Pietà l'è morta

La caccia | Trasmessa il: 05/18/2008


    Non so se qualcuno si è preso il disturbo di notare quanto fosse stridente il contrasto espresso, tra mercoledì e giovedì, dai titoli di prima pagina di quasi tutti i quotidiani. La parte alta sotto la testata, il piano nobile, era dedicata, ovviamente, al dibattito sulla fiducia in Parlamento e ai suoi nuovi toni mielosi: al Berlusconi buono, che chiamava al dialogo, prometteva collaborazione e prendeva amabilmente per i fondelli il Veltroni, che, a sua volta, invece di invitarlo a dire “si può fare” a sua zia, sprofondava nel compiacimento per quel clima che, a suo giudizio, era stato lui stesso a creare. Tenendo conto che questo inedito embrassons nous sfocerà probabilmente in una serie di provvedimenti repressivi in tema di “sicurezza”, nonché in una legge elettorale, su scala nazionale ed europea, che eliminerà ogni ipotesi di ritorno, sia pure simbolico, della sinistra nelle aule di Roma e di Strasburgo, tutti questi salamelecchi facevano piuttosto schifo e veniva quasi voglia di ringraziare Fini che, con la sua gelida risposta a un Di Pietro che gli chiedeva, in quanto presidente dell'assemblea, di farlo parlare, ha spazzato gli equivoci, dimostrando che al vertice delle istituzioni ci sono ormai dei solidi (post?) fascisti – e il “post” mettiamolo pure tra parentesi e con il punto interrogativo – per i quali il diritto di un deputato a parlare dipende da quello che dice.
    Queste cose, però, le sappiamo e il problema, oggi, è forse un altro. Il problema è la metà inferiore della pagina, i piani bassi della cronaca, da cui si evinceva con straordinaria chiarezza che se i nostri politici sono diventati buoni (o almeno fanno finta), bontà e pietà, decisamente, nel paese non allignano. Il problema sono i titoli e i servizi sul pogroom di Ponticelli, il resoconto della bestialità con cui gli abitanti di quelle plaghe degradate, vittime notorie dello sfruttamento e della prevaricazione altrui, si sono slanciati, siano stati spinti o meno dalla camorra, a distruggere, devastare e malmenare, in una esibizione di violenza e di odio per chi stava (e sta) peggio di loro che ha trovato a ogni livello consenso, apprezzamento e comprensione. Una situazione in cui nelle Case del popolo (o presunte tali) si stilano i manifesti che invitano all'espulsione coatta dei diversi, da partiti che pure inalberano aggettivi come “democratico” o, addirittura, “comunista”, non si leva una voce di condanna che sia una e un assessore della municipalità “rossa” – sempre le virgolette, mi raccomando! – di cui Ponticelli fa parte, intervistato dalla nostra radio risponde che quelle intemperanze si spiegano con l'emergenza igienico sanitaria che i campi rom inducono nel quartiere. Una situazione, dunque, in cui la perdita dei punti di riferimento ideali, quella di cui tutti si compiacciono in nome del dialogo e della collaborazione, rappresenta una pura e semplice ricaduta nella barbarie.
    E tutto questo, diciamocelo pure, è ancora poco di fronte al problema rappresentato dai titoli sul delitto di Niscemi, quello dei tre ragazzi di 15, 16 e 17 anni che hanno massacrato una ragazzina di 14 con cui si intrattenevano da tempo in certi giochi sessuali e che, forse, era incinta di uno di loro. Una storia terribile, in cui si accavallano e si rivelano tutti i fallimenti della cultura di questo paese, a partire da quel mix ingestibile di patriarcato, sessuofobia e sessualità globalizzata e mercificata che viene oggi proposto con criminale indifferenza alle nuove generazioni. Ma anche una storia in cui si possono leggere agevolmente, proprio come a Ponticelli, le stimmate del degrado urbano e sociale e la crisi dei punti di riferimento ideali, nonché la tragica propensione a esercitare comunque violenza su chi è più debole e indifeso. Saranno queste considerazioni una forma di moralismo, ma è difficile sfuggire alla impressione che nell'Italia di questo scorcio del XXI secolo la pietà sia effettivamente morta e il fatto che la classe dirigente si mostri tanto incapace di accorgersene e abbia, anzi, il coraggio di indulgere ancora ai balletti consueti non fa che rendere la situazione ancora più insopportabile. Complimenti a tutti.
18.05.'08