Fa una certa impressione sapere che
il prossimo 27 maggio, subito dopo il turno elettorale amministrativo,
la Camera dei Deputati approverà, senza modifiche né emendamenti, una legge
che, in pratica, nega i diritti civili di base ai lavoratori immigrati
nel nostro paese dal Sud e dall’Est del mondo, quelli che, con caratteristica
ipocrisia burocratica, chiamiamo ormai tutti “extracomunitari”.
Fa ancora più impressione apprendere che se quel vergognosissimo voto sarà
assolutamente “blindato”, come si usa dire, non dipenderà soltanto dall’esorbitante
maggioranza di cui la destra dispone in Parlamento grazie alla legge elettorale,
ma dal fatto che i deputati del centro sinistra, per bocca dell’on. Violante,
si sono rimangiati qualsiasi proposito di ostruzionismo. I loro partiti,
a quanto sembra, non sono particolarmente propensi a impegnarsi, alla vigilia
delle amministrative, per difendere dei valori che, per quanto importanti
siano, temono non facciano presa sull’elettorato. E se questo significa
rincorrere la destra sul suo terreno e svendere, in nome di una strategia
elettorale che si è già rivelata più volte perdente, la propria funzione
democratica, be’, non è certo la prima volta e non sarà, probabilmente,
l’ultima.
Ma
fa molto più impressione leggere in prima pagina che il Presidente della
Repubblica, che, non avendo problemi di rielezione, non è tenuto a preoccuparsi
degli umori dell’elettorato, e, soprattutto, dovrebbe badare, nell’esercizio
delle sue funzioni, più ai valori di fondo in nome dei quali è stato eletto
che alle meschinerie del gioco politico corrente, ha saputo approfittare
di una visita in Marocco per avallare, con l’autorevolezza che gli è propria,
le tentazioni razziste che serpeggiano, diciamo così, tra i partiti. Per
spiegare, nell’ennesima esibizione di un ruolo bipartisan appiattito su
una delle due parti, che la politica delle porte chiuse e dei diritti
negati non è una vergogna nazionale, ma una necessità di cui non si può
prescindere.
Non
c’è posto, ha spiegato Ciampi agli ossequienti notabili marocchini. Anche
se nessuno – Dio scampi – intende escludere “la continuazione dei flussi
migratori”, va ricordato che “l’Italia e l’Europa hanno una limitata
capacità di accoglimento e di offerta di decorose e stabili prospettive
di vita e di lavoro”, se non altro perché “non abbiamo gli spazi e le
risorse naturali dei grandi Paesi oltreoceanici.” È giocoforza,
così, “governare il fenomeno”, anche per “arginare” i sentimenti impauriti
di un’Europa sempre più tentata di chiudersi.
Insomma,
se l’Europa si chiude in se stessa (un’espressione che suppongo rappresentare
un delicato eufemismo per alludere alla ripresa di razzismo in grande stile
testimoniato, oltre che dalla pratica quotidiana, dal voto crescente ai
partiti dei vari Bossi, Fini, Haider, Fortuyn e Le Pen), tutti i torti
non ce li ha. Capirete, siamo “377 milioni di europei contro 161
di Nord Africa e Medio Oriente, i primi destinati a non crescere, mentre
i secondi dovrebbero raddoppiare entro il 2030” ed è quindi fatale “che
i 12 milioni di nordafricani presenti nella UE siano presto seguiti da
molti altri compatrioti”. E, perdincibacco, come si fa? Qualcuno
lo accoglieremo ancora, figuriamoci, con la fame che abbiamo di colf, “badanti”,
operai e raccoglitori di pomidoro, ma più di tanto non si può fare.