Quello che interessava veramente al Saladino

La caccia | Trasmessa il: 10/22/2000



Non so se se la cosa possa interessarvi, ma sono stufo.  Sono stufo, ogni volta che, per un motivo o per l’altro, riesplode la sanguinosa polveriera del Medio Oriente, di leggere sulla stampa italiana le solite insulse polemiche su chi sta con gli arabi e chi con gli ebrei.  Sono stufo di leggere intere pagine, per esempio sul “Corriere della Sera” dell’altro ieri, sulla “tentazione filo-araba della sinistra”, con l’ennesimo intervento in merito dell’onorevole Furio Colombo o di chi per lui.  Sono stufo, in altre parole, della nemmeno troppo implicita accusa di antisemitismo sempre pronta a scattare contro chiunque abbia qualcosa da ridire sulla politica dello Stato di Israele.  Perché il punto, naturalmente, è questo.  Per quel che mi riguarda, io, che non rappresento certo l’intera sinistra, ma che mi ostino a riconoscermi – nonostante tutto – nei suoi valori, non sono mai riuscito a trovare un solo motivo per cui dovrei, in generale, preferire gli arabi agli ebrei, ma potrei elencarvene parecchi per cui non mi sento di approvare la politica di Israele.  La contrapposizione, come la vedo io, non è tra arabi ed ebrei, ma tra palestinesi e israeliani – o, meglio, tra palestinesi e governo di Israele – e da questa posizione, ve l’assicuro, non intendo lasciarmi smuovere da nessuno, nemmeno dal nuovo rampantissimo direttore della nuova “Unità”.  Il fatto che un certo numero di palestinesi abbiano commesso la loro parte di errori e di atrocità, non mi sembra sufficiente a farmi cambiare opinione.  Perché gli stessi giornali che ospitano e organizzano queste polemiche, poi, non possono fare a meno di impiegare espressioni come “territori occupati” e “coloni”, e dove sono in corso occupazioni e colonizzazioni, che volete che vi dica, io sto con gli occupati e i colonizzati.   Il che, permettetemi di insistere, non significa affatto mancare di rispetto alle vittime della Shoah, sulla quale noi europei, e noi italiani più di altri, abbiamo delle responsabilità che non è possibile esorcizzare scaricandole sui palestinesi o su chiunque altro.
        Qualche giorno fa, un lettore del “Manifesto”, intervenendo nel dibattito che anche su quelle pagine ferve sull’argomento, ha avuto l’idea di citare la terza novella della prima giornata del Decamerone .  La conoscerete certamente anche voi: è quella in cui si racconta, per bocca della Filomena, di come il Saladino cerchi di compromettere ideologicamente un suo suddito ebreo, il ricco Melchisedech, proponendogli l’insidiosa domanda su quale tra le tre religioni monoteistiche vada considerata la migliore, e di come Melchisedech, che scemo non era, se la cavi raccontando a sua volta la storia del padre amorevole che, dopo aver promesso a ciascuno dei suoi tre figli l’anello simbolo della primogenitura non sa decidere chi preferire, per cui ne fa fare due copie identiche e lascia ai figli un anello a testa, così che tutti e tre saranno convinti di aver ricevuto quello autentico, ma “chi se l’abbia … ancora ne pende la quistione”, una conclusione che, naturalmente, vale anche per “le tre leggi date alli tre popoli da Dio padre”.  Una bella storia, molto diffusa anche prima che la riprendesse il Boccaccio, e un bell’esempio di come anche allora non mancassero gli spiriti illuminati che facevano professione di tolleranza.   Ma, naturalmente, una storia che non ci interessa in questa sede, perché noi non crediamo che il problema sia quello della superiorità, soggettiva o oggettiva, di una delle parti sull’altra,  ma quello di trovare un modo per farle convivere tutte in pace e democrazia, il che – sospetto – non avrà luogo finché tutti gli interessati non metteranno il loro essere arabi, o essere ebrei, o essere qualsiasi altra cosa, in secondo piano rispetto alla comune umanità.
        A me, vi dirò, più che la storia dei tre anelli è sempre sembrata interessante la novella cornice, quella di Melchisedech e del Saladino.   Perché anche il Saladino è tollerante e non ha niente contro gli ebrei in quanto tali, tanto è vero che, alla fine, fa di Melchisedech un amico “e in grande e onorevole stato appresso sé il mantenne”, ma cerca di fregarlo lo stesso perché ”per alcuno accidente sopravvenutogli” gli bisogna “una buona quantità di denari”, e allora, non volendo passare per un volgare estortore, decide di “fargli una forza di alcuna ragion colorata”, onde la domanda compromettente.  Come a dire che il soldano di Egitto si serve di una motivazione ideologica per giustificare una prevaricazione economica, il che – mi sembra – è quanto regolarmente succede ogni volta che si pone un problema ideologico del genere.  Lo so, non è di moda, è un’affermazione che sa molto di marxismo volgare (o di marxismo tout court, che per certa gente è peggio), ma se non ci decideremo ad ammettere che i nazionalismi, i razzismi, gli integralismi religiosi e tutti gli ismi del genere sono stati inventati per nascondere dei concreti problemi di potere e di quattrini, di quel che succede in Palestina credo proprio che non capiremo mai niente.

22.10.’00