Paura in metrò

La caccia | Trasmessa il: 04/25/2004



La notizia, pubblicata da tutti i giornali milanesi mercoledì, secondo cui tra le cause del calo di passeggeri sui mezzi pubblici cittadini, con le ovvie ricadute sui bilanci dell’ATM, c’è, ed è – anzi – prominente, il “rischio terrorismo”, come a dire che i milanesi non andrebbero più in tram o sul metrò per paura di incappare in qualche micidiale attentato islamico, era così palesemente assurda che l’hanno smentita tutti il giorno dopo.  Eppure, la fonte era affatto affidabile: era stato il presidente stesso dell’Azienda Trasporti, Bruno Soresina, a scrivere nero su bianco, nella relazione di accompagnamento al bilancio consuntivo del 2003, che il calo degli utili derivava “anche dal clima generale del Paese in ordine alle minacce terroristiche  che hanno ingenerato sicurezza nell’uso di sistemi di trasporto di massa con conseguente perdita di introiti per ATM di oltre 5.500.000 euro nel primo trimestre.”  E il vicesindaco De Corato, pur esortando, bontà sua, a “non drammatizzare”, aveva rincarato la dose osservando che il risultato “era immaginabile” perché “gli allarmi attentati portano la gente a usare meno i mezzi pubblici”, per cui era chiaro che “se questo trend dovesse proseguire anche per il bilancio 2004 dovremmo pensare dal punto di vista economico e finanziario a come far fronte alle difficoltà.”  
         La notizia, vi dicevo, era così assurda che ha fatto incazzare persino il prefetto, che ha definito l’analisi “scorretta e comunque dannosa” e scusate se è poco.  Per cui, il giorno dopo dall’ATM hanno fatto sapere che, secondo i conti del 15 aprile, il calo è di soli 4 milioni e comunque “la percezione di insicurezza” esiste, sì, ma “è la stessa di tutte le grandi città e non solo italiane” e i mezzi, va da sé, sono “ogni giorno più sicuri del giorno prima”.  E dire che sarebbe bastato un po’ di buon senso per rendersi conto di come una serie di giornate di sciopero tra dicembre e gennaio, più un’assurda ristrutturazione delle linee di superficie (molte delle quali sono bloccate per lavori da anni) e il fatto che il servizio, in genere, tenda a fare piuttosto schifo per quello che costa, giustificano a iosa una certa disaffezione dei passeggeri.  Un trend positivo, in una situazione del genere, sarebbe, più che sorprendente, incredibile.
        Vabbé.  È naturale che gli amministratori in difficoltà cerchino di giustificarsi come possono e che i vicesindaci, specie quando sono del tipo di De Corato, peschino un poco nel torbido, magari per preparare spiritualmente i cittadini elettori al prossimo aumento delle tariffe.  Ma è interessante – lo ammetterete – che una bufala del genere sia approdata tranquillamente sulle gazzette, guadagnandosi, mica paglia, un titolo a sei colonne in prima pagina del dorso cittadino del “Corriere”, ribadito da un servizio in seconda, completo di foto di poliziotti vigilanti e box con intervista a un conducente che spiega di essere ormai abituato a “convivere con la paura”.   Che, sia pure per un giorno, la stampa cittadina abbia contribuito unanime a diffondere la paura della bomba tra i cittadini costretti a servirsi, più o meno volenti, della rete rattoppata dei nostri mezzi pubblici.
        Notizie di questo genere, diciamolo pure, sono di quelle che si autorealizzano.  Non nel senso che le dichiarazioni dei Soresina e dei De Corato debbano far venire delle cattive idee a chi non ne ha già per conto suo, ma in quello che annunciare a gran voce che la gente ha paura è un modo notorio per diffondere la paura stessa e chissà quanti che prima affrontavano impavidi le scale mobili delle stazioni del metrò, una volta letto il “Corriere” di mercoledì ci penseranno due volte.  Il che, se si considera che mettere paura ai cittadini è appunto una delle strategie del terrorismo, dovrebbe fare pensare.
        In questo, veramente, non c’è nulla di nuovo.  È da mesi, se ci pensate, che molta stampa, “Corriere della Sera” compreso, cerca di farci paura.   Leggendo certi interventi si ha l’impressione che la bomba, la deflagrazione, la strage siano, non tanto previste o temute, quanto attese e – in casi estremi – addirittura invocate.  Che se si lascia che a parlare di pericolo islamico e simili baggianate siano solo le sparute pattuglie degli orfani leghisti, nel concreto la sensazione che dai nostri confratelli di origine mediorientale non ci si possa aspettare niente di buono sia molto più generalmente e pervasivamente diffusa, con tutte le conseguenze del caso sul piano della legislazione, del rispetto dei diritti civili e della gestione dell’ordine pubblico.
        Perché la lotta al terrorismo, naturalmente, è una cosa seria e va affrontata con serietà e sangue freddo.  Ma è appunto di questa serietà e di questo sangue freddo che nel nostro paese si suole fare a meno.   In Italia, ne abbiamo già parlato, la minaccia del terrorismo fa troppo comodo a troppi perché si facciano davvero dei passi concreti per liberarcene (e il primo passo concreto – ovviamente – sarebbe quello di chiamarci fuori dall’occupazione dell’Iraq).  Ma la minaccia del terrorismo è servita, come ci insegnano Bush e i suoi zelatori, a trascinarci in guerra prima e serve adesso, come non si stancano di ripetere inesausti i vari Magdi Allam, a colpire coloro che alla guerra si oppongono.  Che qualcuno pensi di approfittarne e di servirsene per qualche suo più modesto progetto privato – che so, far salire il prezzo dei biglietti del tram – non mi sembra cosa di cui stupirci.  Però, che vergogna.

25.04.’04