Cercavo una buona notizia, con la quale
chiudere su una nota non troppo tetra questo ciclo delle nostre conversazioni,
e ho finito col ripiegare, con qualche incertezza, su un ritaglio del “manifesto”
di martedì 25 maggio che da un paio di settimane staziona sulla mia scrivania.
Vi si informa che a Vinci, in provincia di Firenze (suppongo sia
il luogo di nascita del grande Leonardo) è stato inaugurato da poco il
“parco dell’amore”. Il municipio, cioè, ha provveduto ad attrezzare
un’area sterrata, “dove le coppiette” ci si assicura “potranno trovare
un po’ di comoda intimità”. La denominazione non è esattamente
ufficiale, è stata attribuita a furore di popolo, ma sembra che in
comune, per una volta, non abbiano niente da eccepire. “Non avevamo
pensato di chiamarlo in questo modo – scherza il sindaco diessino Giancarlo
Faenzi –, ma ormai il messaggio è passato e a noi va bene.”
Be’,
ammetterete che, come notizia, questa sembra abbastanza buona. Per
chi ricorda con nostalgia gli anni in cui slogan e manifesti esortavano,
non sempre con successo, a fare l’amore e non la guerra, il fatto che,
di questi tempi bellicosi, un’amministrazione comunale si occupi, nonostante
i problemi di bilancio, delle necessità affettive dei concittadini (che
non sempre, per un motivo o per l’altro, possono amoreggiare liberamente
a casa propria) indica un’insolita ampiezza di vedute e un’attenzione
davvero rara ai bisogni della popolazione residente. Un tempo, ricorderete,
l’unica preoccupazione in materia delle autorità era quella di impedire,
dislocando, se del caso, i vigili urbani, ogni indebita utilizzazione del
territorio. Forse, vien fatto da pensare con un poco di invidia –
perché è difficile, qui a Milano, aspettarsi analoghe iniziative dalla
giunta in carica – i tempi stanno veramente cambiando. Basta così
poco, d’altronde, per assicurare un ambiente adeguato a quelle specifiche
necessità… Se è un parco, vuol dire che ci sono già degli alberi:
avranno aggiunto qualche cespuglio, dei roseti, magari, per ricavare i
classici angolini appartati, qualche aiola fiorita, perché l’occhio vuole
la sua parte, morbidi prati e parecchie panchine, di quelle comode, una
o due cascatelle artificiali per garantire un amichevole sottofondo sonoro,
un paio di mangiatoie sospese per attirare gli usignoli e gli altri pennuti
canori cari agli innamorati e che altro serve? Al massimo un discreto
servizio di sorveglianza all’ingresso, per proteggere gli ospiti da possibili
malintenzionati, ma senza turbarne l’intimità.
Le
incertezze di cui vi facevo cenno derivano dal fatto che nulla del genere,
a Vinci, è stato realizzato. Il parco dell’amore consiste – sempre
a dire del sindaco – di “un’area vicina al campo sportivo che già prima,
da anni, era utilizzata dalle coppie per i loro incontri.” Era un’area
degradata che adesso è stata “asfaltata e arredata”. Ne è risultato
un parcheggio di 172 posti auto, “sulla provinciale tra Empoli e Vinci,
accanto allo stadio, a Petroio, in una zona agricola da sempre meta di
amanti che, in mancanza di una casa a disposizione, cercano in periferia,
sull’auto, un momento di intimità, soprattutto la sera”. L’arredo,
sembra, è costituito essenzialmente da “lampioni bassi, cestini per i
profilattici e i fazzoletti e… la notte come alleata.”
Bah.
Già tra un parco e un parcheggio, nonostante l’etimologia comune,
la differenza non è da poco. Se ci aggiungiamo i 172 posti auto asfaltati,
i lampioni e i cestini per i profilattici, non si direbbe che il passaggio
da area agricola a terreno attrezzato sia stato, per gli innamorati della
zona, un gran passo avanti. Fare l’amore in auto è sempre stata
l’ultima ratio per le coppie bisognose (la penultima, al massimo, considerando
i problemi di chi la macchina non ce l’ha) e l’idea di operare su uno
spiazzo asfaltato all’unisono con 342 confratelli non sembra, nonostante
tutto, particolarmente confortante. Da un certo punto di vista, ricorrendo
– se permettete – a un’altra categoria fuori moda, la si potrebbe considerare
la quintessenza dell’alienazione.
D’altra
parte… d’altra parte il bisogno è il bisogno e non sempre chi vi
soggiace può permettersi di essere sofistico nella scelta dei mezzi con
cui soddisfarlo. Non potendo disporre di un parco, ci si può accontentare
– talvolta – di un semplice parcheggio. L’amore, del resto, è
un’attività piuttosto coinvolgente e due amanti finalmente soli vivono
in un universo particolare in cui la presenza di altre 171 macchine alcova
può passare del tutto inavvertita. Volendo, ci si può accontentare.
Ma,
appunto, “volendo”. Vedete, io non so se a Vinci siano previste
le elezioni municipali (in ogni caso, quell’area è fuori dalla nostra
portata, per cui non corriamo il rischio di impicciarci indebitamente in
problemi che non sono nostri), ma, certo, se le elezioni ci fossero, il
tema potrebbe essere al centro di un bel dibattito corposo sui limiti e
le funzioni del riformismo. A chi respingesse la prospettiva del
parcheggio in nome, mettiamo, della dignità e dell’importanza dell’atto
amoroso, potrebbero contrapporsi quanti fanno notare come, in fondo, sia
meglio abbassare le pretese che rinunciare del tutto all’obiettivo.
E a costoro naturalmente si potrebbe obiettare che tanta acquiescenza finisce
col tarpare le ali a chi si pone delle aspirazioni sempre più alte… E
così via: l’eterna contesa tra il “vogliamo tutto” e il “portiamo per
lo meno a casa qualcosa” potrebbe colorarsi, così, di sfumature inedite,
investendo campi di applicazione diversi dai consueti.
Insomma,
la nostra “buona notizia” si è risolta, prima ancora di essere valutata
per tale, in un motivo di dibattito. Non so a voi, ma a me succede
sempre così. E d’altronde, se no, che divertimento ci sarebbe?
06.06.’04