Paura alla stazione

La caccia | Trasmessa il: 11/09/2003



Avete letto il servizio che il “dorso” milanese del “Corriere” ha dedicato, domenica scorsa, alla Stazione Centrale?  Sono tre pagine fitte, ricche di articoli, interviste, citazioni di scrittori famosi e quant’altro è utile a dimostrare come il principale scalo ferroviario della nostra città sia, se non proprio la sentina di ogni vizio, almeno un luogo di intollerabile degrado.  Si comincia con un titolo a sei colonne a pagina 45, “’La Centrale come il Bronx, abbiamo paura’” e si finisce tre pagine dopo informando che aumentano i reati, i commercianti sono in fuga e il piano di ristrutturazione è fermo, anche se si auspica, con uno sforzo di positività che “la Centrale deve rinascere “.  È da un po’ che i responsabili delle pagine locali del Corrierone si preoccupano della sicurezza in città e particolarmente di certi suoi luoghi tipici: un servizio del genere era stato dedicato, settimane fa, a piazza del Duomo, e per la stazione, evidentemente, si è deciso di non fare economia.
        Personalmente, sulla Centrale non ho opinioni particolari.  Mi è sempre sembrata uno degli edifici più orrendi che architetto sia riuscito a creare e mi è capitato di pensare, passandoci, che l’unico modo auspicabile di ristrutturarla consisterebbe nel raderla al suolo, ma non sono mai andato oltre queste blande considerazioni estetiche.  Sì, ho notato che la fauna umana che vi ci si incontra è un po’ diversa di quella degli eventi di moda e delle prime alla Scala, ma, siccome né queste né quelli sono tra le mie frequentazioni preferite, non me ne sono mai preoccupato più che tanto.  In tutte le grandi città del mondo l’ambiente delle stazioni è, per così dire, un po’ misto e capita che ai viaggiatori in arrivo e in partenza si mescolino i tipi più strani.  Ma in fatto di sicurezza, confesso che mi sono sempre sentito più tranquillo in piazza Duca di Aosta che dalle parti della Pennsylvania Station a New York.
        Devo essere sempre stato molto distratto.  A pagina 46, sotto un altro titolone a effetto (“Spaccio, furti e risse nella giungla della stazione”), una grande tavola in prospettiva illustra minutamente i rischi che corre ogni onesto frequentatore.  Gli agenti del Commissariato Garibaldi e della Polfer si danno abbastanza da fare, visto che nei primi nove mesi del 2003 hanno effettuato 159 arresti per spaccio, sequestrando 36.264 grammi di hashish e marijuana e 4.484 grammi di eroina e cocaina, e hanno effettuato18.430 controlli con 306 arresti complessivi (a fronte di 44 scippi, 154 rapine e 97 aggressioni denunciate), ma ci vuol altro.  Davanti all’hotel Gallia, leggiamo, “i turisti sono truffati dai biscazzieri, che ‘intrattengono’ con il gioco delle tre tavolette”.  All’angolo di Piazza Duca d’Aosta, a due passi dalla pensilina, c’è “spaccio e ritrovo di ‘balordi’”, tossicomani e alcoolisti.  Alle 4,15, appena un poco più in là, “le prostitute nigeriane prendono il primo treno della giornata per Torino”.  In via Napo Torriani, qualche metro a sud, le loro colleghe italiane sono “in cerca di clienti”.  Un po’ più a nord est, nei giardinetti oltre via Vitruvio “decine di albanesi e romeni giocano a dadi con puntate da 20, 50 e 100 euro”.  Poco più oltre, davanti al Mc Donald’s c’è il “punto d’incontro dei romeni” e un “teatro di ricettazione”.  Verso via Ferrante Aporti, si incappa in “scippi e borseggi dovunque: dalla biglietteria al terminal dei bus.”  E più in là, via Sammartini “è la ‘Gay Street’ di Milano” (“al civico 33 c’è il palazzo noto per i trans”), in piazza IV novembre s’incontrano senegalesi e nigeriani, nonché “donne africane che vendono cibo e birre” e “in piazza Luigi di Savoia moldave, ucraine e polacche sono in cerca di un posto di lavoro”.  Che scandalo.
        Un momento, un momento, un momento.  Che male c’è, a pensarci, se in piazza Luigi di Savoia moldave, ucraine e polacche cercano un posto di lavoro?  O se in piazza IV novembre delle africane vendono cibo o birra?  O se dei romeni si incontrano davanti al Mc Donald’s?  O, quanto a questo, se in via Sammartini allignano i locali gay e, al civico numero 33, alloggiano i trans?  Essere gay, trans, romeno, africana, moldava, ucraina, polacca e cercare lavoro non è ancora vietato per legge.
        O forse sì.  Nel senso che è difficile non avere l’impressione che i compilatori della tavola, dopo aver elencato con scrupolo le attività delittuose che hanno luogo abitualmente nei dintorni della stazione, abbiano pensato che il quadro fosse un po’ miserello.  In effetti, l’interazione tra gioco delle tre tavolette, spaccio, ricettazione spicciola, partenza di prostitute (che, anche se la prostituzione fosse un reato, andrebbero comunque a commetterlo altrove), scippi, borseggi e affini non sembra connotare un paradiso del crimine tipo Las Vegas o Chicago anni ’30.  È il solito panorama di piccola delinquenza urbana, quella che spesso si concentra nelle zone di passaggio frequente, come le stazioni, e che da sempre i commissariati locali e gli uffici della polizia ferroviaria tengono sotto controllo.  Ma se le prostitute sono nigeriane e i ricettatori romeni, be’, le cose cambiano, no?  Aggiungiamoci la presenza di donne africane e dei paesi dell’est, ancorché intente ai propri innocentissimi affari.  Il quadro diventa sempre più cupo.  Inseriamoci, per buona misura, i gay in via Sammartini.  Non è nemmeno tanto vicina, via Sammartini, anzi, è decisamente fuori tavola, e il fatto che vi si riuniscano i gay non è più significativo, dal punto di vista dell’ordine pubblico, della presenza di un noto ristorante di pesce, ma chi se ne frega?  Mescoliamo e rileggiamo di fila. Gioco d’azzardo, spaccio, senegalesi, ricettatori, nigeriani, albanesi, prostitute, gay, romeni, africane, moldave, ucraine, polacche…  Cosa vi suggerisce l’elenco?   Vi suggerisce l’impeccabile conclusione razzista per cui è da fuori, dall’Africa e dall’Est Europa, che arrivano i mali che affliggono i bravi milanesi alla Stazione Centrale e altrove.
        Ma questa è soltanto un’illazione nostra.  Non c’è una riga, nel servizio  di domenica scorsa che lo affermi.  Alle pagine milanesi del  “Corriere” non sono razzisti: sono dei veri democratici, loro, degli autentici liberal.  Leggete pure i fondi che pubblicano sul futuro della città, il ruolo della borghesia, le nuove professioni, gli investimenti e le risorse umane (ce n’è uno anche su quel numero, di Gaspare Barbiellini Amedei): tutta roba buona.   Che ci volete fare?  Devo essere io, come al solito, che penso male.

09.11.’03