cortina quelle due strutture abbiano fatto benissimo. Che quell'ameno centro dolomitico è effettivamente un nido di evasori recidivi e che se i controlli fossero stati più estesi avrebbero messo in luce una evasione proporzionatamente ancora più estesa. E che tutte quelle proteste, oltre che un poco ridicole, sono francamente fastidiose.
    Il fatto è che coloro che protestavano cercavano, in sostanza, di spostare l'attenzione dal merito del problema a certi suoi aspetti laterali, facendone – per esempio – una questione di stile (“non è questo il modo”) o di arbitrarietà dell'intervento (“perché proprio a me e non ad altri?”) e questa mossa, pur avendo alle spalle un'antica tradizione retorica, non funziona sempre. Non funziona, per esempio, quando i destinatari della comunicazione hanno dei motivi personali per concentrarsi sul merito. I cittadini italiani, sottoposti in questi giorni a un aumento brutale della pressione fiscale, sono troppo sensibili al tema delle tasse per preoccuparsi delle questioni di stile. Sanno che la lotta all'evasione non è, come la rivoluzione secondo Mao, un pranzo di gala e che l'atteggiamento di chi dice “i controlli sono giusti, ma vanno fatti con delicatezza” è, come minimo, sospetto. Di delicatezza con loro non ne usa nessuno, i soldi glieli prelevano direttamente in busta paga, quando ce l'hanno, e perché mai bisognerebbe riservarne una dose speciale ai gioiellieri delle Dolomiti? Quanto all'efficacia della tesi per cui non è giusto prendersela con me e non con tutti gli altri, è noto da tempo quanto sia scarsa. L'argomento era stato al centro dell'autodifesa di Craxi, nel suo ultimo, memorabile, discorso parlamentare, e sappiamo tutti che fine ha fatto quel poveruomo. Certo, in questi casi c'è il rischio di essere usato come capro espiatorio (come è successo a suo tempo a Craxi e non è escluso che qualcuno abbia pensato di fare con i commercianti cortinesi), ma a un tentativo del genere non rispondi invocando un'assoluzione generale. Rispondi esigendo giustizia e garanzie di pari trattamento per tutti e questo non si può certo fare partendo dalla difesa di chi è stato beccato manifestamente in colpa. Può darsi che nella mossa del governo (perché suppongo che dal governo sia partito l'input per l'Agenzia delle Entrate) ci fosse una certa dose di demagogia, ma di fronte a questo tipo di demagogia, o hai il coraggio di rispondere che evadere le tasse, in certe circostanze, può essere giusto, come soltanto Berlusconi, a suo tempo, ha avuto il coraggio di fare o te ne stai zitto.
    Già, Berlusconi. Avrete notato che nella circostanza è stato, appunto, uno dei pochi a starsene zitto. Ed è questa, francamente, la cosa più preoccupante di tutte.
15.01.'12